mercoledì, febbraio 04, 2015
Un'anticipazione del volume della EMI, curato dall'ex segretario dell'arcivescovo che sarà presto beatificato, con brani inediti: il silenzio «sarebbe complice di coloro che qui calpestano i diritti umani». 

Vatican Insider - «El Salvador è un paese piccolo, sofferente e lavoratore. Qui viviamo grandi contrasti nell’aspetto sociale, emarginazione economica, politica, culturale, eccetera. In una parola: INGIUSTIZIA. La Chiesa non può restare zitta davanti a tanta miseria perché tradirebbe il Vangelo, sarebbe complice di coloro che qui calpestano i diritti umani. È stata questa la causa della persecuzione della Chiesa: la sua fedeltà al Vangelo». Sono parole di Óscar Arnulfo Romero, l'arcivescovo di San Salvador assassinato nel 1980 dagli Squadroni della Morte mentre celebrava messa che presto sarà beatificato: Papa Francesco ne ha riconosciuto oggi il martirio. È un brano della lettera scritta da Romero a S. Wagner il 9 febbraio 1978. Uno stralcio contenuto nel libro «Se mi uccidono, risusciterò nel popolo» Inediti 1977-1980, un volume di lettere inedite che l’Editrice Missionaria Italiana sta per pubblicare e che sarà in libreria dal 24 marzo, (35° anniversario della morte). Una raccolta dalla quale ancora una volta traspare la statura umana, cristiana e sacerdotale di Romero.

«Per molti anni nella Chiesa - scriveva l'arcivescovo martire ad Alfredo T. il 28 ottobre 1977 - siamo stati responsabili del fatto che molte persone vedessero nella Chiesa un’alleata dei potenti in campo economico e politico, contribuendo così a formare questa società d’ingiustizie in cui viviamo... Dio sta parlandoci attraverso gli avvenimenti, le persone. Ci ha parlato attraverso padre Rutilio, padre Navarro (sacerdoti assassinati, ndr), i contadini, ecc. Ci parla attraverso la pace, la speranza che sentiamo anche in mezzo a tanti patimenti».

In un'altra lettera privata del novembre 1977, monsignor Romero parla del «peccato sociale»: «La situazione sociale del Salvador è terribilmente ingiusta. Viviamo nel peccato sociale. La Chiesa sta cercando di far giungere la sua voce a tutti gli ambienti affinché come cristiani ci assumiamo la responsabilità di vincere il peccato e costruire la fraternità in base alla giustizia».

Dalla raccolta emerge con chiarezza come l'arcivescovo ucciso non facesse l'agitatore politico: la sua scelta a fianco dei poveri era evangelica e Romero chiedeva a preti e religiosi di non partecipare a manifestazioni politiche. «Nell’approssimarsi della manifestazione che gruppi studenteschi e sindacati stanno preparando per il prossimo 30 del mese in corso - scrive a padre José C.R. il 27 luglio 1977 - la prego vivamente di astenersi dal parteciparvi. Lei non ignora i molti problemi che la nostra Chiesa deve affrontare in questo momento storico. Non sarebbe né giusto né opportuno aggiungere altri problemi con la partecipazione di sacerdoti a manifestazioni politiche. Ne abbiamo fin troppa e amara esperienza». Ma questo ovviamente non significava in alcun modo indifferenza. «È sempre deprecabile che lavoratori della vigna che dovrebbero essere in prima fila nella pastorale di Medellín e Puebla - scrive Romero nell'agosto 1979 - scelgano una comoda posizione che li lascia indifferenti davanti ai bisognosi di cui parla il Vangelo. Preghiamo per la nostra perseveranza e perché molti tornino alla fedeltà».

Da segnalare infine il brano di una lettera a José Heriberto S. R., datata 16 novembre 1977. «Poiché mi domandi che cosa penso della formazione in una caserma, cercherò di darti la mia opinione attraverso la realtà che ogni giorno vediamo nel nostro Paese.

Certamente in una caserma non ti educano a vivere secondo il piano di Dio.

Tu conosci le azioni di molte persone che si formano in caserma e puoi vedere con chiarezza che non sono comportamenti cristiani. Essere uomo significa avere il coraggio di costruire un mondo di fraternità, di affrontare i problemi che si presentano ogni giorno sia sul piano personale sia su quello sociale; infine, significa svolgere il compito per il quale Dio ci ha messi in questo mondo, ESSERE UOMO è COSTRUIRE e non DISTRUGGERE. Se ti arruolassero e andassi a finire in quel luogo, abbi sempre presenti i tuoi principi cristiani, e difendili con coraggio».

Com'è noto, la causa di Romero è stata per anni frenata. Dopo l'inizio della fase romana del processo, nel 1998 la Congregazione per la dottrina della fede ha preso in esame il caso. Questo è stato l'esito, secondo quanto ha affermato il postulatore della causa, il vescovo Vincenzo Paglia, intervistato da Stefania Falasca su Avvenire: «Il risultato finale dello studio delle testimonianze processuali, dei documenti e delle oltre cinquantamila carte dell'archivio di Romero è che il suo pensiero teologico era "uguale a quello di Paolo VI definito nell'esortazione Evangelii nuntiandi", come rispose egli stesso nel 1978 a chi gli chiedeva se appoggiasse la teologia della liberazione. E che, in sostanza, in un contesto storico caratterizzato da estrema polarizzazione e da cruenta lotta politica, si scambiò per connivenza con l'ideologia marxista la difesa concreta dei poveri, che Romero sosteneva non per vicinanza alle idee socialiste ma per fedeltà alla Tradizione, la quale da sempre riconosce la predilezione dei poveri come scelta stessa di Dio».

Romero, ha spiegato Paglia, di fronte alla repressione del governo militare e all'eversione dei gruppi di guerriglia rivoluzionaria, di fronte ai suoi preti trucidati e torturati, di fronte a un clima di violenza e di persecuzione, ha reagito «da vescovo» e ha chiesto «con forza giustizia alle autorità, il rispetto per i diritti umani» cominciando «a denunciare pubblicamente le atrocità e le ingiustizie» e proteggendo «gli oppressi, il clero e i fedeli perseguitati». Tutto ciò lo ha fatto «proprio in forza degli insegnamenti dei Padri della Chiesa e attraverso il magistero conciliare e pontificio. Pochi mesi prima di morire, quando un giornalista venezuelano gli rifà l'ennesima domanda sulla sua conversione da "prete in talare" a pastore militante sbilanciato in politica, risponde: "La mia unica conversione è a Cristo, e lungo tutta la mia vita"».


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