L’importanza del sapere illuminato dalla fede, ne ha parlato stamane Benedetto XVI ricevendo in udienza i partecipanti all’assemblea della Federazione internazionale delle Università cattoliche, insieme ai rettori, docenti e studenti dei Pontifici Atenei Romani.
RadioVaticana - “Con gioia” Benedetto XVI ha accolto chi si misura “con l’impegnativo compito di insegnamento, di studio e di ricerca al servizio della Chiesa e dell’intera società”. “Sciat ut serviat”: sapere per servire, il motto della Federazione internazionale delle Università cattoliche, nata nel 1924 e riconosciuta dalla Santa Sede 25 anni dopo. Sono passati 60 anni: un’occasione per evidenziare – ha sottolineato il Papa – “il ruolo insostituibile” svolto da 400 Facoltà ecclesiastiche ed oltre 1300 Atenei cattolici, sparsi in tutti i continenti “per formare persone versate nel sapere, pronte a testimoniare la loro fede nel mondo e a svolgere compiti di responsabilità nella società": “Cari amici il servizio che svolgete è prezioso per la missione della Chiesa”. Resta attuale l’urgenza di “superare il divario tra fede e cultura” – già rilevata 30 anni fa nella Costituzione apostolica Sapientia Christiana – consapevoli che “la Rivelazione cristiana – ha ricordato il Santo Padre - è una forza trasformante, destinata a permeare i modi di pensare, i criteri di giudizio, le norme di azione”: “Nell'odierna società, dove la conoscenza diventa sempre più specializzata e settoriale, ma è profondamente segnata dal relativismo, risulta ancora più necessario aprirsi alla 'sapienza' che viene dal Vangelo”.
“L'uomo, infatti, è incapace di comprendere pienamente se stesso e il mondo senza Gesù Cristo”. “E' importante per tutti, docenti e studenti, non perdere mai di vista il fine da perseguire, quello cioè di essere strumento dell'annuncio evangelico”.
In particolare il Papa ha raccomandato che lo studio delle scienze sacre non sia “mai separato dalla preghiera, dall’unione con Dio, dalla contemplazione” ad evitare che le riflessioni sui misteri divini diventino “un vano esercizio intellettuale”. Ha lamentato Benedetto XVI “una cultura che manifesta mancanza di sapienza, di riflessione, di pensiero in grado di operare una sintesi orientativa". Da qui lo sprone per le Università cattoliche di promuovere “una nuova sintesi umanistica”: “... un sapere che sia sapienza capace di orientare l'uomo alla luce dei principi primi e dei suoi fini ultimi, un sapere illuminato dalla fede”.
RadioVaticana - “Con gioia” Benedetto XVI ha accolto chi si misura “con l’impegnativo compito di insegnamento, di studio e di ricerca al servizio della Chiesa e dell’intera società”. “Sciat ut serviat”: sapere per servire, il motto della Federazione internazionale delle Università cattoliche, nata nel 1924 e riconosciuta dalla Santa Sede 25 anni dopo. Sono passati 60 anni: un’occasione per evidenziare – ha sottolineato il Papa – “il ruolo insostituibile” svolto da 400 Facoltà ecclesiastiche ed oltre 1300 Atenei cattolici, sparsi in tutti i continenti “per formare persone versate nel sapere, pronte a testimoniare la loro fede nel mondo e a svolgere compiti di responsabilità nella società": “Cari amici il servizio che svolgete è prezioso per la missione della Chiesa”. Resta attuale l’urgenza di “superare il divario tra fede e cultura” – già rilevata 30 anni fa nella Costituzione apostolica Sapientia Christiana – consapevoli che “la Rivelazione cristiana – ha ricordato il Santo Padre - è una forza trasformante, destinata a permeare i modi di pensare, i criteri di giudizio, le norme di azione”: “Nell'odierna società, dove la conoscenza diventa sempre più specializzata e settoriale, ma è profondamente segnata dal relativismo, risulta ancora più necessario aprirsi alla 'sapienza' che viene dal Vangelo”.“L'uomo, infatti, è incapace di comprendere pienamente se stesso e il mondo senza Gesù Cristo”. “E' importante per tutti, docenti e studenti, non perdere mai di vista il fine da perseguire, quello cioè di essere strumento dell'annuncio evangelico”.
In particolare il Papa ha raccomandato che lo studio delle scienze sacre non sia “mai separato dalla preghiera, dall’unione con Dio, dalla contemplazione” ad evitare che le riflessioni sui misteri divini diventino “un vano esercizio intellettuale”. Ha lamentato Benedetto XVI “una cultura che manifesta mancanza di sapienza, di riflessione, di pensiero in grado di operare una sintesi orientativa". Da qui lo sprone per le Università cattoliche di promuovere “una nuova sintesi umanistica”: “... un sapere che sia sapienza capace di orientare l'uomo alla luce dei principi primi e dei suoi fini ultimi, un sapere illuminato dalla fede”.
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