lunedì, febbraio 15, 2010
del nostro corrispondente a Roma Carlo Mafera

Padre Alberto Valentini, mariologo monfortano, ha presentato la figura di San Gabriele dell’Addolorata nel decimo incontro dei Sabati Mariani alla basilica di S. Maria in via Lata il giorno 13 febbraio. Egli ha messo in evidenza la mariologia di San Gabriele confrontandola con quella di San Luigi de Grignon de Monfort trovando dei parallelismi spirituali pur non avendo il primo mai avuto una conoscenza diretta dei libri del secondo. Il santo italiano desiderava ardentemente di leggere il famoso Trattato della vera devozione a Maria senza poter riuscire ad ottenere la sua traduzione. Ciò nonostante ebbe modo di scrivere il Simbolo Mariano, una sorta di sintesi teologica esperienziale dove riportava il pensiero dei santi che avevano avuto una particolare devozione a Maria. In questo Simbolo riecheggiano molti temi cari al Monfort, a riprova che esiste una comunicazione interspirituale profonda tra i santi anche se questi non sono venuti mai alla reciproca conoscenza. Mi piace riportare le conclusioni di Padre Valentini, professore al Marianum di Roma, che ha messo in evidenza nelle ultime battute della conferenza quanto segue: “Per quanto diversi, i due autori hanno in comune una grande spiritualità mariana che costituisce il segreto della loro santità e del loro eccezionale apostolato. Su questo piano si pone anche il rapporto tra Gabriele e Montfort: essi convergono nell’essenziale, nell’esperienza di Maria. È significativo e profetico in tal senso un testo del Trattato, nel quale si può ravvisare la vicenda spirituale di Gabriele: «Quando verrà quel tempo nel quale le anime respireranno Maria come i corpi respirano l’aria? In quel tempo avverranno cose mirabili su questa misera terra, perché lo Spirito santo vi troverà la sua cara Sposa come riprodotta nelle anime, e quindi scenderà su di loro con l’abbondanza e la pienezza dei suoi beni – in particolar modo del dono della sua Sapienza -, per operarvi meraviglie di grazia… Quando verrà questo tempo felice, quest’era di Maria, nella quale non poche anime elette che ella avrà ottenuto dall’Altissimo, s’immergeranno volontariamente nell’abisso del suo interno e diverranno copie viventi di Maria, per amare e glorificare Gesù Cristo? (VD 217). Gabriele si colloca in tale contesto: è una di quelle anime elette dell’era di Maria, plasmate dallo Spirito. È questo il suo mondo. Tra i santi c’è indubbiamente una comunicazione profonda: se con S. Alfonso, Gabriele ha potuto comunicare direttamente facendone propri le parole e il messaggio,
con Montfort non ha potuto fare altrettanto: ha cercato a lungo, avidamente, il libro intuendone in qualche modo il profondo significato e la consonanza con quanto egli sentiva e viveva. Qui come afferma Montfort e come, da biblista, osserva acutamente Artola, c’è l’azione dello Spirito della nuova alleanza che plasma i santi. Accanto alla teologia-mariologia dotta – egli osserva – c’è un’altra conoscenza, quella vitale, esperienziale36, della quale protagonista è lo Spirito di Dio. Artola parla della scienza teologica e mariana dei santi che ha fatto progredire il dogma, e si è rivelata nei secoli più creativa e originale della teologia razionale37. Il Simbolo di Gabriele si colloca in tale contesto e va letto in chiave carismatica. A questo livello bisogna intendere i rapporti
tra Gabriele e Montfort, tra il Simbolo mariano e il Trattato della vera devozione. Al di là delle differenze, per le quali Montfort può apparire più maestro e Gabriele più testimone, c’è la comunicazione al medesimo Spirito: «Vi sono diversità di carismi, ma uno solo è lo Spirito; / vi sono diversità di ministeri, ma uno solo è il Signore; / vi sono diversità di operazioni, ma uno solo è Dio che opera tutto in tutti. / … Ma tutte queste cose è l’unico e il medesimo Spirito che le opera, distribuendole a ciascuno come vuole» (1Cor 12,4-6.11). Non a caso il Segreto di Maria – preludio o compendio del Trattato – si apre con queste parole: «Ecco un segreto che l’Altissimo mi ha insegnato, e che non potuto trovare in alcun libro antico o recente. Te lo confido da parte dello Spirito santo…». Presentando poi il mistero di Maria, all’inizio del Trattato, Montfort invita allo stupore, al silenzio apofatico: «Hic taceat omnis lingua» (VD 12); e a conclusione della prima parte del Trattato – prima di introdurre la perfetta consacrazione alla Vergine – usa ancora espressioni misteriose, ispirate al genere apocalittico: «Qui legit, intelligat. Qui potest capere, capiat» (VD 12). A livello profondo, più che su aspetti materiali e caratteristiche dei testi, i due santi si incontrano e comunicano mirabilmente: «Siccome l’essenziale di questa forma di devozione consiste nell’interiore che deve formare, essa non sarà compresa ugualmente