L’inizio della sessione previsto per le 14 ora locale; gli avvocati ritengono poco probabile una sentenza in giornata. Ieri la leader dell’opposizione ha potuto vedere i legali, dopo l’annullamento dell’incontro in programma il giorno precedente.
Yangon (AsiaNews/Agenzie) – Oggi a Yangon è in programma l’udienza finale del processo a carico di Aung San Suu Kyi, la leader dell’opposizione in carcere dal maggio scorso con l’accusa di aver violato i termini degli arresti domiciliari. L’inizio della sessione è previsto per le 14 ora locale (le 8.30 in Italia); secondo gli avvocati è “poco probabile” che la sentenza verrà emessa in giornata. Esperti di politica birmana sottolineano che il regime militare si è reso conto – seppur con un certo ritardo – della disapprovazione sollevata dall’arresto della Nobel per la pace all’interno della comunità internazionale. Ieri gli avvocati della difesa hanno ottenuto il permesso di incontrare la “Signora”. In un primo momento, il colloquio fra i legali e la donna doveva svolgersi il 22 luglio, ma il tribunale di Yangon aveva negato il permesso. Nyan Win, uno dei quattro avvocati della leader della Lega nazionale per la democrazia (Nld), riferisce di aver discusso l’arringa finale da pronunciare davanti ai giudici: “l’abbiamo esaminata a fondo, 20 pagine in tutto, modificando quanto necessario”.
Secondo la difesa, il capo di imputazione in base al quale è accusata la donna fa riferimento alla Costituzione del 1974, poi abrogata nel 1988 quando è salita al potere l’attuale giunta guidata da Than Shwe. Per questo non è stato commesso alcun reato, non essendo più in vigore la norma. Tuttavia, tutti gli indizi portano a credere che la “Signora” verrà condannata.
Aung San Suu Kyi è in carcere dal 14 maggio scorso per violazione dei termini degli arresti domiciliari, avendo ospitato per ragioni “umanitarie” il cittadino americano John Yettaw nella sua abitazione. Se riconosciuta colpevole, la Nobel per la pace – che ha trascorso 14 degli ultimi 20 anni agli arresti domiciliari – verrà condannata per altri cinque anni al carcere o ai domiciliari.
La giunta militare, al potere in Myanmar dal 1962, intende incriminarla per impedirle di partecipare alle prossime elezioni politiche in programma nel 2010.
Yangon (AsiaNews/Agenzie) – Oggi a Yangon è in programma l’udienza finale del processo a carico di Aung San Suu Kyi, la leader dell’opposizione in carcere dal maggio scorso con l’accusa di aver violato i termini degli arresti domiciliari. L’inizio della sessione è previsto per le 14 ora locale (le 8.30 in Italia); secondo gli avvocati è “poco probabile” che la sentenza verrà emessa in giornata. Esperti di politica birmana sottolineano che il regime militare si è reso conto – seppur con un certo ritardo – della disapprovazione sollevata dall’arresto della Nobel per la pace all’interno della comunità internazionale. Ieri gli avvocati della difesa hanno ottenuto il permesso di incontrare la “Signora”. In un primo momento, il colloquio fra i legali e la donna doveva svolgersi il 22 luglio, ma il tribunale di Yangon aveva negato il permesso. Nyan Win, uno dei quattro avvocati della leader della Lega nazionale per la democrazia (Nld), riferisce di aver discusso l’arringa finale da pronunciare davanti ai giudici: “l’abbiamo esaminata a fondo, 20 pagine in tutto, modificando quanto necessario”.Secondo la difesa, il capo di imputazione in base al quale è accusata la donna fa riferimento alla Costituzione del 1974, poi abrogata nel 1988 quando è salita al potere l’attuale giunta guidata da Than Shwe. Per questo non è stato commesso alcun reato, non essendo più in vigore la norma. Tuttavia, tutti gli indizi portano a credere che la “Signora” verrà condannata.
Aung San Suu Kyi è in carcere dal 14 maggio scorso per violazione dei termini degli arresti domiciliari, avendo ospitato per ragioni “umanitarie” il cittadino americano John Yettaw nella sua abitazione. Se riconosciuta colpevole, la Nobel per la pace – che ha trascorso 14 degli ultimi 20 anni agli arresti domiciliari – verrà condannata per altri cinque anni al carcere o ai domiciliari.
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