«Mai più violenza, mai più guerra, mai più terrorismo. In nome di Dio ogni religione porti sulla terra giustizia e pace» questo l'appello dei leader religiosi che si sono ritrovati nella città di san Francesco per continuare la tradizione inaugurata da Giovanni Paolo II.
Città Nuova - Sono trascorsi ventisette anni da quel 27 settembre 1986 quando, sulle colline della serafica civitas, come tiene a definirla il primo cittadino di Assisi, Claudio Ricci, era salito Giovanni Paolo II con leader di diverse religioni. Si era trattato di un caleidoscopio irripetibile, sia per la sorprendente novità, sia per la profezia che quell’iniziativa conteneva. Era l’inizio di quello Spirito di Assisi che continua a soffiare da più di un quarto di secolo. Lo ha fatto ancora con Giovanni Paolo II in occasione di momenti di preghiera per la guerra nei Balcani (1993), ma anche dopo l’assalto alle Torri Gemelle (2002), fino alla celebrazione del venticinquesimo, solennizzata dalla presenza di Benedetto XVI e dall’apertura non solo alla varietà dei modi di credere, ma anche a quella di coloro che dichiarano di non poter credere in una religione o in un Dio.
Lo Spirito di Assisi ha continuato a soffiare anche altrove, grazie alla Comunità di sant’Egidio, che lo ha portato in giro per l’Europa e non solo (anche Washington è stata raggiunta). Quest’anno, dopo la celebrazione svoltasi a Roma a fine settembre, grazie proprio alla Comunità di sant’Egidio, Domenico Sorrentino, vescovo di Assisi, ha tenuto a realizzare una celebrazione di pace, che comunicasse al mondo che quell’evento della gelida giornata del 27 ottobre 1986 non è dimenticato neppure sulle colline umbre.
Nello scorso weekend sono convenuti nella città del poverello, rappresentanti di Gerusalemme: il patriarca latino Fouad Twal e il rabbino David Rosen. Un terzo rappresentate, di fede musulmana, Mohamed Sammak, non è riuscito ad arrivare in Italia per un imprevisto. «L'evento voluto per la prima volta nel lontano 1986 da Giovanni Paolo II e portato avanti da Benedetto XVI – dichiarava una nota diffusa dalla sala stampa del sacro convento di Assisi –, è diventato una commemorazione annuale che prende sostanza attraverso precisi gesti che aiutano concretamente il cammino di pace nel mondo». L’incontro di quest’anno, continua ancora la nota, si è incentrato «su quanto sta accadendo in Medio Oriente e sulle possibili vie di dialogo e riflessione».
Due i momenti previsti dal programma: una veglia di preghiera e musica corale religiosa nella serata di sabato e un incontro sulla piazza inferiore della Basilica di San Francesco nella tarda mattinata di domenica. Nel corso del primo momento, all’interno della cattedrale di san Rufino, sono stati letti brani tratti dal discorso di Giovanni Paolo II (1986), in cui si insiste sulla necessità di «essere veri promotori di pace offrendo testimonianza con preghiera e azione concreta». È stato anche riproposto il testo che papa Francesco ha recentemente indirizzato ai capi religiosi presenti a Roma per il convegno "Uomini e religioni" della Comunità di sant’Egidio, dove Bergoglio sottolinea la necessità di un dialogo coraggioso e tenace e di leader religiosi che siano aperti ad essere uomini e donne di dialogo.
La mattina della domenica, dopo un breve pellegrinaggio, ha visto il sindaco, il vescovo di Assisi e gli ospiti rivolgersi ai presenti sulla piazza inferiore davanti al sacro convento. Pur lontano dall’intensità e solennità nonché dalla partecipazione dei precedenti momenti vissuti con i pontefici, l’evento ha dato una testimonianza della continuità dello Spirito di Assisi ed ha sensibilizzato i presenti alla complessa e dolorosa situazione del Medio Oriente.
I leader si sono fatti portavoci di un impegno al dialogo e alla pace. «Noi ci impegniamo a dialogare con sincerità e pazienza – ha affermato il rappresentante musulmano –, non considerando quanto ci differenzia come un muro invalicabile, ma, al contrario, riconoscendo che il confronto con l’altrui diversità può diventare occasione di migliore comprensione reciproca».
«Noi – ha continuato il rabbino David Rosen – ci impegniamo a promuovere la cultura del dialogo, perché crescano la comprensione e la fiducia reciproca fra gli individui e i popoli, essendo queste le premesse dell’autentica pace».
«Raccolti qui, ad Assisi – ha concluso mons. Fouad Twal –, abbiamo insieme riflettuto sulla pace, dono di Dio e bene comune dell’intera umanità, pur appartenendo a tradizioni religiose diverse, affermiamo che per costruire la pace è necessario amare il prossimo rispettando la regola d’oro: "Fa’ agli altri ciò che vorresti fosse fatto a te". Con questa convinzione, non ci stancheremo di lavorare nel grande cantiere della pace».
«Mai più violenza, mai più guerra, mai più terrorismo. In nome di Dio ogni religione porti sulla terra giustizia e pace». Con queste parole pronunciata dai tre leader religiosi si è concluso un momento importante, una testimonianza per le migliaia di pellegrini che affollavano la piazza superiore e quella inferiore della basilica di Francesco. Senza dubbio, l’evento, nella sua sobria semplicità, ha rinnovato, ancora una volta, l’impegno comune per il dialogo, per il confronto, per la comprensione reciproca.
