martedì, settembre 13, 2016
Fraternità e servizio: eletto il nuovo consiglio nazionale della Gi.Fra. d’Italia Si è svolto dal 25 al 28 agosto, a Santa Maria degli Angeli, il Capitolo elettivo nazionale della Giovantù Francescana d’Italia (Gi.Fra.). Abbiamo ora l’occasione di rivolgere alcune domande al neo presidente, Riccardo Insero.

Intervista a cura di Monica Cardarelli

Nell’ultimo Capitolo nazionale Gi.Fra. sei stato eletto presidente. Non è il primo incarico per te, il tuo percorso nella Gi.Fra. prosegue da anni e per anni sei stato responsabile di comunicazioni sociali e web per la fraternità regionale della Toscana. Considerato il tuo cammino di crescita personale e comunitario, che senso ha assunto per te coprire un incarico in Gi.Fra.: responsabilità, servizio… ?

Sì dall’aprile 2013 fino ad aprile 2016 ho ricoperto per la Gi.Fra Toscana l’incarico di responsabile (insieme ad altri 5-6 gifrini) di comunicazioni sociali e web grazie al quale ho potuto formarmi ed interrogarmi su tante tematiche molto prima di svolgere un vero e proprio servizio. Sicuramente il servizio in fraternità mi ha permesso, soprattutto attraverso i fratelli, di scoprire cosa significa “farsi ultimo”, mettersi a servire appunto. Il modello ovviamente di riferimento per chi si mette al servizio è il Signore che si è fatto servo e amico, quindi certamente prima di essere ruoli o compiti o banalmente “cose da fare”, gli incarichi di servizio sono in maniera particolare un luogo privilegiato per la crescita personale, sia come cammino di fede ma soprattutto una palestra di vita per crescere nelle relazioni con gli altri, e confermo, si cresce tanto.

Cosa differenzia un incarico nella Gi.Fra. da un incarico in altre strutture anche cattoliche secondo te? Quale valore aggiunto può avere?

Io penso che lo Spirito soffia tanto, e soprattutto soffia bene. Una delle cose più belle della Chiesa sono proprio i carismi che lo Spirito sin dall’età apostolica ha suscitato in tanti uomini e donne di Dio. Non ho esperienze di servizio in altri movimenti per cui farne un paragone mi risulta difficile e addirittura potrebbe essere davvero poco utile. Noi cerchiamo di incarnare lo spirito di servizio nel nostro carisma, che è quello di Francesco e di Chiara d’Assisi, fatto di semplicità, di sobrietà e di gioia accompagnate da una particolare attenzione alla preghiera e ai poveri. Questo però non esclude assolutamente che queste stesse caratteristiche possano essere “il vestito” di tanti altri movimenti e carismi specifici nella Chiesa in quanto non sono nulla di diverso da caratteristiche spiccatamente cristiane e nulla più. 

Francesco non voleva neppure scrivere una Regola perché pensava che bastasse il Vangelo; Chiara si è rifiutata finché ha potuto di accettare il ruolo di Abbadessa che lei poi ha definito come quello di “Madre”.. cosa possono dire, ancora oggi, figure come Francesco e Chiara a ragazzi come voi della Gioventù Francescana? Sono modelli irraggiungibili o prossimi come fratelli? 

Mi piace sempre pensare ai santi come a figure che ci spronano, ci indicano la via, ci assicurano nel vero senso della parola che il Vangelo non è utopia, che il messaggio evangelico è qualcosa di reale e di realizzabile, che non è ideologia, ma una persona, Gesù Cristo.
E il fascino che Francesco e Chiara suscitano dopo 800 anni resta intatto, ne sono la concreta dimostrazione le migliaia di terziari francescani e giovani francescani, insieme ai frati, alle sorelle clarisse e ai molteplici istituti di suore francescane di vita attiva che continuano a riempire le strade del mondo.
Ne sono la concreta dimostrazione coloro che non si fermano al Francesco ecologista o permettetemi il termine “figlio dei fiori”.
Francesco e Chiara continuano col loro esempio di vita a dire a noi giovani che è bello amare il Signore, che la vita con Lui è piena, che la gioia con Lui è piena, che la realizzazione con Lui è totale. 

Che veramente il Signore parla alla nostra vita nella Parola, nelle persone che incontriamo e nelle cose che ci succedono; e soprattutto che la Sua Parola, è una parola di vita, mai di morte; una parola di libertà, non di paletti e restrizioni. Continuano a dirci che la vita vera e spesa bene è solo nell’amore. Cosa dire di più?

Gli appartenenti alla Gi.Fra., così come all’OFS (il terzo ordine fondato da Francesco), si impegnano a vivere il Vangelo ispirandosi all’esempio di Francesco e Chiara. Secondo la tua esperienza di vita e il tuo cammino nella Gi.Fra., quali difficoltà incontra oggi un ragazzo nel vivere tutto questo quotidianamente, nel lavoro, negli affetti, nelle relazioni, in famiglia?

