mercoledì, settembre 30, 2009
La seconda tappa di "Parole & Mafie" tocca il comune del litorale romano sciolto per infiltrazioni mafiose

LiberaInformazione - Nettuno, primo comune del Lazio ad essere sciolto per infiltrazioni mafiose, fa da cornice al secondo appuntamento di “Parole e mafie”, un percorso itinerante per parlare e riflettere sul ruolo dell’informazione nel contrasto alle mafie. Organizzato da Libera Informazione, in collaborazione con la Casa della Legalità della Regione Lazio, il percorso prevede l’incontro tra la stampa nazionale, la stampa locale e il mondo dell’associazionismo per approfondire ed interrogarsi su di un problema che non può più essere considerato marginale o secondario, in una regione come il Lazio. Le mafie sono ormai ben radicate, forti e strutturate. Lo dimostrano le numerose indagini della magistratura e delle forze dell’ordine. Lo dimostra la recente storia politica di Nettuno, oppure la vicenda del mancato scioglimento del Consiglio comunale di Fondi. Le mafie ormai hanno raggiunto una capacità di infiltrazione tale, da condizionare la vita democratica di molti comuni del Lazio. Parlare di questi problemi a Nettuno, nell’aula consiliare, rappresenta sicuramente un piccolo successo. «La giunta subentrata alla fase dello scioglimento sta portando avanti un’opera di ricostruzione del tessuto amministrativo, senza strumenti e senza fondi» afferma il sindaco di Nettuno, Alessio Chiavetta. La legge sullo scioglimento dei consigli comunali ha bisogno di miglioramenti, adeguamenti perché si limita ad incidere sul livello politico, lasciando immutato l’assetto amministrativo dei Comuni. Cambiano gli attori politici, ma i funzionari restano al loro posto, rendendo vana l’opera di rinnovamento delle nuove giunte.

Problemi, sottolinea Chiavetta, che si cerca di aggirare con un’azione di trasparenza: «stiamo promuovendo la trasparenza amministrativa sul sito del Comune, esperienza non molto diffusa nelle realtà del sud-pontino. Per noi è importante far conoscere quello che si fa». Va da sé che di problemi la nuova amministrazione di Nettuno ne incontra tanti, molti ereditati dai precedenti amministratori. E’ il caso della società che ha gestito il sistema della riscossione dei tributi in città, con la quale il Comune vanta crediti di milioni di euro di tributi mai incassati. Una situazione simile viene denunciata da Antonio Chiusolo, assessore alle finanze del Comune di Aprilia. La società appaltatrice riconosce soltanto il 30% degli incassi dei tributi. Strane situazioni che sollevano problematiche importanti e inquietanti. Notizie del genere, tuttavia, spesso non godono del diritto di cittadinanza nel mondo dell’informazione, o vengono rilegate in piccoli spazi all’interno della cronaca locale. Non suscitano, nonostante la gravità, l’interesse dei media ad indagare ed approfondire. «Una buona informazione avrebbe mandato inviati per capire cosa è successo a Nettuno dopo lo scioglimento e l’insediamento della nuova giunta. Per capire cosa è avvenuto nei punti critici citati nella relazione di accesso del Prefetto, e come si sta muovendo la nuova giunta», tuona criticamente Francesco Forgione, che da presidente della Commissione Antimafia ha seguito da vicino il “caso” Nettuno. «Serve una riforma della legge sullo scioglimento dei comuni, perché così com’è non riesce a garantire la bonifica delle strutture amministrative infiltrata dalle mafie».

L’informazione è chiamata in causa, ha delle responsabilità, spesso tace, ma, spesso, subisce anche minacce. «Le parole sono armi potentissime contro le mafie. Si tratta di organizzazioni mutevoli che vivono in un continuo cambiamento. Per questo hanno bisogno di silenzi». A parlare è Alberto Spampinato, presidente di Ossigeno per l’informazione, l’Osservatorio sui cronisti minacciati e sulle notizie oscurate. Nel suo intervento Spampinato non si tira indietro rispetto alle responsabilità, ai debiti dell’informazione: «perché ci sono tutti questi silenzi? L’informazione può essere realizzata in modo libero e completo in un tessuto dove è presente un forte senso civico». Spesso i giornalisti si trovano ad operare in realtà dove questo senso civico è labile. Il giornalista che indaga e rende pubblici intrecci e collusioni tra mafie, politica e imprenditoria, diventa un soggetto “pericoloso”. «Negli ultimi due anni in Italia sono stati minacciati circa duecento giornalisti», continua Spampinato, minacce rivolte ad un’intera categoria che purtroppo, in molti casi, preferisce fare un passo indietro accettando censure e autocensure. Fortunatamente non tutti, e sicuramente non la maggioranza, come testimonia l’esempio di numerosi cronisti, spesso di stampa locale, che tra moltissime difficoltà riescono a reagire con orgoglio mantenendo la schiena dritta. Non senza ripercussioni: «i giornalisti portano dei lutti dentro, causati non solo dai proiettili, ma anche da denunce, minacce, querele, pressioni in ambito lavorativo, licenziamenti», lamenta Pino Finocchiaro, redattore di Rai News 24, che ha vissuto personalmente molte di queste “pratiche”. «Nonostante sia presente una mutazione genetica del giornalismo che non fa più inchieste – incalza Forgione – occorre trovare una nuova via per ritornare a narrare i fatti del nostro paese».

Una via certamente diversa da quella che si sta cercando di delineare nelle stanze del potere per imbavagliare l’informazione e rendere cieca la società. Un motivo in più per manifestare a Roma il prossimo 3 ottobre.

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