La Commissione episcopale per la bioetica pubblica un messaggio a sostegno dei medici che praticano l’obiezione di coscienza. E avverte: “Potrebbe essere l’ultima occasione utile per fermare la strage”. Ogni anno, in Corea avvengono più di 350mila aborti.
Seoul (AsiaNews) – La vita “deve essere rispettata sin dal momento del concepimento. Per questo, la Chiesa coreana sostiene quei coraggiosi medici che hanno lanciato la campagna contro l’aborto, decidendo nel contempo di non effettuare più interventi di interruzione di gravidanza”. È il senso del messaggio firmato ieri dalla Commissione per la bioetica della Conferenza episcopale locale, presieduta dal vescovo di Cheongju, mons. Gabriel Chang Bong-hun. Il testo invita tutta la popolazione “a partecipare a questo sforzo, che cerca di fermare una delle peggiori piaghe del nostro tempo. Noi auspichiamo che la decisione di questi medici possa divenire l’occasione giusta per ribaltare l’attuale permissivismo nei confronti degli aborti. Si deve costruire una cultura della vita, se si vuole progredire”. Il riferimento al “permissivismo” riguarda la pratica dell'aborto illegale, che in Corea del Sud è diffuso in tutte le sfere sociali (con un’impennata tra la popolazione contadina).
La legge proibisce infatti gli aborti selettivi in base al sesso del nascituro, ma la consuetudine impone alle coppie di avere, come primogenito, un maschio. Ecco perché, in caso di gravidanza sana, ma femminile, moltissime persone ricorrono all’interruzione di gravidanza clandestina. Secondo le ultime statistiche pubblicate dal governo, il numero degli aborti illegali praticati nel 2005 è stato di 342mila unità a fronte di 440mila nascite. Una Ong cristiana sostiene che nel 2009 il numero è salito a 380mila.
Per cercare di fermare questo omicidio, la Commissione episcopale per la bioetica scrive: “Il governo ha il dovere di proteggere la vita dei propri cittadini. Ecco perché deve eliminare tutta la legislatura che facilita l’aborto. Sempre l’esecutivo, inoltre, dovrebbe sostenere quei medici che praticano l’obiezione di coscienza e prendono a cuore la vita dei bambini ancora non nati, invece di costringerli ad agire contro coscienza”.
Ma tutto questo, continua il testo, “non serve se non avviene un vero cambiamento nella mentalità della nostra società civile. I circoli accademici devono coltivare la sensibilità pro-life, e farla crescere nei cuori dei giovani del nostro mondo. Questa è un’opportunità importante e forse unica per far tornare al centro la famiglia, eliminando l’aborto dalla realtà”.
Seoul (AsiaNews) – La vita “deve essere rispettata sin dal momento del concepimento. Per questo, la Chiesa coreana sostiene quei coraggiosi medici che hanno lanciato la campagna contro l’aborto, decidendo nel contempo di non effettuare più interventi di interruzione di gravidanza”. È il senso del messaggio firmato ieri dalla Commissione per la bioetica della Conferenza episcopale locale, presieduta dal vescovo di Cheongju, mons. Gabriel Chang Bong-hun. Il testo invita tutta la popolazione “a partecipare a questo sforzo, che cerca di fermare una delle peggiori piaghe del nostro tempo. Noi auspichiamo che la decisione di questi medici possa divenire l’occasione giusta per ribaltare l’attuale permissivismo nei confronti degli aborti. Si deve costruire una cultura della vita, se si vuole progredire”. Il riferimento al “permissivismo” riguarda la pratica dell'aborto illegale, che in Corea del Sud è diffuso in tutte le sfere sociali (con un’impennata tra la popolazione contadina).
La legge proibisce infatti gli aborti selettivi in base al sesso del nascituro, ma la consuetudine impone alle coppie di avere, come primogenito, un maschio. Ecco perché, in caso di gravidanza sana, ma femminile, moltissime persone ricorrono all’interruzione di gravidanza clandestina. Secondo le ultime statistiche pubblicate dal governo, il numero degli aborti illegali praticati nel 2005 è stato di 342mila unità a fronte di 440mila nascite. Una Ong cristiana sostiene che nel 2009 il numero è salito a 380mila.
Per cercare di fermare questo omicidio, la Commissione episcopale per la bioetica scrive: “Il governo ha il dovere di proteggere la vita dei propri cittadini. Ecco perché deve eliminare tutta la legislatura che facilita l’aborto. Sempre l’esecutivo, inoltre, dovrebbe sostenere quei medici che praticano l’obiezione di coscienza e prendono a cuore la vita dei bambini ancora non nati, invece di costringerli ad agire contro coscienza”.
Ma tutto questo, continua il testo, “non serve se non avviene un vero cambiamento nella mentalità della nostra società civile. I circoli accademici devono coltivare la sensibilità pro-life, e farla crescere nei cuori dei giovani del nostro mondo. Questa è un’opportunità importante e forse unica per far tornare al centro la famiglia, eliminando l’aborto dalla realtà”.
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