Varare la riforma sanitaria entro quest’anno. Questo l’obiettivo del presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, che ieri sera, in un’affollata conferenza stampa, ha delineato i punti essenziali del cambiamento al quale sottoporrà la sanità americana.
Radio Vaticana - Sarà una sanità – ha detto il capo della Casa Bianca – alla portata di tutti e dai costi più bassi, grazie anche ad una tassazione straordinaria nei confronti dei redditi più elevati. Da New York, ci riferisce Elena Molinari (ascolta):Obama ha investito tutto il suo prestigio politico nella riforma che sta incontrando resistenza da parte della maggior parte dei repubblicani e di alcuni democratici. Il timore più diffuso nel Congresso è che garantire la copertura sanitaria ai 46 milioni di americani che ne sono privi e abbassare i costi per tutti gli altri scaverà un buco più profondo nelle finanze americane. Ieri, però, Obama ha assicurato il contrario: “La riforma della sanità – ha detto – è essenziale anche per salvare l’economia”. Il presidente americano ha anche sottolineato i costi umani del non far nulla per cambiare lo status quo. “Ho fretta – ha spiegato – perché ricevo lettere ogni giorno da famiglie oberate dai costi per la salute e che mi chiedono di aiutarle”. “Il dibattito in corso – ha quindi ammonito Obama – non è un gioco; la riforma – ha promesso – arriverà entro l’anno”. Il capo della Casa Bianca prevede un vasto accordo sulle linee della riforma e solo qualche nodo ancora da sciogliere. Da parte loro i vescovi americani hanno appoggiato la parte della riforma che allarga l'assistenza sanitaria alle fasce più deboli; nello stesso tempo hanno espresso i loro timori per la possibile introduzione di fondi federali per l’aborto. Si tratta, comunque, di una riforma epocale di un sistema basato sinora soprattutto sull’iniziativa privata. Quanto sarà possibile per il capo della Casa Bianca operare questo cambiamento? Giancarlo La Vella lo ha chiesto ad Alberto Quadrio Curzio, docente di Economia all’Università Cattolica di Milano (ascolta):
R. – Credo che la risposta debba essere tentata sotto tre profili: un profilo di tipo finanziario, perché è chiaro che acquisire risorse adeguate per dare corso a questa riforma comporterà o di attuare risparmi su altre tipologie di spesa pubblica, oppure aumentare la tassazione sui redditi alti, e questo non è così semplice in un contesto come quello americano – ed è questo il secondo profilo – che da sempre ha privilegiato le forme assicurative private rispetto all’assistenza sanitaria di tipo pubblico. Ci saranno perciò anche delle forti resistenze di tipo politico a questo passaggio. Infine, terzo e non irrilevante aspetto, per far funzionare una macchina sanitaria improntata ad un intervento pubblicistico, bisogna attuare una serie di riforme: in altre parole, non si potrà più avere dei centri di supereccellenza che erogano determinati servizi e centri sanitari di minor rilevanza che erogano servizi inferiori. Ogni servizio sanitario nazionale ha una certa uniformità al suo interno, cosa che non mi pare sia oggi caratterizzante il sistema sanitario americano che è molto differenziato al suo interno.
D. – E’ difficile, dunque, realizzare una sanità basata su criteri solidaristici?
R. – Non c’è dubbio che il profilo della sostenibilità finanziaria di una misura del genere sia un profilo tutto da indagare. Dobbiamo renderci conto che la spesa pubblica già effettuata ad oggi è stata gigantesca, e questo prefigura nel tempo dei problemi molto seri di rientro e di sostenibilità di quella spesa pubblica. Perciò, è difficile dare una risposta immediata al quesito: “ce la farà l’America a sostenere una spesa sanitaria estesa a tutta la platea dei cittadini a titolo pressoché gratuito?”.
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