da tutti... Lo stesso Spirito di Cristo introdurrà in questo segreto l’anima molto fedele, perché avanzi di virtù in virtù, di grazia in grazia, di luce in luce, e giunga alla trasformazione di se stessa in Gesù Cristo» (VD 119). È qui il terreno d’incontro della spiritualità mariana di Gabriele con quella di Montfort, come del resto apparirà dalle note fondamentali della consacrazione monfortana e dell’esperienza spirituale del giovane passionista. Paradossalmente, come si è accennato, i contatti espliciti tra i due santi si trovano più negli altri scritti che nel Simbolo, il quale - per quanto esprima l’intimo di Gabriele - dipende maggiormente da altri autori. In ogni caso, il Simbolo è un punto di arrivo, un gioiello posto a conclusione di una straordinaria esperienza mariana. La spiritualità-consacrazione monfortana è un atto di totale consacrazione-appartenenza a Maria, per essere consacrati e appartenere totalmente a Gesù Cristo, a lode e gloria della Santa Trinità (cf. VD 121). Questo è il senso della formula tecnica “schiavitù d’amore”: un servizio incondizionato alla Vergine e per mezzo di lei a Cristo e al Padre. Gabriele protesta continuamente la sua appartenenza alla Vergine addolorata: fa della sua vita un servizio a lei per essere fedele a Gesù, in conformità alla sua consacrazione. Così scrive al fratello: «Metti in esecuzione quest’ultimo mio povero consiglio e non dubitare che a tutto riuscirai, tutto ti sarà facile: Servi a Maria. Nota poi quel “servi”. Non basta per te una qualche devozioncella, no;, ma “Servi a Maria”. La totalità di questa dedizione alla Vergine, che coinvolge interamente la sua vita, Montfort la esprime attraverso quattro formule onnicomprensive: Tutto per mezzo di Maria (258-259), con Maria (260), in Maria (261-264) e per Maria (265). - «Bisogna compiere le proprie azioni per mezzo di Maria. Bisogna cioè obbedire in ogni azione a Maria e lasciarsi muovere dal suo spirito che è il santo Spirito di Dio» (VD 258).
Per Gabriele, Maria è «la ruota principale che… mosse tutte le altre, fu la tenera, totale,
generosa, costante devozione alla gran Madre di Dio… Dalla devozione a Maria egli ottenne il possesso di tutte le virtù. Il suo totale affidamento a Maria si esprime in maniera immediata ed eloquente nell’invocazione abituale: «O mamma mia pensaci tu!».
- «Bisogna compiere le proprie azioni con Maria. Bisogna cioè elevare gli occhi a Maria come al modello di ogni virtù e perfezione, plasmato espressamente dallo Spirito santo perché le nostre deboli forze potessero imitarlo» (VD 260). Gabriele, con accentuazione diversa, parla di far compagnia a Maria Addolorata e di gioire in lei come in un paradiso: «Fare compagnia all’Addolorata; i dolori di Maria il mio paradiso». - Montfort si sofferma in particolare sulla formula in Maria: si tratta non solo di compiere tutto in Maria, ma di vivere e riposare in lei in un’esistenza piena di felicità. «Per capire bene quest’atteggiamento spirituale, occorre ricordare che la Vergine Maria è il vero paradiso terrestre del nuovo Adamo, di cui l’antico era semplicemente una figura… è la porta orientale, attraverso la quale il grande sacerdote Gesù Cristo entra ed esce nel mondo… è il santuario della Divinità, il riposo della Trinità, il trono di Dio, la città di Dio, l’altare di Dio, il mondo di Dio… Quale felicità poter entrare e rimanere in Maria, dove l’Altissimo ha posto il trono della suprema sua gloria… I miseri figli di Adamo ed Eva, cacciati dal paradiso terrestre, possono entrare in quest’altro paradiso soltanto per una grazia speciale dello Spirito Santo. Dopo aver ottenuto…questa grazia eccezionale, bisogna abitare nel bell’interno di Maria con gioia, riposarvi in pace, mettervi il fondamento e perdervisi totalmente» (VD 261-264), per essere nutriti «con il latte della sua grazia e della sua materna misericordia»; liberati «da turbamenti, timori e scrupoli»; rimanere «al sicuro da ogni nemico, dal demonio, dal mondo e dal peccato, i quali non sono mai riusciti ad entrarvi»; perché l’anima «vi sia formata in Cristo e Cristo in lei, perché il seno di Maria – osservano i Padri – è la sala dei misteri divini, in cui sono stati formati il Cristo e gli eletti» (VD 264). Su questo punto la convergenza tra i due santi è davvero straordinaria: Gabriele presenta Maria come “mistica tenda” e “seno-castello” di rifugio, come si legge nel breve scritto “Recurrendum”, che deriva, com’è noto, da Tommaso da Kempis, ma dal quale si può ben comprendere lo spirito e l’esperienza di Gabriele, il quale anche mediante le citazioni – e spesso proprio attraverso di esse – rivela la sua vita e la sua spiritualità. In ogni caso, sono degni di nota i contatti tra la visione di Montfort – anch’essa ricca di citazioni biblico-patristiche e di autori spirituali – e quella di Gabriele.
