Il Pakistan sta preparando la documentazione per sollevare in ambito Onu la questione dell'azione non autorizzata dei droni Usa nei territori tribali pachistani. Lo ha reso noto oggi il portavoce del ministero degli Esteri, Chaudhry, dopo aver ricordato che i raid dei velivoli senza pilota operati dalla Cia "violano la sovranità del Pakistan". Da tempo la questione è al centro in Pakistan di manifestazioni popolari o accuse forti da parte delle autorità contro Washington.
Radio Vaticana - A questo proposito, Fausta Speranza ha intervistato Nico Perrone, docente di Storia americana all’Università di Bari:
R. - Dal punto di vista internazionale sono legali, certamente, però una piccola osservazione va fatta: il diritto internazionale è rimasto un pochino indietro rispetto a tutte le diavolerie che oggi sono state inventate, sono possibili e sono utilizzabili. Il diritto internazionale riflette una situazione di osservazione, di comunicazione di tempi ormai passati.
D. - Che cosa può significare per gli Stati Uniti essere portati all’Onu per la questione droni?
R. - Non significa granché, perché poi all’Onu si giudica sulla base di maggioranze e di minoranze; i membri permanenti hanno comunque sempre un peso e gli Stati Uniti sono un membro permanente… Quindi non credo che abbia poi un effetto. Diciamo che è una occasione di discussione, ma che ne possa poi venire un deterrente, fosse pure morale, per gli Stati Uniti, io non credo.
D. - Sempre poi sottolineando e ricordandoci che quando si parla di armi e di armamenti di umano non c’è nulla, in realtà!
R. - Certamente! Quando si parla di armi, non c’è nulla, nulla, nulla di umano! L’umano sta uscendo dalla sensibilità delle persone e dalle sensibilità delle relazioni internazionali. E’ uscito da tanto tempo! E’ un degrado certamente di diplomazie, è un degrado politico, è un degrado morale.
D. - Come affrontare questa questione, in questo momento?
R. - L’unica cosa che si può fare è parlarne; è far conoscere queste realtà nuove, far conoscere i pericoli di queste realtà, perché pericoli ce ne sono; e cercare quindi di sensibilizzare le coscienze. Credo che siano gli unici strumenti che ci sono rimasti. Proviamo per questa strada!
D. - Professore, senza addentrarci nei tecnicismi, facciamo invece un discorso politico. Gli Stati Uniti usano i droni in Pakistan in questo momento storico in particolare. Contestualizziamo l’intervento in Pakistan?
R. - Col Pakistan siamo in una delle terre di confine, nelle quali gli Stati Uniti hanno una influenza, cercano di averne di più, in parte la perdono. Quindi è chiaro che lì giocano le loro carte con una maggiore libertà che altrove ma anche con maggior timore che altrove: perché lì, soprattutto in quelle aree, sta cambiando il mondo, stanno cambiando molte cose.
D. - I droni in Pakistan rappresentano anche un’estrema azione quando la situazione si è incagliata: gli Stati Uniti in Pakistan, in fondo, si sono incagliati...
R. - Certamente, si sono incagliati lì e si sono incagliati in tante parti. Anche nelle grandi questioni della politica internazionale, nei rapporti su questioni decisive: con la Russia sono più che incagliati… Devo dire che in questa situazione l’unico fatto positivo è, forse, emerso dalla necessità, che anche gli Stati Uniti debbono avvertire, di dover negoziare, di dover negoziare su tutto e forse dover negoziare anche su questa faccenda dei droni. Portare la questione all’attenzione è aprire una strada per indurli a negoziare, per indurli a capire che devono negoziare anche su questo.
R. - Dal punto di vista internazionale sono legali, certamente, però una piccola osservazione va fatta: il diritto internazionale è rimasto un pochino indietro rispetto a tutte le diavolerie che oggi sono state inventate, sono possibili e sono utilizzabili. Il diritto internazionale riflette una situazione di osservazione, di comunicazione di tempi ormai passati.
D. - Che cosa può significare per gli Stati Uniti essere portati all’Onu per la questione droni?
R. - Non significa granché, perché poi all’Onu si giudica sulla base di maggioranze e di minoranze; i membri permanenti hanno comunque sempre un peso e gli Stati Uniti sono un membro permanente… Quindi non credo che abbia poi un effetto. Diciamo che è una occasione di discussione, ma che ne possa poi venire un deterrente, fosse pure morale, per gli Stati Uniti, io non credo.
D. - Sempre poi sottolineando e ricordandoci che quando si parla di armi e di armamenti di umano non c’è nulla, in realtà!
R. - Certamente! Quando si parla di armi, non c’è nulla, nulla, nulla di umano! L’umano sta uscendo dalla sensibilità delle persone e dalle sensibilità delle relazioni internazionali. E’ uscito da tanto tempo! E’ un degrado certamente di diplomazie, è un degrado politico, è un degrado morale.
D. - Come affrontare questa questione, in questo momento?
R. - L’unica cosa che si può fare è parlarne; è far conoscere queste realtà nuove, far conoscere i pericoli di queste realtà, perché pericoli ce ne sono; e cercare quindi di sensibilizzare le coscienze. Credo che siano gli unici strumenti che ci sono rimasti. Proviamo per questa strada!
D. - Professore, senza addentrarci nei tecnicismi, facciamo invece un discorso politico. Gli Stati Uniti usano i droni in Pakistan in questo momento storico in particolare. Contestualizziamo l’intervento in Pakistan?
R. - Col Pakistan siamo in una delle terre di confine, nelle quali gli Stati Uniti hanno una influenza, cercano di averne di più, in parte la perdono. Quindi è chiaro che lì giocano le loro carte con una maggiore libertà che altrove ma anche con maggior timore che altrove: perché lì, soprattutto in quelle aree, sta cambiando il mondo, stanno cambiando molte cose.
D. - I droni in Pakistan rappresentano anche un’estrema azione quando la situazione si è incagliata: gli Stati Uniti in Pakistan, in fondo, si sono incagliati...
R. - Certamente, si sono incagliati lì e si sono incagliati in tante parti. Anche nelle grandi questioni della politica internazionale, nei rapporti su questioni decisive: con la Russia sono più che incagliati… Devo dire che in questa situazione l’unico fatto positivo è, forse, emerso dalla necessità, che anche gli Stati Uniti debbono avvertire, di dover negoziare, di dover negoziare su tutto e forse dover negoziare anche su questa faccenda dei droni. Portare la questione all’attenzione è aprire una strada per indurli a negoziare, per indurli a capire che devono negoziare anche su questo.
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