Città Nuova - Sono trascorsi ventisette anni da quel 27 settembre 1986 quando, sulle colline della serafica civitas, come tiene a definirla il primo cittadino di Assisi, Claudio Ricci, era salito Giovanni Paolo II con leader di diverse religioni. Si era trattato di un caleidoscopio irripetibile, sia per la sorprendente novità, sia per la profezia che quell’iniziativa conteneva. Era l’inizio di quello Spirito di Assisi che continua a soffiare da più di un quarto di secolo. Lo ha fatto ancora con Giovanni Paolo II in occasione di momenti di preghiera per la guerra nei Balcani (1993), ma anche dopo l’assalto alle Torri Gemelle (2002), fino alla celebrazione del venticinquesimo, solennizzata dalla presenza di Benedetto XVI e dall’apertura non solo alla varietà dei modi di credere, ma anche a quella di coloro che dichiarano di non poter credere in una religione o in un Dio.
Lo Spirito di Assisi ha continuato a soffiare anche altrove, grazie alla Comunità di sant’Egidio, che lo ha portato in giro per l’Europa e non solo (anche Washington è stata raggiunta). Quest’anno, dopo la celebrazione svoltasi a Roma a fine settembre, grazie proprio alla Comunità di sant’Egidio, Domenico Sorrentino, vescovo di Assisi, ha tenuto a realizzare una celebrazione di pace, che comunicasse al mondo che quell’evento della gelida giornata del 27 ottobre 1986 non è dimenticato neppure sulle colline umbre.
Nello scorso weekend sono convenuti nella città del poverello, rappresentanti di Gerusalemme: il patriarca latino Fouad Twal e il rabbino David Rosen. Un terzo rappresentate, di fede musulmana, Mohamed Sammak, non è riuscito ad arrivare in Italia per un imprevisto. «L'evento voluto per la prima volta nel lontano 1986 da Giovanni Paolo II e portato avanti da Benedetto XVI – dichiarava una nota diffusa dalla sala stampa del sacro convento di Assisi –, è diventato una commemorazione annuale che prende sostanza attraverso precisi gesti che aiutano concretamente il cammino di pace nel mondo». L’incontro di quest’anno, continua ancora la nota, si è incentrato «su quanto sta accadendo in Medio Oriente e sulle possibili vie di dialogo e riflessione».
Due i momenti previsti dal programma: una veglia di preghiera e musica corale religiosa nella serata di sabato e un incontro sulla piazza inferiore della Basilica di San Francesco nella tarda mattinata di domenica. Nel corso del primo momento, all’interno della cattedrale di san Rufino, sono stati letti brani tratti dal discorso di Giovanni Paolo II (1986), in cui si insiste sulla necessità di «essere veri promotori di pace offrendo testimonianza con preghiera e azione concreta». È stato anche riproposto il testo che papa Francesco ha recentemente indirizzato ai capi religiosi presenti a Roma per il convegno "Uomini e religioni" della Comunità di sant’Egidio, dove Bergoglio sottolinea la necessità di un dialogo coraggioso e tenace e di leader religiosi che siano aperti ad essere uomini e donne di dialogo.
La mattina della domenica, dopo un breve pellegrinaggio, ha visto il sindaco, il vescovo di Assisi e gli ospiti rivolgersi ai presenti sulla piazza inferiore davanti al sacro convento. Pur lontano dall’intensità e solennità nonché dalla partecipazione dei precedenti momenti vissuti con i pontefici, l’evento ha dato una testimonianza della continuità dello Spirito di Assisi ed ha sensibilizzato i presenti alla complessa e dolorosa situazione del Medio Oriente.
I leader si sono fatti portavoci di un impegno al dialogo e alla pace. «Noi ci impegniamo a dialogare con sincerità e pazienza – ha affermato il rappresentante musulmano –, non considerando quanto ci differenzia come un muro invalicabile, ma, al contrario, riconoscendo che il confronto con l’altrui diversità può diventare occasione di migliore comprensione reciproca».
«Noi – ha continuato il rabbino David Rosen – ci impegniamo a promuovere la cultura del dialogo, perché crescano la comprensione e la fiducia reciproca fra gli individui e i popoli, essendo queste le premesse dell’autentica pace».
«Raccolti qui, ad Assisi – ha concluso mons. Fouad Twal –, abbiamo insieme riflettuto sulla pace, dono di Dio e bene comune dell’intera umanità, pur appartenendo a tradizioni religiose diverse, affermiamo che per costruire la pace è necessario amare il prossimo rispettando la regola d’oro: "Fa’ agli altri ciò che vorresti fosse fatto a te". Con questa convinzione, non ci stancheremo di lavorare nel grande cantiere della pace».
«Mai più violenza, mai più guerra, mai più terrorismo. In nome di Dio ogni religione porti sulla terra giustizia e pace». Con queste parole pronunciata dai tre leader religiosi si è concluso un momento importante, una testimonianza per le migliaia di pellegrini che affollavano la piazza superiore e quella inferiore della basilica di Francesco. Senza dubbio, l’evento, nella sua sobria semplicità, ha rinnovato, ancora una volta, l’impegno comune per il dialogo, per il confronto, per la comprensione reciproca.
di Roberto Catalano
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