mercoledì, febbraio 05, 2014
Nuova Delhi continua a rinviare tra dubbia indecisione e molta confusione. E’ infatti di poche ore fa la notizia che il Ministero di giustizia è favorevole che non sia invocata la pena capitale per Girone e Latorre, ma chiede comunque che sia applicata il Sua Act che la prevede. 

di Simona Santullo 

Sono passati due anni da quando Massimiliano Latorre e Salvatore Girone sono trattenuti in India senza che quest’assurda vicenda possa giungere a una conclusione definitiva e soprattutto positiva. La storia la conosciamo tutti: Massimiliano Latorre e Salvatore Girone sono due militari italiani del Battaglione San Marco che il 15 febbraio 2012 si trovavano a bordo della petroliera italiana Enrica Lexie con il compito di proteggerla da eventuali attacchi dei pirati, possibilità non improbabile, specialmente nel tratto di mare compreso tra il Corno d’Africa e la Malesia.

Quel giorno nelle acque del mare arabico, al largo della costa dello stato indiano del Kerala, accadde un incidente che li coinvolse in prima persona e dove rimasero uccisi due pescatori. Subito fu aperta un’indagine e i nostri due militari furono immediatamente accusati di omicidio volontario. Secondo una prima ricostruzione dei fatti i due militari italiani avrebbero sparato, certi di trovarsi di fronte ad una nave di pirati. Secondo le indagini, si stabilì che l’incidente avvenne in acque internazionali, quindi fuori dalla giurisdizione indiana, ma nonostante questo particolare, il capitano della nave cisterna Enrica Lexie, eseguì gli ordini delle autorità indiane consegnando i due marinai alla polizia locale. Quello stesso giorno i due fucilieri furono arrestati dalle autorità dello Stato del Kerala, colpevoli di aver fatto il loro lavoro e di averlo fatto da militari.

Vale la pena ricordare che i due fucilieri della Marina Militare Italiana stavano svolgendo un incarico di tipo difensivo nell’ambito di una missione internazionale contro la pirateria attenendosi alle risoluzioni adottate dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, a raccomandazioni IMO e alla legge italiana. L’incarico ufficiale che stavano svolgendo è disciplinato dall’art. 5 della legge 2 agosto 2011 n. 130. Questa legge in buona sostanza consente di imbarcare sulle navi mercantili italiane e a spese dell’armatore, i Nuclei Militari di Protezione della Marina, riconoscendogli le funzioni di ufficiali e di agenti di polizia giudiziaria. Latorre e Girone quindi stavano svolgendo una funzione pubblica, godendo dell’immunità funzionale, in virtù della quale le responsabilità delle azioni svolte ricadono sullo Stato.

Il 18 maggio 2012 dopo mesi passati in un centro di detenzione, la polizia locale formalizzò i capi d’accusa nei confronti dei fucilieri quali: omicidio di primo grado, tentato omicidio e danneggiamento, giudicando inoltre, gli atti di Latorre e Girone come fatti di terrorismo internazionale.

Sono passati due anni dall’accaduto e i due fucilieri italiani sono ancora trattenuti in India in attesa di un processo che sarà svolto da un tribunale speciale, presieduto dal magistrato capo della Corte Metropolitana di New Delhi, e la cui prima udienza si sarebbe dovuta svolgere il tre febbraio, ma purtroppo è stata rinviata al prossimo 10 febbraio.

La Corte Suprema di Nuova Delhi si riunirà a questo punto il 10 febbraio e i giudici dovranno pronunciarsi circa la petizione italiana che chiede alle autorità indiane di formulare i capi d’accusa per i fucilieri italiani senza l’uso del Sua Act, che è l’attuazione indiana di una convenzione internazionale che fu adottata nella lotta al terrorismo e che prevede la pena di morte. Il Sua Act non prevede sfumature; o l’imputato ottiene la piena assoluzione, o viene condannato a morte.

È evidente che i nostri militari non sono terroristi. Non dovrebbe quindi essere né facile né possibile che possano essere condannati alla pena di morte. Per questo motivo, il governo italiano, congiuntamente al governo di New Delhi ha giustamente chiesto al Ministero della giustizia indiano di rivedere il suo parere circa l’applicabilità della legge stessa al caso specifico, e fortunatamente secondo le ultime indiscrezioni, il processo contro i due militari italiani non dovrebbe essere istruito in base alla legge che prevede la sentenza capitale. L’udienza del tre febbraio, seppur breve, si è svolta alla presenza del sottosegretario degli esteri Steffan De Mistura, il quale ha chiesto che di fronte all’incertezza della pubblica accusa, i marò siano autorizzati a rientrare in Italia. Questa richiesta - ha assicurato De Mistura - sarà ripetuta con fermezza anche il dieci febbraio, a prescindere dall’esito dell’udienza.

Con buone probabilità la situazione potrebbe essere arrivata a un punto di svolta, e l’Italia, forte anche del sostegno dell’Unione Europea, ha assunto un atteggiamento più risoluto e sicuro rispetto ai mesi scorsi.

Il prossimo 10 febbraio Girone e Latorre si troveranno nuovamente di fronte ad un tribunale per “avere” una soluzione a questa vicenda che ha davvero dell’incredibile. Noi ci auguriamo che sia una soluzione positiva e che Massimiliano Latorre e Salvatore Girone possano finalmente far ritorno in Italia, perché questa vicenda sta davvero diventando massacrante per loro, che da due anni sono illegalmente detenuti in India, in piena violazione del diritto internazionale.

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