Domanda complessa, se ne potrebbe parlare veramente a lungo. Le difficoltà ci sono e ce ne sono nella misura in cui il mondo e la società continua ad avvicinarsi all’Io e ad allontanarsi da Dio. Inutile negare che oggi siamo, soprattutto noi giovani, bombardati di tutta una serie di messaggi, impliciti ed espliciti, che rendono la vita del cristiano tutt’altro che banale, una sfida notevole, ma chi nella sua vita fa esperienza di un incontro concreto, quello col Signore, non molla facilmente la presa da quell’incontro e quello che ne consegue.
Almeno secondo la mia esperienza, quell’incontro ti tocca talmente nel profondo e si percepisce in maniera così chiara la bellezza di un cambiamento (conversione), che è impossibile non desiderare di entrare in questa lotta, in questo cammino, di mettersi a camminare. Si cade, e succede spesso.. e allora rialziamoci! E si riparte. L’importante è sapere che c’è una promessa che è una promessa d’eternità, e questo almeno per me, è sufficiente per alzarmi la mattina contento di “camminare”.

Nel Consiglio nazionale della Gi.Ffra. sono stati nominati consiglieri ragazzi e ragazze di varie regioni. Quanto è importante per voi la collaborazione, la correzione fraterna e la preghiera?

Un consiglio, e a maggior ragione un consiglio nazionale, è chiamato ad essere “fraternità nella fraternità” e quindi a costituire e a cercare nel miglior modo possibile, di vivere la vita di tutti giorni come se fossimo una fraternità, ovviamente con i limiti che ci sono di distanze geografiche e di studio e lavoro.
Proprio per questo motivo è fondamentale per la vita di consiglio avere tempo per stare insieme e godere della presenza altrui, fermarsi il più spesso possibile per godere della presenza di Lui insieme a noi (pregare, vivere la vita sacramentale insieme), e come in ogni famiglia, avere la sapienza di darsi del tempo per raccontarsi, quali situazioni la vita ci pone di fronte, nelle famiglie di appartenenza, nelle fraternità dalle quali veniamo, nella vita personale affettiva, lavorativa o di studio. Accanto a questo ovviamente, sempre in virtù dello spirito di famiglia, a volte siamo chiamati a condividere difficoltà personali e a richiamarci all’ordine in modo fraterno e caritatevole, perché inutile negarlo, spesso accade di perdersi (non sarebbe normale se non accadesse mai!).

Essere presidente della Gi.Fra. e svolgere questo compito con spirito di servizio presuppone un’attenzione all’altro e un ascolto, una sensibilità e un incontro personale. A caldo quali sono state le tue impressioni dopo l’elezione? E dopo qualche settimana cosa ne pensi?

A caldo è stato veramente scioccante. Ad essere sincero ricordo veramente poco di quanto successo. Ho solamente un vago eco del mio nome ripetuto un sacco di volte durante lo scrutinio. Nei mesi precedenti avevamo cercato come fraternità sia regionale che nazionale di prepararci a questo momento così importante per la nostra vita fraterna e per il nostro cammino, e qualcuno mi aveva chiesto se fossi disponibile o meno.
In tutta sincerità negli ultimi mesi avevo maturato la convinzione che il mio cammino avrebbe dovuto proseguire cominciando a frequentare il terz’ordine perché comunque il cammino della gioventù francescana, essendo un cammino principalmente di discernimento vocazionale, è una cosa a termine, non può durare per sempre per definizione. Quindi sentivo (come sento tutt’ora in maniera chiara) di aver preso una decisa direzione, sia con la mia ragazza che come cammino personale. Ad ogni modo, c’era la possibilità che la fraternità, ispirata dallo Spirito potesse chiedermi di vivere ancora un tempo di servizio, anche a mo’ di restituzione di quanto ricevuto in questi meravigliosi anni di cammino. Motivi realmente seri per tirarmi indietro non ne avevo, ma non nascondo di aver sperato tanto che il mio nome non uscisse. E poi, è successo. Il Signore riesce sempre a sorprenderci. A qualche settimana di distanza riesco forse a cominciare a realizzare, forse il Signore ha pensato che potessi servire questa fraternità in questo modo, sicuramente il Signore ha pensato che io abbia ancora bisogno di crescere e di maturare, e forse sarà così grazie a questa chiamata. La paura tutt’oggi è notevole, ma cerco di affidarmi, di “gettare in Lui ogni affanno” (Sal. 54, 23), certo che saprà come solo Lui sa, trasformare ogni paura in grazia e benedizione, guidando questo splendido consiglio nelle decisioni da prendere, nel cammino che faremo, per essere strumenti del Suo Amore.


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