mercoledì, marzo 24, 2010
Il nostro redattore Carlo Mafera ci racconta l'opera di Alberto Chiara a cura delle edizioni Paoline

Ho letto Carlo Carretto durante gli anni della mia giovinezza. Ho letto tutti i suoi libri, tra i quali spiccano “Al di là delle cose” e “Lettere dal deserto”. Letture queste che mi hanno formato ad un pensiero forte, lasciando alle spalle quello cosiddetto “debole”, cioè quello intriso della mentalità di questo mondo. Ho anche incoraggiato molto gli altri a leggere i suoi libri, regalando soprattutto il già citato “Al di là delle cose”. Certo i limiti umani rimangono dentro ciascuno di noi, nonostante le letture spirituali, ma le parole scritte incidono, entrano nel profondo, scavano l’anima e impercettibilmente producono frutto. Talvolta la preghiera e la Parola di Dio (di cui Carretto era innamorato) si inabissa dentro di noi. Sembra scomparire senza lasciare traccia e invece poi riaffiora inaspettatamente come un fiume carsico. Infatti la mia passione per i libri Carlo Carretto è riaffiorata non appena ho letto che era uscito un libro sulla sua vita, in occasione dei cento anni dalla sua nascita. Riassumere la sua vita in poche battute è difficile. Forse solo estrapolando un paio di passaggi del libro di Alberto Chiara dove l’autore cita a sua volta Carretto nel “Innamorato di Dio”, si riesce a comprendere il fulcro del pensiero e dell’azione del presidente dell’Azione Cattolica degli anni ’50“. Già altre volte sull’esame di coscienza avevo scritto : affidare la giornata a Dio. Non c’è cosa più difficile che stare calmi fra le braccia di Dio, noi così rovinati dal peccato originale! Ebbene, non c’è nulla di più armonioso che l’essere sinceramente attivo nella giornata e profondamente passivo nell’attesa dell’azione di Dio su di noi. Dov’è il punto di contatto tra la nostra azione e l’azione di Dio? Fin dove giunge la nostra attività? Io concludo che solo Dio può risolvere in me l’enigma. Praticamente voglio abituarmi a vedere tutti i particolari della mia giornata (specie quelli non determinati dalla mia volontà) come messaggeri di Dio”. Carlo – dice Alberto Chiara – è buon profeta per se stesso. Arriveranno i successi mondani, ma verrà anche il deserto, la purificazione, il lento ( e doloroso) affermarsi dell’essenzialità.” Ma il passaggio che Alberto Chiara mette in evidenza nel suo libro e che nel corso degli anni riaffiorava alla mia mente ricordando le letture giovanili, era la prima chiamata alla conversione di Carlo Carretto descritta nelle prime pagine di “Lettere dal deserto”. Egli infatti scrive “La chiamata di Dio è cosa misteriosa perché avviene nel buio della fede … In più essa ha una voce sì tenue e sì discreta, che impegna tutto il silenzio interiore per essere captata. Eppure nulla è così decisivo e sconvolgente per un uomo sulla terra, nulla più sicuro e più forte. Tale chiamata è continua : Dio chiama sempre!... Tre volte nella mia vita intesi questa chiamata. La prima determinò la mia conversione a diciotto anni. Ero in un villaggio di campagna, maestro elementare. Venne, in occasione della Quaresima una missione per il popolo. Vi presi parte e di essa mi rimase il ricordo di una predicazione antiquata e noiosa. Posso dire che non furono certo le parole a scuotermi, ma quando mi inginocchiai dinnanzi a un vecchio missionario, di cui ricordo gli occhi chiari e semplici, per esporre la mia confessione, avvertii nel silenzio dell’anima il passaggio di Dio. Da quel momento mi sentii cristiano e constatai che la mia vita era cambiata.” Ciò sta a significare che la testimonianza e l’efficacia dell’evangelizzazione non dipende dalle parole, ma dalla capacità di attrarre gli altri a Dio con la pace e la serenità che deve trasparire dal nostro volto. A tal proposito Madre Teresa pregava così ““Potrei parlare molto di Dio e magari poco con lui. Potrei proferire un sacco di parole e forse dire anche cose molto buone, ma poi dentro di me non trovare il tempo di ascoltare. Ascoltare la voce di Dio nel nostro cuore, perché allora nel silenzio del cuore, Dio parla. Poi dalla pienezza dei nostri cuori la nostra bocca deve far scaturire la parola. Altrimenti potremmo sciorinare un sacco di cose, esser padroni di tutta la conoscenza possibile, di tutta la teologia e di tutte le cose che riguardano Dio però non esser capaci di accendere quel fuoco nel cuore della gente”. La seconda chiamata di Carlo Carretto fu nell’impegno, nell’azione sociale ed evangelizzatrice che egli profuse nell’Azione Cattolica di cui fu presidente nei primi anni cinquanta. E su questa non mi soffermerò e rimando il lettore all’ottimo libro di Alberto Chiara. La chiamata più forte fu la terza, la più profonda e importante, quella che gli fece lasciare tutto per seguire le orme di Charles de Foucauld e che egli ben descrive nel suo “Lettere dal deserto”già citato “ Fu a 44 anni che ciò avvenne; e fu la chiamata più seria della mia vita: la chiamata alla vita contemplativa. Essa si determinò nel più profondo della fede, là dove il buio è assoluto e le forze umane non aiutano più. Questa volta dovevo dire di sì senza nulla capire: "Lascia tutto, e vieni con me nel deserto. Non voglio più la tua azione, voglio la tua preghiera, il tuo amore". Qualcuno, vedendomi partire per l'Africa, pensò ad una crisi di sconforto, di rinuncia. Nulla è più inesatto di ciò. Sono così ottimista per natura e ricco di speranza, che non conosco ciò che sia lo sconforto o la rinuncia alla lotta. E andai nel deserto. Senza aver letto le Costituzioni dei Piccoli Fratelli di Gesù, entrai nella loro Congregazione; senza conoscere Charles de Foucauld mi misi alla sua sequela. Mi bastava aver sentito la voce che mi aveva detto: "Questa è la tua strada". Alberto Chiara conclude il suo libro citando un bel libro del sacerdote giornalista don Teresio Bosco che s’intitola proprio “Carlo Carretto” dove lo stesso rispondeva ad una domanda del prete “E noi, Carlo, che possiamo fare? E Carretto rispondeva “Dobbiamo sederci sul pozzo, come Gesù … rievocando l’episodio dell’incontro del Signore con la Samaritana …. Essere a disposizione. Se vuoi : organizzare la grazia, disporre nella Chiesa tanti pozzi su cui ci sia seduto Gesù. Che chi vuole incontrarlo non trovi solo preti “che hanno tanto da fare” ma anche qualcuno che è lì a sua disposizione.” “L’impegno, il silenzio e la speranza – conclude così Alberto Chiara – Carlo Carretto è stato tutto questo e molto altro ancora. Ognuno attinga liberamente alla ricca eredità che ci lascia. In questo cristiano vivo, inquieto, bisognoso di conoscere e aperto al nuovo continuiamo a riconoscerci in tanti.” Grazie, Alberto Chiara, per avermi fatto riscoprire a distanza di anni Carlo Carretto con la tua esperienza di giornalista cattolico e con la tua professionalità che profondi settimanalmente nelle colonne di Famiglia Cristiana di cui, non a caso, sei vice caporedattore.

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