del nostro redattore Carlo Mafera
Assistere ad un musical in un teatro parrocchiale (SS Redentore di Roma) è piuttosto inusuale. Si sa bene che questo tipo di spettacolo ha bisogno di un palco molto più grande per poter accogliere il grande apparato di cui il musical è composto. Ma nonostante lo spazio esiguo l’effetto scenografico è stato di altissimo livello spettacolare. Le immagini che scorrevano nel sottofondo davano una meravigliosa prospettiva alla scena e il commento musicale dal vivo, accompagnato dall’ottimo coro della parrocchia, rendeva l’atmosfera ancor più viva e palpitante. Non c’era playback e tutto era recitato e cantato dal vivo, a testimonianza del lavoro faticoso che è stato fatto dall’intera comunità parrocchiale che si è impegnata a realizzare un progetto comune e soprattutto un cammino comunitario per rappresentare un tema che, in questi anni, è particolarmente sentito da tutta la nostra società: il tema della diversità. A tal proposito, abbiamo raccolto alcune considerazioni che il parroco, don Gaetano Saracino, ha gentilmente rilasciato al nostro giornale nella serata del 19 dicembre presso il cineteatro 33 subito dopo la rappresentazione: “Questa è la parrocchia che realizza nella città e nella diocesi di Roma la festa dei popoli – ha esordito don Gaetano - Una festa che è quella di tutte le comunità etniche che vivono nella città di Roma. Noi le coordiniamo e a maggio le mettiamo in piazza San Giovanni a fare quella festa che questo spettacolo ha richiamato.” “Ovviamente – ha continuato don Gaetano Saracino – il testo è stato adattato allo specifico tema della diversità.” Quindi il racconto è stato sviluppato per “mettere al centro le persone che sono di una diversa etnia e la pensano diversamente” …. “Il nostro compito è stato quello di allenare la comunità parrocchiale ad accogliere la diversità e ciò vuol dire prepararla, predisporla a riconoscere la diversità e in particolare a quella per eccellenza di Nostro Signore Gesù Cristo.” Infatti – ha concluso don Gaetano – in un ricco non riconosceremmo la diversità e meno che meno in una persona normale “mica il Padre Eterno può essere normale” e allora “la vera accoglienza sta nella nostra mente... Quindi il nostro spettacolo aveva il compito di portare lo spettatore a questa conclusione: “ognuno di noi è di animo accogliente” e alla fine tutto sta nello scoprire e riscoprire ogni giorno questa potenzialità. Poi c’è da dire che questa attività teatrale - parrocchiale “ha coinvolto 70 persone di cui 25 attori … ha coinvolto l’intera parrocchia per quattro mesi e ha riempito l’intera vita della comunità… ha creato un grande fermento… c’erano delle sere in cui si provava in tutti i posti della parrocchia“
Non ci scordiamo che la parrocchia del SS. Redentore è gestita dagli Scalabriniani, che sono i maestri nell’arte dell’accoglienza e della valorizzazione della diversità e vantano una tradizione più che secolare a tal proposito. Mi piace concludere con un pensiero del Santo Padre Benedetto XVI in occasione della solennità di Pentecoste (15 maggio 2005): “La Chiesa deve sempre nuovamente divenire ciò che essa già è: deve aprire le frontiere fra i popoli e infrangere le barriere fra le classi e le razze. In essa non vi possono essere né dimenticati né disprezzati. Nella Chiesa vi sono soltanto liberi fratelli e sorelle di Gesù Cristo. Vento e fuoco dello Spirito Santo devono senza sosta aprire quelle frontiere che noi uomini continuiamo ad innalzare fra di noi; dobbiamo sempre di nuovo passare da Babele, dalla chiusura in noi stessi, a Pentecoste. Dobbiamo perciò continuamente pregare che lo Spirito Santo ci apra, ci doni la grazia della comprensione, così da divenire il popolo di Dio proveniente da tutti i popoli – ancor più, ci dice San Paolo: in Cristo, che come unico pane nutre tutti noi nell’Eucaristia e ci attira a sé nel suo corpo straziato sulla croce, noi dobbiamo divenire un solo corpo e un solo spirito.”
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