In Africa, soprattutto in Senegal, Paese di transito e di partenza, il 68 per cento della popolazione non riesce ad avere un euro al giorno per vivere
Radio Vaticana - Un barcone con 26 migranti è stato intercettato da una motovedetta della Guardia di Finanza, a dieci miglia a Sud-Ovest di Pozzallo. Ieri hanno fatto riflettere le parole del presidente della Commissione Cei per i problemi sociali e il lavoro, mons. Arrigo Miglio. I migranti respinti dalle autorità italiane in Libia sono stati costretti a tornare su strade di fame e di morte – ha detto - non tutti erano bisognosi di asilo, non tutti sono santi ma poveri di certo. La Chiesa - ha aggiunto - è per sua natura multi etnica e la solidarietà cui è chiamata comprende sia il pane quotidiano sia l'apertura di cuore verso ogni persona. Intanto si parla di un possibile incontro tra Italia, Malta, Libia e Alto commissariato Onu per i Rifugiati, per una strategia comune. E da Tripoli il segretario generale per la Sicurezza Pubblica respinge le accuse di trattamento inumano nei centri per gli immigrati libici dicendo che questi non sono peggiori di quelli italiani. Non è della stessa opinione padre Ambroise Tin, direttore di Caritas Senegal, intervistato da Francesca Sabatinelli. (ascolta)
R. – Respingere tutti questi migranti che cercano una vita migliore in Italia, mi sembra veramente sbagliato a livello politico e strategico. La questione fondamentale è quella della povertà e della dignità umana. In Africa, soprattutto in Senegal, Paese di transito e di partenza, il 68 per cento della popolazione non riesce ad avere un euro al giorno per vivere. Se questa gente, arrivando nel Mediterraneo o in Italia, viene respinta - non rispettando la dignità umana e i diritti umani - verso la Libia, dove ci sono almeno 25 centri di detenzione, di prigioni, significa mandarla all’inferno: non mangiano come si deve, non hanno l’acqua e ogni tanto vengono spinti nel deserto, dove muoiono.
D. – Padre Tin, in Italia il dibattito molto forte è sulla necessità di dover coniugare l’accoglienza alle persone che entrano con la sicurezza dei cittadini...
R. – Va bene, ci vogliono anche delle regole che possano permettere alla gente di venire in Europa in modo degno. Sono d’accordo. Ma se facciamo un’analisi di queste regole, vediamo che tutto il fenomeno della migrazione è percepito come una minaccia per il benessere della gente in Europa. Il fenomeno viene anche incriminato e non è giusto.
Radio Vaticana - Un barcone con 26 migranti è stato intercettato da una motovedetta della Guardia di Finanza, a dieci miglia a Sud-Ovest di Pozzallo. Ieri hanno fatto riflettere le parole del presidente della Commissione Cei per i problemi sociali e il lavoro, mons. Arrigo Miglio. I migranti respinti dalle autorità italiane in Libia sono stati costretti a tornare su strade di fame e di morte – ha detto - non tutti erano bisognosi di asilo, non tutti sono santi ma poveri di certo. La Chiesa - ha aggiunto - è per sua natura multi etnica e la solidarietà cui è chiamata comprende sia il pane quotidiano sia l'apertura di cuore verso ogni persona. Intanto si parla di un possibile incontro tra Italia, Malta, Libia e Alto commissariato Onu per i Rifugiati, per una strategia comune. E da Tripoli il segretario generale per la Sicurezza Pubblica respinge le accuse di trattamento inumano nei centri per gli immigrati libici dicendo che questi non sono peggiori di quelli italiani. Non è della stessa opinione padre Ambroise Tin, direttore di Caritas Senegal, intervistato da Francesca Sabatinelli. (ascolta)R. – Respingere tutti questi migranti che cercano una vita migliore in Italia, mi sembra veramente sbagliato a livello politico e strategico. La questione fondamentale è quella della povertà e della dignità umana. In Africa, soprattutto in Senegal, Paese di transito e di partenza, il 68 per cento della popolazione non riesce ad avere un euro al giorno per vivere. Se questa gente, arrivando nel Mediterraneo o in Italia, viene respinta - non rispettando la dignità umana e i diritti umani - verso la Libia, dove ci sono almeno 25 centri di detenzione, di prigioni, significa mandarla all’inferno: non mangiano come si deve, non hanno l’acqua e ogni tanto vengono spinti nel deserto, dove muoiono.
D. – Padre Tin, in Italia il dibattito molto forte è sulla necessità di dover coniugare l’accoglienza alle persone che entrano con la sicurezza dei cittadini...
R. – Va bene, ci vogliono anche delle regole che possano permettere alla gente di venire in Europa in modo degno. Sono d’accordo. Ma se facciamo un’analisi di queste regole, vediamo che tutto il fenomeno della migrazione è percepito come una minaccia per il benessere della gente in Europa. Il fenomeno viene anche incriminato e non è giusto.
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