lunedì, aprile 26, 2010
Terzo e ultimo appuntamento col nostro Carlo Mafera che ci parla del pensiero di Giorgio La Pira, padre costituente (clicca qui per la prima parte e qui per la seconda)

"Creare una democrazia economica significa appunto tutto questo: e tutto questo non è altro che fare quanto già fece, in qualche modo e pur con tanti limiti, l'economia medievale: cioè derivare dal concetto e dalla dignità della persona umana le conseguenze di cui esso è carico anche per l'ordinamento dell'economia. Ma come si tradusse concretamente il pensiero giuridico-costituzionale di La Pira allorquando si accinse, in qualità di membro della commissione dei 75 incaricata di redigere il testo della nuova costituzione a formulare i primi articoli riguardanti i principi fondamentali? E’ interessante notare come La Pira propone un primo articolo che dice “vorrei desse il tono a tutta la costituzione disegnando l’architettura e definendone l’ispirazione.”

Questo recita così “nello stato italiano che riconosce l’origine e la destinazione divina dell’uomo, scopo della costituzione è il presidio e il potenziamento della persona umana e degli enti sociali nei quali essa si integra e progressivamente si espande. Questo primo articolo insieme agli altri fa parte di un articolato che La Pira porta con sé e che faceva riferimento a due progetti: il progetto Mounier e il progetto De Menthon. Il primo consisteva in un progetto di dichiarazione dei diritti da far adottare su scala europea elaborato durante la Resistenza francese, fu pubblicato su Esprit del dicembre 1944 al fine di aprire un dibattito sul tema. Il fine del progetto Mounier era di ribadire meglio garantendole ed anche estendendole le situazioni di libertà classiche ma soprattutto mira ad obiettivo superiore consistente nell’ “integrare i diritti del singolo con quelli della comunità” Viene messo altresì in evidenza nello stesso progetto che la tutela dei “diritti essenziali delle comunità naturali, attraverso le quali si svolge la personalità umana” è essenziale per un’autentica difesa e tutela della persona stessa. Secondo questa concezione organica della società non esiste solo il rapporto Stato- cittadino, necessariamente squilibrato a favore del primo, ma quello fra Stato e “comunità naturali che hanno anch’esse veri e propri diritti “ perché la persona è necessariamente membro di ognuna di queste comunità e ne possiede lo status: la violazione dei diritti essenziali di queste comunità costituisce una violazione dei diritti essenziali della persona umana ed indebolisce o addirittura rende illusorie quelle affermazioni di libertà, di autonomia e consistenza sociale che sono contenute nelle dichiarazioni dei diritti.” Dal punta di vista tecnico La Pira chiede che le norme costituzionali siano superiori agli ordinari atti legislativi in modo da non essere superate. Inoltre egli chiede una Costituzione “lunga” e non neutrale dinnanzi ai fenomeni sociali ed economici. Si adottano tutte le tecniche costituzionali che garantiscano rigide aree di libertà rispetto ai detentori del potere politico. Il motivo di fondo della relazione di La Pira alla costituente rimane la “concezione organica del corpo sociale” per cui l’integrazione della persona con le comunità naturali evita l’ “atomismo” delle costituzioni precedenti. Accanto a queste caratteristiche, La Pira individua altri due temi fondamentali : l’esplicito richiamo nell’art.1 alla “civiltà cristiana” a Dio ed alla “natura spirituale dell’uomo”; la previsione di un complesso sistema organizzativo che avrebbe dovuto attribuire a ciascuno un adeguato stato professionale che sarebbe stato “fondamento dei diritti”. Egli si rifaceva ad una ipotesi di soluzione della “questione operaia” elaborata e sviluppata da Maritain in Umanesimo Integrale, La Pira, come si evince facilmente, apre a Mounier e a Maritain; apre anche alle costituzioni liberal-democratiche e a quella sovietica del 1936 a dimostrazione della grande disponibilità a tutte le proposte che possono cercare di tradurre in concreto alcuni principi di profondo rinnovamento dello Stato e della società. E’ in definitiva un tentativo di superamento dello Stato liberale, senza negare le storiche conquiste cercando di offrire una base da tutti accettabile. Fra i tanti interventi nel settore del principio secondo il quale lo Stato deve impegnarsi ad “eliminare gli ostacoli di ordine economico sociale che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza degli individui, impediscono il raggiungimento della piena dignità della persona umana e il completo sviluppo fisico,economico, culturale e spirituale di essa”, è da ricordare la proposta di La Pira in tema di affermazione della preminenza del lavoro sugli altri valori: “Come i muri maestri di una casa poggiano sulle fondazioni, così la struttura sociale della democrazia italiana poggia sul fondamento del lavoro. Da ciò scaturirà l’attuale art.1 della Costituzione . Proprio su questo tema andrà consolidandosi l’amicizia tra La Pira, Fanfani e Dossetti, “i tre professorini” e in seguito tra questi e gli esponenti socialisti e comunisti. Dove invece,nonostante i tentativi dei democristiani di cercare buoni rapporti con gli altri due