Le già limitate risorse idriche dei Paesi in via di sviluppo rischiano di essere prosciugate in gran parte per la produzione di merci che vanno in Occidente.
Radio Vaticana - Lo sostiene uno studio dell'associazione britannica Royal Society of Engineers, secondo cui due terzi del totale dell'acqua utilizzata per produrre alimenti e bevande per la sola Gran Bretagna viene da Paesi che già soffrono per una endemica siccità. Secondo il rapporto - di cui riferisce L’Osservatore Romano - i Paesi in via di sviluppo, spinti dalla richiesta di merci dall'Occidente, stanno utilizzando gran parte delle loro risorse idriche per prodotti d'esportazione, rischiando così di restare a corto d'acqua. Lo studio stila una lista di quanta acqua occorre per la produzione di alcuni cibi e bevande, considerando le quantità necessarie per la produzione di tutti gli ingredienti: per una pinta di birra (circa mezzo litro) se ne vanno 74 litri d'acqua, mentre per una tazza di caffè ne servono 140.
Ciò sta a significare che quando la popolazione mondiale supererà gli 8 miliardi, tra circa vent'anni, in base alle previsioni demografiche, la domanda generale di cibo e energia crescerà del 50% e quella di acqua del 30%, il che potrebbe determinare una crisi idrica mondiale. La Royal Society of Engineers sollecita quindi la comunità internazionale a prendere precauzioni immediate. Sulle risorse idriche, peraltro, la questione cruciale è quella della gestione e della protezione, non certo quella della quantità. L'umanità non ha poca acqua, ma a gran parte della popolazione del mondo non viene garantito l'accesso ad acqua pulita. Proprio in queste settimane sono stati diffusi i dati della scoperta di una gigantesca falda acquifera nel sottosuolo dell'Amazzonia, la più grande del mondo, che potrebbe rifornire di acqua potabile cento volte la popolazione mondiale. Dallo studio effettuato dai ricercatori dell'università del Pará, emerge che l'immenso deposito - 440.000 chilometri quadrati per uno spessore medio di 545 metri - contiene 86.000 chilometri cubi di acqua dolce, una quantità superiore al volume del Mediterraneo. Il pericolo è che, come già accaduto per altre importati falde acquifere sotterranee, anche questa possa essere compromessa da inquinamento o sfruttamento dissennato.
Radio Vaticana - Lo sostiene uno studio dell'associazione britannica Royal Society of Engineers, secondo cui due terzi del totale dell'acqua utilizzata per produrre alimenti e bevande per la sola Gran Bretagna viene da Paesi che già soffrono per una endemica siccità. Secondo il rapporto - di cui riferisce L’Osservatore Romano - i Paesi in via di sviluppo, spinti dalla richiesta di merci dall'Occidente, stanno utilizzando gran parte delle loro risorse idriche per prodotti d'esportazione, rischiando così di restare a corto d'acqua. Lo studio stila una lista di quanta acqua occorre per la produzione di alcuni cibi e bevande, considerando le quantità necessarie per la produzione di tutti gli ingredienti: per una pinta di birra (circa mezzo litro) se ne vanno 74 litri d'acqua, mentre per una tazza di caffè ne servono 140.Ciò sta a significare che quando la popolazione mondiale supererà gli 8 miliardi, tra circa vent'anni, in base alle previsioni demografiche, la domanda generale di cibo e energia crescerà del 50% e quella di acqua del 30%, il che potrebbe determinare una crisi idrica mondiale. La Royal Society of Engineers sollecita quindi la comunità internazionale a prendere precauzioni immediate. Sulle risorse idriche, peraltro, la questione cruciale è quella della gestione e della protezione, non certo quella della quantità. L'umanità non ha poca acqua, ma a gran parte della popolazione del mondo non viene garantito l'accesso ad acqua pulita. Proprio in queste settimane sono stati diffusi i dati della scoperta di una gigantesca falda acquifera nel sottosuolo dell'Amazzonia, la più grande del mondo, che potrebbe rifornire di acqua potabile cento volte la popolazione mondiale. Dallo studio effettuato dai ricercatori dell'università del Pará, emerge che l'immenso deposito - 440.000 chilometri quadrati per uno spessore medio di 545 metri - contiene 86.000 chilometri cubi di acqua dolce, una quantità superiore al volume del Mediterraneo. Il pericolo è che, come già accaduto per altre importati falde acquifere sotterranee, anche questa possa essere compromessa da inquinamento o sfruttamento dissennato.
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