sabato, marzo 20, 2010
Si tiene oggi a Milano la XV giornata della memoria e dell'impegno in ricordo delle vittime delle mafie organizzata da Libera

PeaceReporter - La vittima. E' arrabbiato Lorenzo. Certo, non come quindici anni fa, quando suo padre gli cadde addosso, freddato da un fucile a pallettoni nel buio di un'alba invernale. Gli hanno raccontato gli amici che sotto quel cavalcavia di Corsico, a poche centinaia di metri dal mercato di via Di Vittorio dove lui e suo padre gestivano un bancone di frutta e verdura, erano dovute intervenire diverse pattuglie della polizia per contenere la sua rabbia. Lui questo non se lo ricorda. Ricorda solo una macchina che, alle cinque e mezza di un freddo mattino di febbraio, si dirigeva verso casa sua, per poi invertire la rotta al passaggio del loro camioncino, superare e farsi superare. Poi, sotto quel ponte solo un colpo, un rumore sordo, suo padre che si accascia e il furgoncino che prosegue la sua marcia da solo per un po'.
All'epoca, e siamo nel 1995, si parlò immediatamente di esecuzione mafiosa, non solo per le modalità del delitto, ma perché Piero Sanua era un dirigente di Confesercenti, uno de fondatori di Sos Impresa e, in qualità di presidente dell'Associazione nazionale venditori ambulanti di Milano, membro della commissione comunale che sorteggiava le assegnazioni ai mercati. Era il periodo della cosidetta "mafia dei fiori", quando Milano scoprì un po' ipocritamente che l'assessorato al Commercio di via Larga era diventato un centro di corruzione e potere che non disdegnava dispensare favori a personaggi legati alle cosche mafiose, mentre il corpo dei vigili urbani, con l'allora comandante in capo Eleuterio Rea, si arricchiva imponendo mazzette e tangenti a commercianti e venditori ambulanti. Seguirono sei mesi d'indagini che non portarono a nulla, salvo confermare la liceità dei comportamenti di Sanua. Sei mesi in cui Lorenzo, che aveva visto morire suo padre, non venne mai sentito dal magistrato. Poi nulla più. Nessun processo, nessun indiziato. Fino a quando la sua storia non finì nel dimenticatoio. Oggi Lorenzo è arrabbiato, perché per 15 anni è stato derubato della verità cui aveva diritto. E ora lotta perché il caso venga riaperto.

La manifestazione. Intorno a lui e tutte le altre vittime di mafia si stringeranno sabato mattina gli studenti che arriveranno a Milano da ogni parte d'Italia, per partecipare alla XV giornata della memoria e dell'impegno. Una commemorazione voluta da don Luigi Ciotti, subito dopo la nascita di Libera, che ha il suo fulcro nella lettura dei nomi di tutte le vittime, ma che viene preparata a lungo nelle scuole con approfondimenti e discussioni che portano alla realizzazione di uno spot televisivo da parte dei ragazzi e diretto ai loro coetanei. "Io ci sono" recita lo slogan di quest'anno, a significare una presa di posizione netta e un'assunzione di responsabilità da parte di tutti. Quello della responsabilità è un concetto cardine per Libera che in questi anni è andato ad arricchire e a integrare quello di legalità, ora usato per giustificare respingimenti in mare o azioni repressive nei confronti degli immigrati che violano il diritto umanitario. "Non può esserci legalità senza responsabilità sociale", sentenzia al termine del ragionamento Jole Garuti, membro del Comitato dei garanti di Libera e presidente di Saveria Antiochia- Omicron, centro studi sulla criminalità organizzata al Nord.

Milano. La decisione del luogo dove tenere la manifestazione quest'anno è caduta su Milano per alzare il livello d'attenzione sulla dimensione finanziaria delle cosche, sui colletti bianchi, o gli "uomini cerniera" come preferisce chiamarli Enzo Ciconte, più volte consulente della Commissione parlamentare antimafia, e per opporsi a quanti sostengono che in città la mafia non esiste, "come se fosse possibile avere il denaro delle mafie senza la violenza che lo ha generato" spiega Ilaria Ramoni, referente di Libera per la Lombardia.
E forse è arrivato anche il momento di sfatare il mito che al Nord i clan non sparano, se è vero, come hanno dimostrato Paolo Biondani e Mario Portanova dalle pagine dell'Espresso, che sono almeno venticinque le persone ammazzate negli ultimi cinque anni fra Lombardia e Piemonte.

La politica. Quest'anno, però, il tradizionale appuntamento di primavera arriva fra auspicate novità e perduranti ambiguità. Il riferimento è chiaramente alla nascita dell'Agenzia per i beni sequestrati ai mafiosi, a lungo invocata da Libera, ma funestata dalla decisione di vendere i beni stessi in caso di mancato assegnamento in tempi brevi, ma anche al decreto sulle intercettazioni che il governo si preparerebbe a varare subito dopo le regionali; ai molteplici proclami e agli sbandierati risultati da parte dell'esecutivo, e ai continui attacchi nei confronti dei magistrati. Per Jole Garuti non ci si trova di fronte ad un caso di schizofrenia istituzionale ma all'accurata opera di propaganda "di un governo che dopo lo scudo fiscale, che ha permesso il riciclaggio di immensi capitali a costo irrisorio, ha capito di dover cambiare immagine per rispondere alle richieste che gli arrivavano dalla popolazione. Il pericolo, però - avverte Jole - è che si finisca per fare solo propaganda, come Mussolini, che colpì il livello dei piccoli criminali senza intaccare i veri centri del potere."

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