mercoledì, gennaio 07, 2009
Agenzia Misna - Procede in ordine sparso e con toni diversi la reazione del mondo arabo e musulmano all’offensiva israeliana nella Striscia di Gaza cominciata il 27 dicembre scorso. Dei cinque paesi a maggioranza islamica che intrattengono relazioni diplomatiche ufficiali con Tel Aviv – Turchia, Egitto, Mauritania, Giordania e Albania – la Mauritania ha formalizzato la sua protesta richiamando il proprio ambasciatore; le espressioni più forti sono invece state usate dalla Turchia, storico alleato militare di Israele, che ha più volte chiesto un immediato cessate-il-fuoco e il ritiro dell’esercito di Tel Aviv da Gaza. Più moderate le reazioni della Giordania e dell’Egitto. Accanto alle iniziative condotte dal presidente francese Nicolas Sarkozy - che ha fatto la spola tra il Cairo, Damasco, Beirut e Israele – altri paesi stanno provando soluzioni diplomatiche che mettano fine alle violenze.

L’Iran ha inviato 22 suoi rappresentanti in altrettanti paesi asiatici ed europei chiedendo una cessazione immediata dell’offensiva per evitare che la crisi umanitaria si trasformi in una “tragedia orribile”. In Turchia, Emine Erdogan, moglie del primo ministro Tayyip Erdogan, ospiterà sabato le mogli dei governanti arabi per sollecitare l’attenzione sul crescente numero delle vittime civili e per raccogliere aiuti umanitari per Gaza. Ankara, Cairo e Damasco sono in questo momento i principali crocevia della rete diplomatica che si sta tentando di costruire e che porta inevitabilmente al pettine i tanti problemi della regione. In Siria, dove vive uno dei fondatori di Hamas, Khaled Meshaal, il presidente Bashar al-Asad dopo aver incontrato il capo di stato francese Sarkozy ha anche avuto un incontro con il rappresentante di Mosca in Medio Oriente, Alexander Saltanov. In entrambi i casi, le parti hanno concordato sulla necessità di un intervento deciso della comunità internazionale. La lentezza dei progressi diplomatici è in effetti diventata palese in seno al Consiglio di sicurezza dell’Onu dove non si è ancora trovato un accordo per una risoluzione condivisa da tutti; finora, l’unico passo avanti è stata la sospensione dei bombardamenti per tre ore al giorno accordata da Israele. Alle tante parole e alle tante dichiarazioni politiche – sempre oggi il primo ministro iracheno Nouri al-Maliki ha invitato i paesi musulmani che hanno relazioni con Tel Aviv a sospenderle – è corrisposto il dinamismo delle popolazioni arabe e musulmane scese più volte in piazza nei giorni scorsi. Proteste che hanno assunto i colori più diversi come in Turchia dove ieri sera la squadra di basket israeliana del Bnei Hasharon ha preferito non presentarsi alla seconda parte della gara contro la Turk Telekom di Ankara mentre i tifosi di quest’ultima cantavano slogan contro l’operato di Israele a Gaza. O come in Algeria dove la Fondazione nazionale per la promozione e lo sviluppo della ricerca ha avviato la raccolta di tre milioni di lettere di bambini algerini da inviare al Segretario generale dell'Onu e all’Unicef.



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