Un dossier dell'ENEA sulle rinnovabili per gli usi termici: l'obiettivo europeo si può raggiungere più facilmente e con costi quasi dimezzati puntando meno sulla produzione di elettricità e di più sulle fonti pulite che producono calore e freddo come biomasse, solare termico e geotermia a bassa entalpia.
Qualenergia - Per raggiungere gli obiettivi europei al 2020 meglio puntare di più sulle rinnovabili per gli usi termici: costano meno di quelle elettriche sia come investimenti che come incentivi e ci permetterebbero di raggiungere più facilmente il traguardo.
È una critica alla visione “elettrocentrica” del mondo delle energie pulite italiane, il dossier sugli usi termici delle rinnovabili presentato la settimana scorsa dall’ENEA (vedi allegato). L’impegno preso dal nostro paese verso l’Europa, come sappiamo, è di arrivare ad avere entro il 2020 dalle rinnovabili il 17% di energia sui consumi finali. Ma per la direttiva europea – questo il punto fondamentale da cui parte il ragionamento dell’ENEA - quanta parte di questa quota sia energia termica e quanta di energia elettrica è indifferente.
Ora, spiega il rapporto, produrre un chilowattora elettrico in genere costa molto di più che produrne uno termico, solo che - come ha sottolineato Carlo Manna, responsabile ufficio Studi dell'Enea, aprendo il convegno in cui il dossier è stato presentato – “anche se recentemente abbiamo assistito a una ripresa, soprattutto nel campo del solare termico, dobbiamo rilevare che c'è un ritardo dell'Italia sull'uso termico delle fonti rinnovabili. Sia per le capacità tecnologiche di cui disponiamo, sia per fattori ambientali, l'Italia dovrebbe farsi trovare più preparata - ha continuato Manna - e probabilmente la particolare attenzione che c'è stata verso la generazione elettrica da fonti rinnovabili ha fatto trascurare questo tipo di utilizzo delle rinnovabili. ”Necessaria - ha sottolineato - anche una revisione complessiva di alcuni meccanismi e misure da attuare. A partire da quelli sui titoli di efficienza energetica, poco attenti alle potenzialità dell'uso termico delle fonti rinnovabili".
Sfogliando il dossier ci si rende conto di come le rinnovabili termiche potrebbero fare molto per l’obiettivo 2020 e a costi convenienti. Il capitolo introduttivo in particolare mette a confronto l'ipotesi di promozione delle rinnovabili derivata dal position paper governativo del 2007 con uno scenario alternativo in cui si spinga maggiormente sulle rinnovabili termiche. Ridimensionando il ruolo delle rinnovabili elettriche e ipotizzando un sistema che incentivi di più quelle che producono calore, come biomasse, solare termico e geotermia a bassa entalpia, secondo l’ENEA si riuscirebbe a centrare l’obiettivo del 17% con investimenti più che dimezzati: 40 miliardi di euro anziché 88. E il risparmio ci sarebbe anche sulle spese per gli incentivi: dal 60 all’80% in meno, tenuto comunque conto della impossibilità di fare una stima precisa.
Certo, puntare sulle rinnovabili termiche ha anche qualche svantaggio, in primis la maggior complessità del sistema di incentivazione necessario: viene meno ad esempio la possibilità di addebitare direttamente in bolletta i costi dell’incentivo. Di contro i vantaggi - sottolinea il dossier - sono diversi: oltre ai costi nettamente minori, “una maggior probabilità di soddisfare gli impegni presi evitando, come avvenuto per il protocollo di Kyoto, il pagamento di onerose penali”; la possibilità di poter contare su tecnologie offerte a livello competitivo dall’industria italiana con relative “ricadute economiche e occupazionali superiori a quelle che si avrebbero attuando il position paper”; e infine “l’onere di incentivazione non ricadrebbe quasi esclusivamente sul sistema elettrico che potrebbe essere messo in seria difficoltà da una crescita incontrollata della componente A3, ma potrebbe essere meglio ripartito coinvolgendo anche la fiscalità generale.”
