Un’analisi della figura del vaticanista nella stampa italiana, un’attenta descrizione dell’importanza della comunicazione per la Chiesa, un confronto tra i pontificati di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI: tutto questo, e molto di più, è “La Chiesa di Carta”, l’opera scritta a quattro mani per le Edizioni Paoline da Rodolfo Lorenzoni e Ferdinando Tarsitani, che hanno intervistato i più grandi vaticanisti italiani
Come sottolineato nella prefazione del libro da Joaquin Navarro Valls, per anni direttore della Sala Stampa del Vaticano, c’è stato nell’ultimo ventennio un “ritorno della religione sulla scena pubblica”, e di questo va dato merito anche ai giornalisti che seguono il Papa nella sua attività e raccontano alla gente comune le questioni fondamentali della vita della Chiesa. Una Chiesa, come emerge dalle risposte date dai più grandi vaticanisti italiani a Rodolfo Lorenzoni e Ferdinando Tarsitani per la loro opera "La Chiesa di Carta", che sta attraversando un grosso momento di difficoltà, ma che sta al tempo stesso cercando di uscirne con trasparenza e amore verso Cristo e verso il popolo: la strada intrapresa è quella giusta - sottolineano i vaticanisti - e renderà più forte il rapporto tra il Papato e i fedeli.
Ogni capitolo del libro contiene l’intervista ad un grande giornalista italiano, che racconta in che modo è diventato vaticanista per la sua testata ed il contesto in cui si è trovato ad operare: ne vien fuori un panorama della stampa italiana che ha molto rispetto per la Chiesa e che lascia piena libertà ai giornalisti di raccontare le vicende del Papato, anche in ambienti molto laici come la maggior parte dei grandi giornali italiani, da La Repubblica al Messaggero a Panorama. Certo, non sempre il passo dei giornalisti, soprattutto se di un quotidiano, coincide con quello della Sala Stampa della Chiesa, che produce molto in termini di informazione ma con tempi e a volte paludamenti eccessivi… ma anche su questo aspetto c’è stato un grosso miglioramento negli ultimi anni.
Un appunto invece mosso quasi da tutti, e su cui la stampa italiana deve ancora maturare, è la necessità di trattare non solo la fede cattolica, ma anche quella di tante minoranze ormai molto diffuse nel nostro Paese: dai valdesi all’Islam, dall’ebraismo a quella che, sorprendentemente, è la seconda religione nel nostro paese, la confessione cristiano-ortodossa, per la presenza di tanti rumeni e ucraini. Oggi ci si avvicina a queste religioni solo per eventi di cronaca nera o per attentati, mettendo quindi in risalto esclusivamente le frange integraliste di tali comunità. Ci vuole invece grande rispetto e conoscenza di queste realtà anche da parte della carta stampata, e c’è addirittura chi suggerisce di creare nelle redazioni delle figure apposite per le religioni diverse da quella cattolica.
Il Vaticano viene descritto nel libro come un ambiente molto vivace dal punto di vista intellettuale e pieno di figure d’eccellenza. Tutti concordano nel riconoscere che essere diventati vaticanisti è stato un grande passo in avanti per la propria carriera giornalistica e per la propria crescita umana e spirituale (anche per chi, e ce ne sono molti, non è di fede cattolica). Di sicuro il lavoro di vaticanista non si può improvvisare: è necessaria una grande formazione e una grande conoscenza, oltre alla voglia continua di imparare e aggiornarsi.
Interessanti anche le testimonianze delle vaticaniste donne, in crescita rispetto ai numeri dei primi anni: era difficile per i rappresentanti di un’istituzione prettamente maschile come la Chiesa affidare i propri pensieri e le proprie “confidenze” ad una giornalista donna, ma con la nuova generazione di vaticanisti/e anche questo problema è stato ampiamente superato.
Ed infine non può mancare all’interno del libro, come già detto, un continuo confronto tra i due papati di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI: ogni giornalista esprime la sua analisi sui due pontefici e sul loro operato, e racconta piccole situazioni “personali” che servono a descrivere ancora meglio le differenze tra questi due grandi personaggi. Innanzitutto però, tutti sottolineano la continuità tra i due papati, e non poteva essere altrimenti, visto che il cardinale Ratzinger è stato sempre uno dei più grandi collaboratori di papa Wojtyla. Il pontificato del papa polacco è descritto da tutti come il papato dell’immagine, mentre quello di Ratzinger come quello della parola, ma “ci sono parole straordinarie di Giovanni Paolo II e gesti straordinari di Benedetto XVI” (Gianguido Vecchi del Corriere della Sera): si tratta di due uomini molto diversi, che hanno messo i loro carismi a disposizione del loro magistero. Su Giovanni Paolo II e la ricchezza profetica del suo pontificato non serve nemmeno soffermarsi, e i racconti dei vaticanisti non fanno che confermare quanto già sappiamo, mentre è bello scoprire tra le pagine di questo libro una rivalutazione della figura di papa Ratzinger da parte di chi lo segue quotidianamente da vicino e analizza e comprende a fondo il suo operato. Quello attuale è un pontificato sicuramente complesso, anche per l’eredità lasciata dal grande Giovanni Paolo e per il momento storico che vive, con la Chiesa bersagliata da più parti (pensiamo alla scandalo pedofilia), ma Benedetto XVI sta operando al meglio. Nel caso dei preti pedofili per esempio ha intrapreso con chiarezza la via della trasparenza e della ferma condanna, che anche da cardinale aveva promosso, e ha incontrato i familiari delle vittime scusandosi con loro. “Benedetto XVI è un grandissimo papa, un papa che sta consolidando le basi della fede cattolica – dice Aldo Maria Valli del TG1 – è il papa dell’intelletto, un papa che va più letto che guardato. Va letto proprio sulla pagine, ed è a suo modo entusiasmante”.
Tutti concordano sulle maggiori difficoltà di raccontare questo pontificato per la profondità e la ricchezza dei discorsi di Benedetto XVI, ma tutti concordano anche sulla sua positività e sui frutti che porterà, grazie ad una dottrina imperniata sui “sì” e non sui divieti, come forse ci si poteva aspettare da quello che era descritto come il “cardinale gendarme”. E invece in queste pagine scopriamo “una persona a tu per tu amabilissima, mite, veramente dolce”, come racconta Franca Giansoldati del Messaggero, “un Ratzinger caloroso, affabile e pieno di umorismo”, come conferma anche Marco Politi de Il Fatto Quotidiano.
Questo è il bello del cattolicesimo, “essere guidati ogni volta da pontefici che, pur agendo in base alle peculiarità del proprio temperamento, rimangono Pastori della Chiesa”. E la guidano e la traghettano al meglio anche in un mare increspato come quello attuale.
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