I cambiamenti climatici, e le loro inevitabili conseguenze, da subito protagonisti al Settimo Forum Internazionale dell’Informazione per la Salvaguardia della Natura
Dalla residenza storica Domus La Quercia di Viterbo una folta platea di giornalisti riuniti per condividere con grandi specialisti notizie aggiornate sullo stato di salute del Pianeta. Nella sessione mattutina, dopo il saluto delle istituzioni, ha preso la parola Leena Srivastava, direttore esecutivo del TERI, The Energy and Resources Institute, sottolineando l’importanza dell’interazione tra le risorse naturali. “Nel 1995 – afferma la Srivastava – il 20-30% della flora e della fauna erano a rischio estinzione. Attualmente la situazione è di gran lunga peggiorata, con i relativi impatti sulla salute umana e sell’agricoltura. Gli impatti previsti dall’ultimo rapporto dell’IPCC (intergovernamental panel on climate change) hanno subito un’accellerazione imprevista, molto superiore alle aspettative degli scienziati. E’ stato stabilito un tetto massimo di 2 – 2,4°C di aumento delle emissioni, temperature confrontabili con quelle esistenti sul pianeta 125.000 anni fa, con la differenza che oggi con la presenza di 6 miliardi e mezzo di esseri umani, gli ecosistemi sono molto più vulnerabili che allora. Se andiamo oltre, non sarà più possibile contenere gli effetti dei cambiamenti climatici.”. Il dibattito è proseguito con Janet Larsen, direttore del settore Ricerca Earth Policy Institute, USA, che ha evidenziato gli svantaggi della conversione delle colture per la produzione di etanolo, oggetto anche di una recente pubblicazione a cui ha lavorato con Lester Brown, il “Plan B.”, che contiene le strategie per uscire dalla crisi: “E’ pur vero che in poco tempo saranno circa 860 milioni le auto in circolazione, parti delle quali utilizzeranno l’etanolo, ma saranno milioni le persone dei Paesi in via di sviluppo che si aggiungeranno al miliardo che già oggi muoiono di fame, perché la maggior parte dei loro terreni sono stati utilizzati proprio per la produzioni di bioetanolo. Ci troveremo di fronte all’alternativa se alimentare le automobili o le persone. Occorre operare in fretta – aggiunge la Larsen – per una maggiore sensibilizzazione dell’opinione pubblica mondiale verso questi problemi reali”. Un esempio di green economy è stato raccontato da Antonio Bertolotto, amministratore delegato di Marco Polo, che ha illustrato come è stato ricucito il ciclo agro-industriale interrotto dalla separazione dell’allevamento dalla produzione agricola semplicemente estraendo gas metano dai liquami e riportando il compost sui campi. Eric Assadourian del Worldwatch Institute anticipando i contenuti del prossimo State of the World ha sottolineato che il clima è solo uno dei sistemi naturali e sociali messi a rischio dalle attività umane: tra questi l’assorbimento dei rifiuti, l’impollinazione, l’esaurimento delle materie prime, lo sfruttamento dei lavoratori, la crescita urbana. Assadourian ha sottolineato che il pianeta, a livello dei consumi medi attuali, può supportare soltanto 5 miliardi di persone mentre già siamo 6 miliardi e mezzo, di conseguenza dobbiamo ridurre i consumi individuali. La chiave del problema, è quindi il superamento del consumismo.
Dalla residenza storica Domus La Quercia di Viterbo una folta platea di giornalisti riuniti per condividere con grandi specialisti notizie aggiornate sullo stato di salute del Pianeta. Nella sessione mattutina, dopo il saluto delle istituzioni, ha preso la parola Leena Srivastava, direttore esecutivo del TERI, The Energy and Resources Institute, sottolineando l’importanza dell’interazione tra le risorse naturali. “Nel 1995 – afferma la Srivastava – il 20-30% della flora e della fauna erano a rischio estinzione. Attualmente la situazione è di gran lunga peggiorata, con i relativi impatti sulla salute umana e sell’agricoltura. Gli impatti previsti dall’ultimo rapporto dell’IPCC (intergovernamental panel on climate change) hanno subito un’accellerazione imprevista, molto superiore alle aspettative degli scienziati. E’ stato stabilito un tetto massimo di 2 – 2,4°C di aumento delle emissioni, temperature confrontabili con quelle esistenti sul pianeta 125.000 anni fa, con la differenza che oggi con la presenza di 6 miliardi e mezzo di esseri umani, gli ecosistemi sono molto più vulnerabili che allora. Se andiamo oltre, non sarà più possibile contenere gli effetti dei cambiamenti climatici.”. Il dibattito è proseguito con Janet Larsen, direttore del settore Ricerca Earth Policy Institute, USA, che ha evidenziato gli svantaggi della conversione delle colture per la produzione di etanolo, oggetto anche di una recente pubblicazione a cui ha lavorato con Lester Brown, il “Plan B.”, che contiene le strategie per uscire dalla crisi: “E’ pur vero che in poco tempo saranno circa 860 milioni le auto in circolazione, parti delle quali utilizzeranno l’etanolo, ma saranno milioni le persone dei Paesi in via di sviluppo che si aggiungeranno al miliardo che già oggi muoiono di fame, perché la maggior parte dei loro terreni sono stati utilizzati proprio per la produzioni di bioetanolo. Ci troveremo di fronte all’alternativa se alimentare le automobili o le persone. Occorre operare in fretta – aggiunge la Larsen – per una maggiore sensibilizzazione dell’opinione pubblica mondiale verso questi problemi reali”. Un esempio di green economy è stato raccontato da Antonio Bertolotto, amministratore delegato di Marco Polo, che ha illustrato come è stato ricucito il ciclo agro-industriale interrotto dalla separazione dell’allevamento dalla produzione agricola semplicemente estraendo gas metano dai liquami e riportando il compost sui campi. Eric Assadourian del Worldwatch Institute anticipando i contenuti del prossimo State of the World ha sottolineato che il clima è solo uno dei sistemi naturali e sociali messi a rischio dalle attività umane: tra questi l’assorbimento dei rifiuti, l’impollinazione, l’esaurimento delle materie prime, lo sfruttamento dei lavoratori, la crescita urbana. Assadourian ha sottolineato che il pianeta, a livello dei consumi medi attuali, può supportare soltanto 5 miliardi di persone mentre già siamo 6 miliardi e mezzo, di conseguenza dobbiamo ridurre i consumi individuali. La chiave del problema, è quindi il superamento del consumismo.| Tweet |
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