L’eccidio di 25000 ufficiali polacchi nel '40 dimostra la parentela tra totalitarismi, il rosso e il nero
Katyn rappresenta una delle maggiori falsificazioni storiche del XX secolo, durata fino all’ultimo, anche dopo la caduta dei Muri. Churchill aveva ragione a voler patteggiare perfino col diavolo (Stalin) pur di sconfiggere il nemico principale, Hitler; ma una volta ottenuta la vittoria, la politica di censura non si giustificava più e invece durò fin oltre il 1989: il governo inglese invece ha tenuto segreti i suoi documenti per ottenere favori economici e commerciali con l’Urss. Propagandato dai sovietici come un genocidio nazista contro i polacchi, in realtà il massacro non fu dovuto alla nazionalità delle vittime ma al fatto che i venticinquemila ufficiali polacchi (tra cui molti intellettuali) erano considerati nemici di classe. Secondo la dottrina stalinista, quelle classi erano comunque destinate a sparire nel corso dell’evoluzione sociale e i gruppi dirigenti sovietici acceleravano senza rimorsi tale progresso. Katyn è anche la fossa dove per cinquanta anni la verità è stata sepolta sotto una lapide che accusava della strage i tedeschi. Katyn, insomma è la dimostrazione della stretta e radicale parentela tra i due più terribili totalitarismi del secolo breve: il rosso e il nero.
Infatti il totalitarismo è tale che il compito della classe al potere è eliminare ogni "ostacolo" sulla marcia del progresso. Così, se il nazismo è razzista e propugna la fittizia superiorità di un’etnia, l’ideologia comunista ha usato lo stesso criterio con le classi sociali, provocando una serie di "pulizie di classe”. Sia per i nazisti sia per i sovietici, i gruppi socialmente alieni dovevano essere eliminati in quanto ostacolo storico allo sviluppo; era una necessità "oggettiva", si diceva, senza bisogno che s’individuasse una colpa individuale.
La sorte di quegli ufficiali polacchi fu solo la punta di un iceberg; infatti, furono anche arrestate e deportate in Siberia sessanta mila persone, loro parenti e familiari. In un anno e mezzo di controllo della metà della Polonia, l’Urss ha saputo organizzato la deportazione di ben mezzo milione di persone. La persecuzione anti-polacca si fermò solo per l’attacco tedesco all’Urss, altrimenti sarebbe proseguita.
Il ruolo dell’Italia fu interessante: emblematico il caso del professor Vincenzo Palmieri, luminare della medicina legale, che aveva partecipato nel 1943 alla commissione medica internazionale convocata dai nazisti per indagare su Katyn appurando le responsabilità sovietiche nell’eccidio . Dopo la guerra Palmieri fu, per questo, più volte attaccato, contestato nelle aule universitarie da studenti comunisti.
Con Katyn, insomma, saltano gli schemi manichei di certa storiografia di sinistra: con i «buoni» tutti da una parte e i «cattivi» solo dall’altra, quella nazista... Il contesto storico era quello in cui Stalin e Molotov dichiaravano che era esagerato temere il nazismo, che la Polonia doveva cessare, di essere indipendente, che il nemico comune fosse anzitutto il capitalismo...e un storico russo metteva in evidenza il tentativo di Stalin e Molotov nel 1940 di entrare nell’Asse tripartito Roma-Berlino - Tokyo e trasformarlo in Quadripartito: era proprio il periodo di Katyn. Ci fu una trattativa molto dura, perché Stalin sapeva di proporre in questo modo a Hitler la vittoria, grazie alla sua formidabile macchina bellica. Questo processo - durante il quale la collaborazione tra i due totalitarismi significò il peggior pericolo per la democrazia mondiale - non è stato ancora chiarito.
Solo Eltsin ha rotto davvero il silenzio, pubblicando per primo i documenti originali. Gorbaciov invece era un uomo di apparato e capiva benissimo che la rivelazione delle responsabilità su Katyn avrebbe dato un colpo terribile alla credibilità morale del Partito e quindi non poté perciò dire al mondo la verità.
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