Radio Vaticana - In Italia, soprattutto a Napoli e a Roma la "questione rom” continua ad alimentare forti tensioni. Nel capoluogo campano, dopo il presunto tentativo di rapimento di una bambina da parte di una ragazza nomade e l’attentato incendiario al campo di Ponticelli, le autorità cittadine e le associazioni discutono sul trasferimento dei rom in altre zone. A Roma, stamattina, la polizia ha effettuato un blitz nel più grande campo nomadi della capitale, con oltre 600 residenti, fermandone una cinquantina privi di documenti. Sul dibattito riguardante i rom, particolarmente acceso in questi giorni, ascoltiamo al microfono di Adriana Masotti, mons. Piero Gabella, già direttore dell’Ufficio per la pastorale dei rom e dei sinti della CEI, che da anni vive in un campo nomadi:R. – Per quanto riguarda il fatto della rom di Napoli che avrebbe portato via il bambino, bisogna che i fatti siano chiari, bisogna che la magistratura proceda. L’unico mio dubbio è che si tratta di un cliché già visto in altre città. Noi abbiamo ordinato una ricerca all’Università di Verona in cui vengono esaminati tutti i casi che in Italia, da 25 anni, sono sorti attorno a questo problema del rapimento dei bambini. Non ce n’è uno che sta in piedi. Allora: come per vendere le cose, prima si prepara la gente alla voglia di una certa cosa; così qui prima si preparano delle situazioni mentali, si va a rivangare determinate paure che ci sono dentro le persone, e poi basta l’occasione – perché gli zingari mica sono santi, no?, hanno anche loro i loro difetti, eccome se ce li hanno! – perchè scattino provvedimenti, ma quanti omicidi, quanti stupri ci sono stati in Italia, commessi dagli italiani, senza che si muova nessun governo, nemmeno regionale?! Però, questo meccanismo – a mio parere – ci sfugge di mano. Cioè, se io creo nelle persone questa insensibilità al rispetto degli altri, queste persone però questa sensibilità la perdono a tal punto che non distinguono più nulla! I tre ragazzi che hanno messo nel pozzo una bambina ci dicono che è stato perso un senso morale.
D. – Ma come diceva lei, neanche i rom sono santi. Si dice: i nomadi rubano ...
R. – Certo! Tra gli zingari c’è gente che va a rubare. Ma non tutti gli zingari rubano. Questo non vuol dire giustificare chi ruba. Io sono dell’idea che le regole, quando ci sono, vanno osservate, quindi ...
D. – Ecco: allora, se da una parte c’è proprio un vero rifiuto del diverso, dall’altra c’è anche la consapevolezza, in tanti cittadini, che non è possibile lasciar vivere delle persone, i rom, in condizioni impossibili. Lei che dice?
R. – Certo! Ma secondo le previsioni, i campi-sosta si sono rivelati veramente un posto che adesso tutti vogliono superare. Quali sono i popoli che non vogliono svilupparsi? Ora, dire che gli zingari devono progredire, devono camminare, non vuol dire che bisogna prenderli e portarli..., ma quello che bisogna fare è dare loro lo strumento, lo spazio, la sufficienza per poter crescere. E avere la pazienza perchè questo avvenga. L’importante è che non siano i “gagi” (chi non appartiene a rom e sinti) a decidere il tipo di vita che devono condurre, perché altrimenti non si cresce!
D. – La Chiesa, in questo cammino, quale ruolo potrebbe svolgere?
R. – Io più che “la Chiesa” mi fermerei su “i credenti”. Io penso che c’è una maggioranza che io chiamo “grigia”, che non vuole sporcarsi le mani, ha la coscienza a posto e che però di fronte a questi fatti, tace. E io dico sempre che, quando in una città le sentinelle s’addormentano, la città è in pericolo.
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