Qualenergia - Per raggiungere gli obiettivi europei al 2020 meglio puntare di più sulle rinnovabili per gli usi termici: costano meno di quelle elettriche sia come investimenti che come incentivi e ci permetterebbero di raggiungere più facilmente il traguardo.È una critica alla visione “elettrocentrica” del mondo delle energie pulite italiane, il dossier sugli usi termici delle rinnovabili presentato la settimana scorsa dall’ENEA (vedi allegato). L’impegno preso dal nostro paese verso l’Europa, come sappiamo, è di arrivare ad avere entro il 2020 dalle rinnovabili il 17% di energia sui consumi finali. Ma per la direttiva europea – questo il punto fondamentale da cui parte il ragionamento dell’ENEA - quanta parte di questa quota sia energia termica e quanta di energia elettrica è indifferente.
Ora, spiega il rapporto, produrre un chilowattora elettrico in genere costa molto di più che produrne uno termico, solo che - come ha sottolineato Carlo Manna, responsabile ufficio Studi dell'Enea, aprendo il convegno in cui il dossier è stato presentato – “anche se recentemente abbiamo assistito a una ripresa, soprattutto nel campo del solare termico, dobbiamo rilevare che c'è un ritardo dell'Italia sull'uso termico delle fonti rinnovabili. Sia per le capacità tecnologiche di cui disponiamo, sia per fattori ambientali, l'Italia dovrebbe farsi trovare più preparata - ha continuato Manna - e probabilmente la particolare attenzione che c'è stata verso la generazione elettrica da fonti rinnovabili ha fatto trascurare questo tipo di utilizzo delle rinnovabili. ”Necessaria - ha sottolineato - anche una revisione complessiva di alcuni meccanismi e misure da attuare. A partire da quelli sui titoli di efficienza energetica, poco attenti alle potenzialità dell'uso termico delle fonti rinnovabili".
Sfogliando il dossier ci si rende conto di come le rinnovabili termiche potrebbero fare molto per l’obiettivo 2020 e a costi convenienti. Il capitolo introduttivo in particolare mette a confronto l'ipotesi di promozione delle rinnovabili derivata dal position paper governativo del 2007 con uno scenario alternativo in cui si spinga maggiormente sulle rinnovabili termiche. Ridimensionando il ruolo delle rinnovabili elettriche e ipotizzando un sistema che incentivi di più quelle che producono calore, come biomasse, solare termico e geotermia a bassa entalpia, secondo l’ENEA si riuscirebbe a centrare l’obiettivo del 17% con investimenti più che dimezzati: 40 miliardi di euro anziché 88. E il risparmio ci sarebbe anche sulle spese per gli incentivi: dal 60 all’80% in meno, tenuto comunque conto della impossibilità di fare una stima precisa.
Certo, puntare sulle rinnovabili termiche ha anche qualche svantaggio, in primis la maggior complessità del sistema di incentivazione necessario: viene meno ad esempio la possibilità di addebitare direttamente in bolletta i costi dell’incentivo. Di contro i vantaggi - sottolinea il dossier - sono diversi: oltre ai costi nettamente minori, “una maggior probabilità di soddisfare gli impegni presi evitando, come avvenuto per il protocollo di Kyoto, il pagamento di onerose penali”; la possibilità di poter contare su tecnologie offerte a livello competitivo dall’industria italiana con relative “ricadute economiche e occupazionali superiori a quelle che si avrebbero attuando il position paper”; e infine “l’onere di incentivazione non ricadrebbe quasi esclusivamente sul sistema elettrico che potrebbe essere messo in seria difficoltà da una crescita incontrollata della componente A3, ma potrebbe essere meglio ripartito coinvolgendo anche la fiscalità generale.”
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