mercoledì, settembre 11, 2013
A 22 anni dalla morte di uno dei più grandi filosofi cattolici del novecento, ricordiamo il suo pensiero innovativo sul fondamentale concetto di uomo-persona e sulla ricerca della Verità, riflettendo sul libro di Claudia Caneva (Armando editore)

di Carlo Mafera

Pareyson è stato uno dei più rappresentativi filosofi dell’esistenzialismo e ha dato un’impronta cristiana a questa corrente filosofica. Senza quest’orientamento tale filosofia non avrebbe avuto lo sviluppo nel senso personalistico, e cioè nel passaggio della concezione dell’uomo da individuo a persona. I temi irrisolti delle precedenti filosofie inchiodate a rigidi razionalismi non potevano rispondere alle domande più autentiche che l’uomo contemporaneo si poneva dopo le devastanti e apocalittiche guerre mondiali. Le risposte che la società richiedeva erano adesso sul versante esistenziale e certo non potevano bastare quelle di Hegel con il suo razionalismo metafisico, che prevedeva ideologicamente una sola verità omnicomprensiva, e nemmeno quelle di Heidegger, che invece non approdava a nessuna verità lasciando nell’incertezza e nell’angoscia. L’esistenzialismo arrivava con Pareyson a dare delle risposte ai quesiti sulla fine o sulla rinascita del cristianesimo, sulla già menzionata ricerca della verità e infine sull’inseparabilità di essere e libertà.

Il problema della ricerca della verità è quello che coinvolge maggiormente Pareyson, e Claudia Caneva lo evidenzia nel suo terzo capitolo. Per non cadere nel relativismo per cui ogni epoca ha la sua filosofia, il cui valore si esaurisce nell'aderenza al proprio tempo, egli distingue tra "pensiero rivelativo" e "pensiero espressivo": il primo contraddistingue, pur all'interno di una prospettiva storica e personale, chi è alla ricerca della verità e della sua rivelazione; l'ideologia assume invece una destinazione puramente pragmatica e strumentale, limitandosi ad esprimere la verità del tempo. La scelta tra la verità e "l'oblio dell'essere" è affidata alla libertà dell'uomo. Per raggiungere la verità Pareyson si serve di un percorso particolare, e cioè quello dell’interpretazione. Nel suo libro “Verità e interpretazione” egli indica in questa via quella privilegiata per approdare alla verità, che in questo modo diventa possibile.

Per Pareyson la verità esiste, ed è unica, atemporale e impersonale. Le sue formulazioni invece sono molteplici, storiche e personali. Ciò avviene in quanto la verità si dà all'uomo unicamente attraverso un processo di interpretazione. Per il filosofo tutta la conoscenza umana ha un carattere interpretativo e l’interpretazione è “un tipo di conoscenza squisitamente attivo e personale”. Egli asserisce che il concetto di interpretazione deriva “dall’applicazione alla conoscenza di due principi fondamentali per la filosofia dell’uomo: anzitutto il principio per cui ogni operare umano è sempre insieme recettività ed attività, e in secondo luogo il principio per cui ogni operare umano è sempre personale”. Il che induce Pareyson a riprendere ed approfondire alcuni concetti della sua teoria della persona e ad affermare che “come totalità la persona è opera, e come sviluppo la persona è operare, attività che culmina in opere”. Nell’operare umano vi è un nesso di recettività e attività e lo stesso nesso è presente anche nella conoscenza dell’uomo, infatti nell’interpretazione l’oggetto non deve imporsi al soggetto e il soggetto sovrapporsi all’oggetto. L’operare umano è inoltre sempre personale e, in quanto tale, tende a realizzarsi in forme, (e da qui la teoria della formatività) manifestando nello stesso tempo la persona che opera. Questi caratteri si applicano anche alla conoscenza, che è espressione e manifestazione (epifania afferma l’autrice) della persona ed è rivolta verso forme: e tutto ciò è precisamente interpretazione. Se non fosse così, vi sarebbe un'unica conoscenza oggettiva, definitiva, in cui tutti si troverebbero d’accordo, come affermerebbe Hegel. L’interpretazione, invece, si esprime in un’infinità qualitativa e quantitativa, che le deriva dai caratteri del soggetto, la persona, e dell’oggetto, la forma dell’interpretazione stessa. Persona e forma sono definite in una determinatezza unica e irripetibile, ma in quanto tali, sono inesauribili nei loro possibili aspetti e sviluppi. E in tutto questo cosa centra la bellezza? Claudia Caneva afferma che “la bellezza si offre al culmine di quel processo interpretativo di cui la verità è origine e sorgente, ma proprio perché legata ad un processo cognitivo possiamo dire che la bellezza senza verità non può essere che parvenza di bellezza e che una verità senza bellezza è una verità relativa, legata alla conoscenza temporale e finita”.


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