La campagna lanciata dal presidente Xi Jinping "contro le tigri e le mosche" nel Pcc ha prodotto alcuni risultati, ma secondo gli esperti lo scopo primario era rafforzare la sua autorità personale. Il 27% delle inchieste si è concluso con una punizione, per gli altri solo un avvertimento. I "principini" si sono salvati perché "più fedeli" al leader.
Pechino (AsiaNews) - Dal lancio della campagna nazionale contro la corruzione, avvenuto nel gennaio 2013 per diretta volontà del presidente Xi Jinping, il Partito comunista cinese ha investigato su circa 75mila propri aderenti. Tuttavia, sostengono analisti ed esperti, essa "è vicina alla conclusione" e "non avrà grande impatto, dato che non sono stati toccati i principini". Il termine indica i figli dei maggiorenti del Partito, di cui lo stesso Xi è espressione.
I dati sono stati pubblicati dal Quotidiano del Popolo. Secondo la Commissione centrale per l'ispezione e la disciplina, dal gennaio 2013 alla fine di agosto 2014 sono state aperte 74.333 inchieste per corruzione. Il 27% di queste si è concluso con una punizione, il resto con "avvertimenti". Il Partito conta circa 86 milioni di membri.
La campagna "contro le tigri e le mosche", ovvero contro funzionari di rango elevato e minore, è stata lanciata da Xi Jinping appena questi è divenuto Segretario generale del Pcc. Ad oggi è costata la carriera di 51 funzionari di livello provinciale e ministeriale: i casi più eclatanti sono quelli contro Zhou Yongkang, ex "zar" della sicurezza nazionale e membro della Commissione permanente del Politburo, e contro Xu Caihou, ex vice presidente della potentissima Commissione militare centrale.
Tuttavia gli esperti sottolineano che la "caccia alle tigri" sembra essere finita, dato che nessun "principino" è finito sotto inchiesta. Chen Daoyin, professore associato presso l'università di Scienze politiche e legge di Shanghai, spiega: "Non credo che Xi intenda colpire i principini, perché li ritiene molto più fedeli di quei funzionari che provengono da famiglie popolari". Questo perché "anche Xi è un principino, e la campagna ha già raggiunto i suoi scopi principali: rafforzare l'autorità personale del leader e ottenere il sostegno della popolazione".
Pechino (AsiaNews) - Dal lancio della campagna nazionale contro la corruzione, avvenuto nel gennaio 2013 per diretta volontà del presidente Xi Jinping, il Partito comunista cinese ha investigato su circa 75mila propri aderenti. Tuttavia, sostengono analisti ed esperti, essa "è vicina alla conclusione" e "non avrà grande impatto, dato che non sono stati toccati i principini". Il termine indica i figli dei maggiorenti del Partito, di cui lo stesso Xi è espressione.
I dati sono stati pubblicati dal Quotidiano del Popolo. Secondo la Commissione centrale per l'ispezione e la disciplina, dal gennaio 2013 alla fine di agosto 2014 sono state aperte 74.333 inchieste per corruzione. Il 27% di queste si è concluso con una punizione, il resto con "avvertimenti". Il Partito conta circa 86 milioni di membri.
La campagna "contro le tigri e le mosche", ovvero contro funzionari di rango elevato e minore, è stata lanciata da Xi Jinping appena questi è divenuto Segretario generale del Pcc. Ad oggi è costata la carriera di 51 funzionari di livello provinciale e ministeriale: i casi più eclatanti sono quelli contro Zhou Yongkang, ex "zar" della sicurezza nazionale e membro della Commissione permanente del Politburo, e contro Xu Caihou, ex vice presidente della potentissima Commissione militare centrale.
Tuttavia gli esperti sottolineano che la "caccia alle tigri" sembra essere finita, dato che nessun "principino" è finito sotto inchiesta. Chen Daoyin, professore associato presso l'università di Scienze politiche e legge di Shanghai, spiega: "Non credo che Xi intenda colpire i principini, perché li ritiene molto più fedeli di quei funzionari che provengono da famiglie popolari". Questo perché "anche Xi è un principino, e la campagna ha già raggiunto i suoi scopi principali: rafforzare l'autorità personale del leader e ottenere il sostegno della popolazione".
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