178 case, una dozzina di negozi e due chiese distrutte dalle fiamme. 400 famiglie cristiane senza più nulla né un posto dove vivere. Oltre 2.500 persone terrorizzate. È quanto afferma il rapporto di Caritas Pakistan - inviato ad Aiuto alla Chiesa che Soffre dall’arcidiocesi di Lahore – relativo all’attacco al quartiere cristiano di Badami Bagh.
Presumibilmente in seguito ad un alterco avuto mercoledì scorso, venerdì mattina il ventottenne cristiano Sawan Masih è stato accusato da un conoscente musulmano di aver insultato il profeta Maometto. La caccia al presunto blasfemo – innocente per numerosi testimoni - è iniziata già nel primo pomeriggio di venerdì, quando più di tremila musulmani hanno raggiunto l’insediamento cristiano dove viveva Masi- Joseph Colony, nel quartiere di Badami Bagh - in cerca di vendetta. Memori di altri efferati attacchi subiti dalla minoranza cristiana in altre città del Punjab – quali Gojra, Shantinaga and Sangla hills - le famiglie cristiane hanno immediatamente abbandonato l’area, temendo per la propria vita. La pressione della folla inferocita ha indotto la polizia a formalizzare l’accusa al giovane cristiano in base all’art. 295c del codice penale, che prevede l’ergastolo e in casi estremi la pena capitale per chiunque oltraggi il profeta. Né l’imputazione, né il fermo di Masih – attualmente detenuto in una cella speciale del Camp Jail di Lahore – sono tuttavia riusciti a placare l’ira della marea umana che il nove mattina ha dato fuoco all’intero insediamento, fortunatamente senza uccidere nessuno dei residenti.
Il portavoce del governo, Pervez Rasheed, ha assicurato che i colpevoli saranno giudicati secondo le leggi anti terrorismo. Finora gli arresti sono stati 163. Quanto accaduto ha spinto migliaia di pachistani a protestare, nella giornata di ieri, nelle principali città del Paese - tra cui Karachi, Lahore, Rawalpindi e Islamabad - chiedendo alle autorità di impedire, una volta per tutte, l’abuso e la strumentalizzazione della legge anti-blasfemia. «Ovunque è rimasta solo cenere» si legge nel dossier della Caritas che riporta anche lo choc e la disperazione degli abitanti. Solo ieri i cristiani hanno trovato il coraggio di tornare alle loro case. Il forte odore di bruciato e il fumo sono nocivi soprattutto per la salute di anziani e bambini e ciò rende impossibile il rientro dei residenti. La quasi totalità delle abitazioni è inagibile a causa dell’instabilità delle mura e non vi è alcuna possibilità di allestire un campo di emergenza nelle vicinanze. Ora la Caritas dovrà trovare una diversa sistemazione per le 400 famiglie cristiane, di cui metà cattoliche. Intanto ieri mattina Joseph Colony ha ricevuto la visita dell’amministratore apostolico di Lahore, monsignor Francis Sebastian Shaw, e l’arcivescovo di Karachi, monsignor Joseph Coutts. «Abbiamo pregato insieme e cercato di consolare i fedeli – racconta ad ACS monsignor Shaw – invitandoli a conservare, nonostante tutto, la loro fede in Cristo Risorto».
Presumibilmente in seguito ad un alterco avuto mercoledì scorso, venerdì mattina il ventottenne cristiano Sawan Masih è stato accusato da un conoscente musulmano di aver insultato il profeta Maometto. La caccia al presunto blasfemo – innocente per numerosi testimoni - è iniziata già nel primo pomeriggio di venerdì, quando più di tremila musulmani hanno raggiunto l’insediamento cristiano dove viveva Masi- Joseph Colony, nel quartiere di Badami Bagh - in cerca di vendetta. Memori di altri efferati attacchi subiti dalla minoranza cristiana in altre città del Punjab – quali Gojra, Shantinaga and Sangla hills - le famiglie cristiane hanno immediatamente abbandonato l’area, temendo per la propria vita. La pressione della folla inferocita ha indotto la polizia a formalizzare l’accusa al giovane cristiano in base all’art. 295c del codice penale, che prevede l’ergastolo e in casi estremi la pena capitale per chiunque oltraggi il profeta. Né l’imputazione, né il fermo di Masih – attualmente detenuto in una cella speciale del Camp Jail di Lahore – sono tuttavia riusciti a placare l’ira della marea umana che il nove mattina ha dato fuoco all’intero insediamento, fortunatamente senza uccidere nessuno dei residenti.
Il portavoce del governo, Pervez Rasheed, ha assicurato che i colpevoli saranno giudicati secondo le leggi anti terrorismo. Finora gli arresti sono stati 163. Quanto accaduto ha spinto migliaia di pachistani a protestare, nella giornata di ieri, nelle principali città del Paese - tra cui Karachi, Lahore, Rawalpindi e Islamabad - chiedendo alle autorità di impedire, una volta per tutte, l’abuso e la strumentalizzazione della legge anti-blasfemia. «Ovunque è rimasta solo cenere» si legge nel dossier della Caritas che riporta anche lo choc e la disperazione degli abitanti. Solo ieri i cristiani hanno trovato il coraggio di tornare alle loro case. Il forte odore di bruciato e il fumo sono nocivi soprattutto per la salute di anziani e bambini e ciò rende impossibile il rientro dei residenti. La quasi totalità delle abitazioni è inagibile a causa dell’instabilità delle mura e non vi è alcuna possibilità di allestire un campo di emergenza nelle vicinanze. Ora la Caritas dovrà trovare una diversa sistemazione per le 400 famiglie cristiane, di cui metà cattoliche. Intanto ieri mattina Joseph Colony ha ricevuto la visita dell’amministratore apostolico di Lahore, monsignor Francis Sebastian Shaw, e l’arcivescovo di Karachi, monsignor Joseph Coutts. «Abbiamo pregato insieme e cercato di consolare i fedeli – racconta ad ACS monsignor Shaw – invitandoli a conservare, nonostante tutto, la loro fede in Cristo Risorto».
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