Prevista per oggi, viene posticipata a data da destinarsi per “questioni di forza maggiore”. Secondo fonti governative avverrà “in un futuro molto prossimo”. Per gli esperti è necessario attendere il rientro da un viaggio all’estero del Sultano, la vera forza morale del Paese e primo promotore del Codice penale “islamizzato”.
Bandar Seri Begawan (AsiaNews) - Il Sultanato del Brunei ha rinvicato per "questioni di forza maggiore" l'entrata in vigore della sharia, la legge islamica, prevista in origine per la giornata di oggi. Voluta con forza nei mesi scorsi dal sultano locale, la norma ha registrato la ferma condanna delle Nazioni Unite e sollevato feroci polemiche interne, per il pericolo di una progressiva "islamizzazione" dello Stato. Al momento non vi sono indicazioni circa una nuova data entro la quale verrà introdotta; tuttavia, fonti governative riferiscono che accadrà "in un futuro molto prossimo". Esperti spiegano che è necessario attendere il rientro da un viaggio all'estero del sultano - al momento a Singapore - considerato la vera forza "morale" e l'unica personalità preposta a dichiararela piena entrata in vigore della controversa legge. Resta confermata, invece, la "cerimonia inaugurale" fissata per il 30 aprile prossimo, con il lancio del nuovo Codice penale.
Nei mesi scorsi il sultano Hassanal Bolkiah (nella foto) ha introdotto la legge islamica (sharia), che si applica ai musulmani e prevede la condanne a morte per lapidazione agli adulteri, amputazione degli arti ai ladri, fustigazioni per altri reati quali aborto e consumo di alcol, pena di morte per blasfemia. Il 67enne sultano ha dichiarato che "con l'entrata in vigore della legge", il "nostro dovere verso Allah" sarà "adempiuto". Da secoli la famiglia detiene il potere nel piccolo regno di 400mila persone e ricchissimo di petrolio; in carica dal 1967, quando aveva 21 anni, dal 1996 egli preme per l'introduzione della legge islamica - e delle relative punizioni - nello Stato.
Anche la leadership cattolica locale ha commentato di recente l'introduzione della sharia, parlando di "sfida e occasione" per la comunità. Mons. Cornelius Sim, vicario apostolico nel Sultanato, ha sottolineato che, a fronte di una progressiva "islamizzazione" registrata negli ultimi due decenni, la Chiesa deve mostrarsi "creativa" per rispondere in modo efficace "alle sfide del tempo presente". Le pressioni esercitate dal potere politico sono sottili ma costanti, mentre la stampa locale - dietro pressioni dell'establishment - non perde occasione per parlare di conversioni dal cristianesimo all'islam. Il prelato è "sereno", sebbene non si possa escludere che cristiani e minoranze diventino "cittadini di seconda classe".
Il Sultanato del Brunei è un piccolo Stato sull'isola del Borneo, che condivide con altre due nazioni di dimensioni ben più grandi: Indonesia e Malaysia. È un Paese sviluppato e fra i più ricchi al mondo. La lingua ufficiale è il malay, ma sono di uso comune anche l'inglese e il cinese assai diffusi nella popolazione. Quasi il 70% degli abitanti di questa monarchia assoluta è di religione musulmana e di etnia Malay, il 13% buddisti di origine soprattutto cinese, seguiti da popolazione indigena e altri gruppi minori; il 10% dice di non professare alcuna religione, poco più del 12% i buddisti, mentre i cristiani - metà dei quali cattolici di cui il 70% migranti filippini, il 20% indonesiani e il rimanente popolazione indigena - sono circa il 10% del totale.
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