Il seno di Maria è stata la dimora del Figlio di Dio e dev’essere la dimora dei figli di Dio. È un castello-rifugio in cui si è al riparo dai nemici e dagli assalti del male. Un luogo di pace e di spirituali delizie. - Infine tutto si compia per Maria. «Con questo non si dice che la Vergine è considerata come l’ultimo fine… il fine ultimo è solo Gesù Cristo. Si serve la beata Vergine come fine prossimo, come ambiente misterioso e mezzo facile per incontraci con Cristo… si deve - con la sua protezione – intraprendere e realizzare cose grandi per questa augusta Regina; sostenere i suoi privilegi… difendere la sua gloria… attirare tutti al suo servizio e a questa vera e solida devozione… In ricompensa… pretendiamo da lei solo l’onore di appartenere ad una Regina così amabile e la felicità di essere da lei uniti a Gesù, suo Figlio, con un vincolo indissolubile nel tempo e nella eternità!» (VD 265). Fare tutto per amore di Maria è una nota fondamentale della vita di Gabriele: è il movente del suo agire, come testimonia il direttore Cassinelli in una lettera inviata al padre di Gabriele due anni dopo la morte del santo: «”O Gabriele, ma non vorrai vincerti per amor di Maria?”. Questa espressione era sempre sulle labbra di confratel Gabriele. Anzi si giovava di questo affetto e confidenza per superare i più grandi impedimenti; perché allora ripeteva a se stesso: “Non vorrai vincerti per amor di Maria?”. Ciò era per lui di tanta efficacia, che non indietreggiava giammai». Tale fedeltà, per amore di Maria, segnerà tutta la sua vita; fino alla fine, Gabriele accetterà tutto per amore di Lei. Questi quattro atteggiamenti sono le espressioni privilegiate - in Montfort e in Gabriele - di una totale appartenenza-consacrazione al Signore, di una vita “mariaforme”, trasformata in Lei. Non a caso si chiama il giovane passionista porta il nome di Gabriele dell’Addolorata: per lui il nome comporta l’identificazione. Egli non ha emesso formalmente l’atto di consacrazione proposta da Montfort, ma ne ha vissuto pienamente lo Spirito e anche le pratiche essenziali. La sua devozione alla Vergine è stata indubbiamente “vera”, secondo le note qualificanti che Montfort espone nella prima parte del Trattato (fino al n. 117), a conclusione della quale afferma: «Vi sono molte altre forme di vera devozione a Maria, ispirate dallo Spirito Santo ad anime devote, e molto santificanti... devozioni che servono meravigliosamente a santificare le anime» (VD 117).
Solo a partire dal n.118 egli presenta la sua particolare pratica di devozione: «Detto questo, proclamo altamente che avendo letto quasi tutti i libri che trattano della devozione alla Vergine, ed avendo conversato familiarmente con le persone più sante e dotte di questi ultimi tempi, non ho conosciuto né appreso pratica di devozione verso la Vergine simile a quella che sto per esporre, la quale esiga da un’anima più sacrifici per Dio, che la svuoti maggiormente di se stessa e del suo amor proprio, che la custodisce più fedelmente nella grazia e la grazia in lei, che la unisca più facilmente e più perfettamente a Gesù Cristo, e infine che sia più gloriosa per Dio, santificante per l’anima e utile al prossimo… È lo stesso Spirito di Cristo che introdurrà in questo segreto l’anima molto fedele, perché avanzi di virtù in virtù, di grazia in grazia, di luce in luce, e giunga alla trasformazione di se stessa in Gesù Cristo» (VD 118-119). Trattandosi di un dono dello Spirito, di un segreto di Dio, crediamo che Gabriele abbia ricevuto questo dono, sia stato reso partecipe di questo segreto. Anche senza aver avuto la gioia di conoscere quel libro misterioso, ne ha condiviso lo spirito.”
Ho riportato le conclusioni di Padre Alberto Valentini per esteso in modo che gli appassionati mariologi possano attingere pienamente all’interessante confronto dei due “giganti” del pensiero mariano e nello stesso tempo di rendere così onore e gloria alla Vergine Maria.

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