Roberto Natale, presidente Federazione nazionale della stampa, prende spunto dalle parole del Presidente della Repubblica Napolitano per analizzare il ruolo dell'informazione e le sue responsabilità.
Lo schiaffo ci è arrivato da Padova. Ben assestato
, e soprattutto meritato. Il Presidente della Repubblica, in visita nel Veneto sott’acqua, ha sentito il bisogno di ricordare a noi giornalisti che “le responsabilità dell’informazione sono tante e tutte molto importanti. Ci sono le idee e poi ci sono le chiacchiere. Per questo bisogna stare sulla realtà. Per esempio, da quanto non leggiamo un’inchiesta sul dissesto idrogeologico?” Stavolta lo spunto era la devastazione del territorio. In passato la stessa strigliata ci era toccata per gli incidenti sul lavoro: c’era voluto Napolitano, per ricordarci che 3-4 morti al giorno, in cantiere o in fabbrica, non possono essere liquidati come “brevissime” in un trafiletto di cronaca. Cambiano i temi, ma non la questione di fondo: cosa è notizia, per il giornalismo italiano? E’ la domanda che si pone Napolitano, e che non si pone abbastanza l’informazione di casa nostra. Siamo nelle settimane in cui l’“alluvione” di notizie è ancora quella di Avetrana: una vicenda certo tragica, che però ha rotto quasi ovunque ogni argine quantitativo, e spesso anche deontologico. La chiamiamo cronaca, ma toglie lo spazio a tante altre possibili cronache, dall’Italia e dal mondo, che non hanno la “fortuna” di prenderci allo stomaco o stuzzicare il nostro lato morboso. Il metro per definire la notizia lo dovremmo conoscere, in teoria: la rilevanza sociale di un fatto. Le falde di Terzigno dovremmo farle conoscere meglio di quel garage pugliese. E meriterebbe un plastico e uno studio tv anche il luogo in cui è stata sciolta nell’acido Lea Garofalo: aveva scelto di collaborare con la giustizia, ma nelle nostre cronache è passata in 24 ore, come non volessimo vederla. Ci sono i bavagli che qualcuno vuole metterci, ma ci sono anche le bende che sugli occhi ci mettiamo da soli.
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