E’ stato presentato in questi giorni a Napoli dalla Conferenza episcopale campana il documento “Evangelizzare la pietà popolare. Norme per le feste popolari”.
Radio Vaticana - Si tratta di indicazioni che i vescovi hanno voluto dare ai fedeli perché le feste religiose non abbiano infiltrazioni malavitose. Tiziana Campisi ha chiesto al cardinale Crescenzio Sepe, arcivescovo di Napoli e presidente della Conferenza episcopale regionale, di illustrare queste norme: ascolta
R. – Tutti i vescovi hanno sentito la necessità di dare orientamenti molto chiari e molto precisi. Innanzitutto distinguendo la festa patronale, del protettore o della protettrice di una parrocchia o di una diocesi; altra cosa sono invece le cosiddette sagre, queste feste popolari che non hanno niente di sacro. Abbiamo non solo la sensazione, ma quasi la certezza che anche nelle feste di pietà popolare possa entrare o sia entrata la Camorra. E allora, per evitare che queste feste ecclesiastiche siano manovrate oppure ci siano infiltrazioni di questa cattiva erba, allora abbiamo voluto chiarezza, sicurezza, normativa soprattutto in relazione all’espressione della fede che è propria del nostro popolo. Abbiamo avuto diversi episodi in cui era chiaro che c’era stata una manomissione da parte di queste organizzazioni malavitose che o perché chiedevano dei privilegi oppure perché chiedevano il pizzo o per altre ragioni, queste tentavano in qualche maniera di condizionare la religiosità vera, profonda del popolo cristiano. Si vogliono evitare tutte quelle manifestazioni non sempre attinenti alla pietà popolare, incominciando – ad esempio – dai fuochi d’artificio e da altro … Insomma, tante cose che sì, vanno anche tenute in considerazione, ma che non devono essere preminenti rispetto – appunto – alla pietà vera e propria del popolo di Dio.
D. – Come spiegare i casi di persone che vivono in situazioni gravemente lesive della giustizia e dei doveri familiari, e assai "zelanti" invece nel partecipare a manifestazioni di pietà popolare?
R. – Alle volte, anche la Camorra si presenta con caratteristiche religiose. Loro, con questa parvenza di religiosità che è la negazione della religiosità rispetto alla vita che conducono, cercano in qualche maniera di giustificare di fronte alla gente, di fronte al popolo che anche quella sia religiosità. Noi, invece, diciamo che ci dev’essere coerenza di vita di chi vuole essere promotore, quindi partecipe, collaboratore di questa pietà popolare, rispetto alla vita di chi invece non testimonia questa pietà popolare.
D. – Voi parlate di purificare il culto popolare, spesso decaduto a sagra mondana e a fatto di folklore; purificarlo dalle incrostazioni superstiziose che si sono sovrapposte: qual è allora la realtà campana della pietà popolare, oggi?
R. – Esiste un radicamento profondo nella nostra gente di questa pietà che è espressione veramente tipica della fede della nostra gente. Queste feste sono occasione perché la gente possa esprimere al Santo, alla Madonna, a Cristo, la propria fede. Il pericolo delle incrostazioni è quando si cerca di paganizzare o rendere molto formale questa espressione. Noi facevamo il caso, ad esempio, quando i Santi passano per le strade: la gente dà le offerte e poi questi soldi vengono a coprire la statua, eccetera. Sono tutte espressioni che non sono consone. E allora noi queste incrostazioni le vogliamo togliere in modo che emerga sempre di più e sempre meglio l’autenticità della fede della gente.
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D. – Come spiegare i casi di persone che vivono in situazioni gravemente lesive della giustizia e dei doveri familiari, e assai "zelanti" invece nel partecipare a manifestazioni di pietà popolare?
R. – Alle volte, anche la Camorra si presenta con caratteristiche religiose. Loro, con questa parvenza di religiosità che è la negazione della religiosità rispetto alla vita che conducono, cercano in qualche maniera di giustificare di fronte alla gente, di fronte al popolo che anche quella sia religiosità. Noi, invece, diciamo che ci dev’essere coerenza di vita di chi vuole essere promotore, quindi partecipe, collaboratore di questa pietà popolare, rispetto alla vita di chi invece non testimonia questa pietà popolare.
D. – Voi parlate di purificare il culto popolare, spesso decaduto a sagra mondana e a fatto di folklore; purificarlo dalle incrostazioni superstiziose che si sono sovrapposte: qual è allora la realtà campana della pietà popolare, oggi?
R. – Esiste un radicamento profondo nella nostra gente di questa pietà che è espressione veramente tipica della fede della nostra gente. Queste feste sono occasione perché la gente possa esprimere al Santo, alla Madonna, a Cristo, la propria fede. Il pericolo delle incrostazioni è quando si cerca di paganizzare o rendere molto formale questa espressione. Noi facevamo il caso, ad esempio, quando i Santi passano per le strade: la gente dà le offerte e poi questi soldi vengono a coprire la statua, eccetera. Sono tutte espressioni che non sono consone. E allora noi queste incrostazioni le vogliamo togliere in modo che emerga sempre di più e sempre meglio l’autenticità della fede della gente.
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