grandi partiti, il terreno di incontro non viene quasi mai trovato, è in tema di famiglia, di scuola, di rapporti fra Stato e Chiesa, dove emergono rigide pregiudiziali laiciste. Soprattutto in riferimento alla famiglia, La Pira interviene più volte rivendicando l’autonomia rispetto allo Stato in quanto società naturale ad esso presistente. Per ciò che riguarda il rapporto tra Stato e Chiesa, La Pira svolge un intervento molto preciso inteso ad affermare due concetti fondamentali: libertà religiosa per tutti; Rapporti bilaterali fra i due ordinamenti originari della Chiesa e dello Stato e motiva questo secondo punto rifacendosi alla concezione pluralista dello Stato. Perciò è a favore del mantenimento dei Patti Lateranensi. In conclusione si può dire che La Pira si è posto nei confronti del progetto della nostra Costituzione non “come uomo di parte, ma come studioso, come storico, il quale cerca nell’interesse del proprio paese e nell’interesse della civiltà cristiana ed umana, le linee costruttive e solide di un edificio costituzionale che sia capace di superare l’attuale crisi costituzionale” Proprio ponendosi come scienziato, come rilevatore di ciò che esiste nella realtà egli citava una famosa frase del Vico “tanto bella che bisognerebbe scriverla sul frontone di tutte le assemblee politiche, culturali ed umane”: “ Le cose fuori del loro stato di natura né vi si adagiano, né vi durano”. La Pira tiene a precisare il significato di Stato laico rispondendo alle critiche che gli vengono mosse di volere uno Stato confessionale. Egli dice che “esiste una base teoretica di tutte le cose, anche inconsapevolmente non esiste uno Stato agnostico. Ora, se l’uomo ha questa orientazione intrinsecamente religiosa, se necessariamente questa intrinseca orientazione si esprime in comunità religiose, non esiste uno Stato laico: Esiste uno Stato rispettoso di questa orientazione religiosa e di queste formazioni religiose associate in cui esso si esprime. Non resta che mettere in evidenza la famosa proposta di La Pira di inserire come una sorta di preambolo al testo costituzionale l’affermazione “In nome di Dio, il popolo italiano si dà la presente costituzione”. L’invocazione a Dio era indicata solo come un logico completamento di una Costituzione “cristianamente ispirata”. Ciò che appare evidente è il tentativo di non farne una battaglia di tipo confessionale ma del pari palese è il vivo desiderio che venga accolta . Infatti egli dice. “ prima di presentare questa formula, io ne ho parlato a quasi tutti voi” Le stesse amare parole con le quali ritira la proposta ne sono una riprova “mi sono fatto portatore di pace e di unità. Ma se la pace e l’unità non si possono raggiungere, che cosa devo dire? Francamente, se tutto questo dovesse produrre la scissione nell’Assemblea, io per conto mio non posso dire che questo: che ho compiuto secondo la mia coscienza il gesto che dovevo compiere”. Se, si volesse accogliere attraverso La Pira la peculiarità dell'apporto dei cattolici alla costruzione dello Stato democratico, la si potrebbe individuare proprio in tre linee e cioè: la centralità della persona, il pluralismo giuridico e sociale, l'affidamento allo Stato di un ruolo di primo piano nel superamento delle disuguaglianze sociali. In queste tematiche finiva per riassumere in qualche modo una ricca tradizione di pensiero che da Rosmini attraverso il giusnaturalismo cattolico e la riflessione di Sturzo, aveva trovato un punto di sintesi nei grandi messaggi degli anni di guerra di Pio XII che poi avevano portato alla futura classe dirigente cattolica della democrazia del secondo dopoguerra. Quanto in profondità la cultura cattolica incentrava sul valore della persona umana e sui corpi intermedi molto più che nello Stato, abbia in qualche modo condizionato anche le altre forze politiche è attestato dall'esperienza del successivo trentennio: per esempio la conversione al regionalismo e alle autonomie locali, la garanzia dell'autonomia dei sindacati rispetto ai partiti oppure la preoccupazione per i tentativi di rafforzamento del potere esecutivo e dei suoi organi…. "La democrazia", dice Maritain " è di essenza evangelica ed ha l'amore come motivo determinante" e che soprattutto "grazie all'ispirazione evangelica spesso misconosciuta o svisata ma sempre attiva" che "la coscienza profana non s'è soltanto ridestata alla comprensione della persona umana, ma anche alle ispirazioni ed agli aneliti che agiscono nelle sue profondità". L'apporto dei cattolici alla costruzione dello stato democratico è solo un fatto del passato, di cui rifare la storia, magari con effetto ricorrente? Altra domanda di Giorgio Campanini. La risposta - è questa "non avere paura dello stato che è anche il testamento politico di Dossetti. Questo motto può essere assunto come impegno programmatico di tutta la cultura politica dei cattolici. Lo stato deve cessare di essere una realtà lontana con la quale misurarsi e dalla quale, quasi sempre, prendere le distanze, per diventare la "casa comune" alla quale nessuno è estraneo e alla cui architettura, per riprendere un termine tanto caro a La Pira, tutti devono concorrere, anche i cattolici.

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