Dopo le parole del Premier Kevin Rudd, che ha chiesto scusa per “le sofferenze inflitte ai bambini aborigeni” fra il 1930 e il 1970, anche la Chiesa cattolica australiana ha rinnovato il “mea culpa” per la cosiddetta stolen generation, la “generazione rubata”.
Radio Vaticana - Si tratta di quei bambini che, per una ideologia coloniale che disprezzava la cultura locale, furono tolti alle loro famiglie, adottati da bianchi o chiusi in orfanotrofi e forzatamente “rieducati” , subendo violenze e maltrattamenti. Come l’agenzia Fides apprende dalla Chiesa locale, la Conferenza episcopale ha fatto eco alla storica presa di posizione del governo australiano che ha ammesso le proprie responsabilità e chiesto scusa alla comunità aborigena: “Siamo profondamente amareggiati per il dolore causato se la parola della Chiesa ha negato o minimizzato la sofferenza delle vittime”, ha dichiarato mons. Philip Wilson, presidente della Conferenza episcopale australiana, ricordando il documento “Towards Healing” (“Verso la guarigione”), pubblicato nel 1996, in cui la Chiesa già affrontava la questione, chiedendo perdono per le proprie mancanze. “Imploriamo che queste scuse, espresse dal Primo Ministro nel Parlamento nazionale, possano giocare un ruolo importante nel guarire molte delle ferite” che ancora oggi si notano nella società australiana – ha continuato mons. Wilson – auspicando la piena riconciliazione e integrazione delle comunità aborigene nel tessuto sociale australiano. Il Premier Rudd, nel corso di un’audizione al Parlamento di Canberra, aveva dichiarato: “L’Australia è desolata per la tragedia assoluta delle migliaia di persone che hanno visto la loro infanzia perduta o violata” ha continuato, ricordando che “il Paese guarda con desolazione alle vicende dei bambini presi dalle loro famiglie e chiusi in istituti dove hanno subito violenze e maltrattamenti”. Attualmente gli aborigeni nella società australiana sono circa 470.000 e la Chiesa ha avviato numerosi programmi di sviluppo umano, istruzione, e solidarietà per contribuire alla crescita e allo sviluppo delle comunità. (R.P.)
Radio Vaticana - Si tratta di quei bambini che, per una ideologia coloniale che disprezzava la cultura locale, furono tolti alle loro famiglie, adottati da bianchi o chiusi in orfanotrofi e forzatamente “rieducati” , subendo violenze e maltrattamenti. Come l’agenzia Fides apprende dalla Chiesa locale, la Conferenza episcopale ha fatto eco alla storica presa di posizione del governo australiano che ha ammesso le proprie responsabilità e chiesto scusa alla comunità aborigena: “Siamo profondamente amareggiati per il dolore causato se la parola della Chiesa ha negato o minimizzato la sofferenza delle vittime”, ha dichiarato mons. Philip Wilson, presidente della Conferenza episcopale australiana, ricordando il documento “Towards Healing” (“Verso la guarigione”), pubblicato nel 1996, in cui la Chiesa già affrontava la questione, chiedendo perdono per le proprie mancanze. “Imploriamo che queste scuse, espresse dal Primo Ministro nel Parlamento nazionale, possano giocare un ruolo importante nel guarire molte delle ferite” che ancora oggi si notano nella società australiana – ha continuato mons. Wilson – auspicando la piena riconciliazione e integrazione delle comunità aborigene nel tessuto sociale australiano. Il Premier Rudd, nel corso di un’audizione al Parlamento di Canberra, aveva dichiarato: “L’Australia è desolata per la tragedia assoluta delle migliaia di persone che hanno visto la loro infanzia perduta o violata” ha continuato, ricordando che “il Paese guarda con desolazione alle vicende dei bambini presi dalle loro famiglie e chiusi in istituti dove hanno subito violenze e maltrattamenti”. Attualmente gli aborigeni nella società australiana sono circa 470.000 e la Chiesa ha avviato numerosi programmi di sviluppo umano, istruzione, e solidarietà per contribuire alla crescita e allo sviluppo delle comunità. (R.P.)| Tweet |
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