lunedì, novembre 25, 2013
Femminicidio: la prima causa di morte delle donne in Europa e nel mondo

di Simona Santullo

Purtroppo questa è la triste realtà: il femminicidio è una piaga nel mondo di oggi. E il più delle volte la violenza si consuma in famiglia, per mano di parenti, amici, mariti, fidanzati, compagni, ex, conoscenti... Nella maggior parte dei casi, si cerca di giustificare il gesto facendo leva sul movente passionale, sulla situazione di disagio, sul fatto che esso avviene in zone critiche del pianeta. Femminicidio è ormai un termine politico, un termine che ci costringe a porre l’attenzione non sul “carnefice” e sui suoi problemi ma sulla vittima, la donna. Con questo termine si include in un'unica sfera ogni pratica sociale violenta, fisicamente e psicologicamente, che attenta all’integrità, allo sviluppo psicologico, alla libertà o alla vita della donna, con il fine ultimo di annientarne l’identità stessa, fino ad ottenere la sua totale sottomissione, o, nei casi peggiori, fino alla sua morte.

Purtroppo, spesso questo tipo di violenza non è imputabile ad un “mostro” della strada, come spesso i media vogliono farci credere. È un fenomeno che interessa tutte le classi sociali e spesso sta dentro al nucleo principale della comunità, la famiglia, ed è proprio per il suo “essere familiare” che spesso passa inosservata. L’uomo che arriva a compiere una violenza considera la donna come un “soggetto violabile” e quindi come oggetto di dominio. E’ in nome di tali concezioni “patriarcali” che nella maggior parte del mondo si compiono femminicidi, e quanto più il maschilismo è socialmente condiviso tanto più la violenza è diffusa, e purtroppo in questi contesti lo Stato è complice a sua volta delle violenze, attraverso legislazioni fortemente discriminanti che rispecchiano e legittimano il credo sociale.

Quando è lo Stato stesso a porre in essere norme discriminatorie nei confronti delle donne, è lecito parlare di “violenza di Stato” e quando queste norme hanno come conseguenza l’eliminazione sistematica dei feti femminili, tanto da capovolgere i rapporti di proporzione uomo/donna attestati a livello mondiale, è lecito parlare di genocidio di Stato. Purtroppo sì, in una società evoluta come la nostra, in alcune parti del mondo succede ancora questo; mi riferisco a paesi come la Cina, dove ogni anno spariscono almeno due milioni di bambine, condannate dalla loro femminilità. Queste sparizioni sono le dirette conseguenze di una legge varata nel 1979 che proibisce ai cinesi di avere più di un figlio in famiglia.

Ma la violenza di Stato è un fenomeno che riguarda anche l’Etiopia, la cui legislazione prevede per i delitti come il rapimento e lo stupro la totale assoluzione del criminale qualora questi sia disposto a sposare la vittima. Il risultato ovviamente è che stupri e rapimenti in alcune regioni sono all’ordine del giorno, poiché la famiglia della ragazza stuprata è sempre acconsenziente al suo matrimonio con lo stupratore, che non solo le ha “rubato” quindi la sua verginità ma anche il diritto a “nozze vere”.

Ma di violenza di Stato è lecito parlare anche negli Stati Uniti, o per lo meno nella maggior parte degli Stati Federali dove lo stupro coniugale non è considerato un crimine, tanto che uscire da un’unione violenta e non più desiderata dalla donna diventa un’impresa impossibile; e per continuare, possiamo menzionare paesi come il Pakistan, l’Afghanistan, l’Arabia Saudita o il Sud Africa…. Nei casi sopra descritti, purtroppo, lo Stato non è solo responsabile per la mancata tutela fornita alle donne, ma addirittura esso stesso ha violato il diritto fondamentale alla vita e il diritto sulla sicurezza delle sue cittadine, ponendo in essere norme altamente discriminatorie che ne segnano la schiavitù e la persecuzione che in alcuni casi arrivano fino alla morte; e questo perché la donna non viene considerata, e di conseguenza non viene tutelata dallo Stato, come portatrice di diritti inviolabili, ma viene considerata solo in nome della funzione sociale che riveste, o che dalla società le è assegnata per sua natura, quella di madre e di moglie.

Non voglio andare oltre, mi fermo qui, ma ancora una volta invito tutti noi a una profonda riflessione: vogliamo vivere in un mondo più giusto, più moderno? Tutto questo non ha nulla di giusto e di moderno, ma purtroppo nessuno dice nulla… Fermiamoci, però solo un minuto a pensare, almeno questo è dovuto.


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