Oggi il rabbino capo emerito di Roma Elio Toaff compie 95 anni. Tanti gli auguri che gli sono giunti per questa occasione.
Radio Vaticana - Lo storico e fondatore della Comunità di Sant’Egidio, Andrea Riccardi, sulle colonne del Corriere della Sera, ne ripercorre la vita. Nato nel 1915, e cresciuto nella cosmopolita Livorno, dovette subire l’umiliazione delle leggi razziali. Dopo la laurea in giurisprudenza, raggiunta a fatica perché nessun docente voleva concedere la tesi a un ebreo, desiderava tornare in Palestina dai fratelli, ma il padre gli ricordò che un rabbino doveva rimanere con la sua gente. Nel 1943, mentre era in fuga con la moglie Lia, venne catturato dalle SS e condannato alla fucilazione, dalla quale lo salvò la preghiera: un capitano, infatti, lo vide pregare, ne ebbe pietà e lo fece scappare. Da allora, anche come capo della più grande comunità ebraica d’Europa, si adoperò per fare dell’ebraismo una componente rilevante, anche se minoritaria, della società italiana, mostrando come la “diversità” dell’essere ebreo fosse una ricchezza per il Paese. Dopo aver lottato contro l’antisemitismo di destra, dovette lottare anche contro quello di sinistra, tanto che negli anni Ottanta denunciò il cosiddetto “vento dell’odio”, imponendo, di fatto, la realtà ebraica all’attenzione di milioni di italiani. Nel 1986, ricevette Giovanni Paolo II: era la prima volta che un Successore di Pietro metteva piede in Sinagoga, un avvenimento storico. Ne scaturì una lunga amicizia. Quando Giovanni Paolo II morì, nel 2005, Toaff fu l’unico a essere ricordato nel suo testamento e il rabbino era presente in Piazza San Pietro ai funerali del Papa. Quasi cent’anni di storia, dunque, condensati nella vita di un uomo per il quale la cosa più importante, come ha spesso dichiarato, “è far felici gli altri, perché se sono felici gli altri anch’io sono felice”.
Radio Vaticana - Lo storico e fondatore della Comunità di Sant’Egidio, Andrea Riccardi, sulle colonne del Corriere della Sera, ne ripercorre la vita. Nato nel 1915, e cresciuto nella cosmopolita Livorno, dovette subire l’umiliazione delle leggi razziali. Dopo la laurea in giurisprudenza, raggiunta a fatica perché nessun docente voleva concedere la tesi a un ebreo, desiderava tornare in Palestina dai fratelli, ma il padre gli ricordò che un rabbino doveva rimanere con la sua gente. Nel 1943, mentre era in fuga con la moglie Lia, venne catturato dalle SS e condannato alla fucilazione, dalla quale lo salvò la preghiera: un capitano, infatti, lo vide pregare, ne ebbe pietà e lo fece scappare. Da allora, anche come capo della più grande comunità ebraica d’Europa, si adoperò per fare dell’ebraismo una componente rilevante, anche se minoritaria, della società italiana, mostrando come la “diversità” dell’essere ebreo fosse una ricchezza per il Paese. Dopo aver lottato contro l’antisemitismo di destra, dovette lottare anche contro quello di sinistra, tanto che negli anni Ottanta denunciò il cosiddetto “vento dell’odio”, imponendo, di fatto, la realtà ebraica all’attenzione di milioni di italiani. Nel 1986, ricevette Giovanni Paolo II: era la prima volta che un Successore di Pietro metteva piede in Sinagoga, un avvenimento storico. Ne scaturì una lunga amicizia. Quando Giovanni Paolo II morì, nel 2005, Toaff fu l’unico a essere ricordato nel suo testamento e il rabbino era presente in Piazza San Pietro ai funerali del Papa. Quasi cent’anni di storia, dunque, condensati nella vita di un uomo per il quale la cosa più importante, come ha spesso dichiarato, “è far felici gli altri, perché se sono felici gli altri anch’io sono felice”.| Tweet |
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