mercoledì, maggio 20, 2009
Spigoloso faccia a faccia tra il premier israeliano Netanyahu e Obama a Washington: diplomazia al lavoro per annacquare i dissensi

PeaceReporter - Ci sono volute settimane di incontri preparatori prima di arrivare al faccia a faccia di ieri tra Barack Obama e Benjamin Netanyahu, il primo da quando ricoprono il ruolo di guida dei rispettivi paesi. Ore e ore di discussioni tra gli staff del presidente Usa e del premier israeliano, con lo scopo tassativo di evitare che nell'incontro tra i due potessero emergere divergenze inconciliabili o che l'alleanza storica tra Usa e Israele potesse apparire indebolita. E alla fine, il risultato è stato quello che si è visto in televisione: i sorrisi, le strette di mano e le rassicurazioni. Tutto come durante l'amministrazione Bush, solo che, dietro le formule della diplomazia, qualcosa è cambiato, e il primo ad accorgersene è stato proprio il nuovo premier israeliano.

La visita di Netanyahu a Washington, che ci si aspetta segnerà le relazioni tra i due paesi per gli anni a venire, è iniziata con una gaffe, con l'israeliano che regala al presidente Usa il "Diario di viaggio in Terra Santa", di Mark Twain. Un testo che, secondo lo storico israeliano Tom Segev, evidenzia "il disgusto dell'autore nei confronti degli arabi e dell'islam". Giusto una nota di colore, che evidenzia le differenze culturali tra i due. Durante l'incontro, invece, ad emergere sono state le differenze di visione politica. Obama ha accolto Netanyahu parlando della "relazione straordinaria che lega i due paesi", ma poi con tono calmo e fermo ha dichiarato quelle che sono le sue aspettative, di fronte alle quali il premier israeliano ha dovuto fare buon viso, senza riuscire a replicare efficacemente. Ora la linea Usa per il Medio Oriente è stata tracciata, e nei prossimi mesi si capirà se il nuovo governo israeliano "coglierà l'occasione", come spera Obama, oppure, se andrà avanti con la politica intransigente che lo ha portato a vincere le scorse elezioni.

Tre i temi principali affrontati dai due, e altrettanti sono stati gli argomenti di disaccordo: la nascita di uno Stato palestinese, la minaccia iraniana e il rapporto tra le due questioni. Già si sapeva che Netanyahu non avrebbe nemmeno nominato la possibilità di uno Stato palestinese, Obama invece si è mantenuto nel solco delle trattative del passato, ribadendo l'adesione alla soluzione "due stati per due popoli, in cui israeliani e palestinesi vivano gli uni accanto agli altri in reciproca sicurezza". Il presidente Usa ha ricordato all'ospite israeliano gli impegni del processo di pace di Annapolis e quelli della precedente Road Map. "Si tratta di un'opportunità storica" ha spiegato, per poi rivolgersi a Netanyahu: "Ho grande fiducia che coglierà l'occasione".

Il premier israeliano incassa anche sull'Iran, con Obama che eufemisticamente definisce "molto rumorose" le preoccupazioni israeliane sui piani atomici di Teheran. Obama sapeva che Netanyahu avrebbe puntato tutto sulla minaccia iraniana, ma non ha assecondato l'interlocutore, in primis annunciando di non avere intenzione di porre un limite temporale al tentativo di soluzione diplomatica con Teheran, e poi, non nominando mai la possibilità di un attacco contro le centrali iraniane. "Vogliamo ottenere una situazione in cui tutti i paesi della regione possano perseguire il proprio sviluppo economico e i legami, anche commerciali. E vogliamo che questo possa accadere senza che le popolazioni debbano subire bombardamenti e distruzione". Netanyahu ha replicato spiegando che, secondo la visione del suo governo, non ci potranno essere progressi nel negoziato con i palestinesi fintanto che l'Iran cercherà di dotarsi di armi atomiche e non cesserà di armare Hamas. Ma Obama ha replicato: "personalmente ritengo che la situazione vada intesa in senso opposto" fare la pace con i palestinesi, secondo la nuova amministrazione Usa, rafforzerebbe invece la comunità internazionale nella trattativa con l'Iran.

Complice anche la crisi economica, Obama non può permettersi di assecondare le richieste di Israele come il suo predecessore. Mentre viceversa, Netanyahu è consapevole che l'elettorato israeliano non gli perdonerebbe una rottura con l'alleato Usa. Questa è la dialettica che caratterizzerà i rapporti tra Usa e Israele nei prossimi anni. Tuttavia, ci sono segnali che fanno pensare che Netanyahu non potrà limitarsi ad annuire alle aspettative di Washington, per poi agire liberamente contando sulla potente lobby ebraica statunitense. Oggi Obama può contare sul sostegno esplicito di J Street, il movimento pro-israeliano per la pace, e vicina al nuovo presidente è anche l'American Israel Public Affairs Committee, Aipac. E anche le due figure dell'amministrazione più vicine a Israele, il vicepresidente Joe Biden e il capo dello Staff Rahm Emanuel, saranno certamente più fedeli a Obama che a Israele.

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