martedì, febbraio 12, 2013
Tunisia spaccata in due dopo l’omicidio dela leader dell’opposizione Chokri Belaid. la proposta di sciogliere il governo per formarne uno tecnico ha sucsitato le proteste dell’elettorato della maggioranza del partito Ennadha. Il servizio è di Marina Calculli: ascolta

Radio Vaticana - La protesta islamista ha adottato la retorica dei suoi leader più radicali, tra cui Rashid Ghannushi, accusando una mano straniera per l’omicidio di Belaid, dall’America alla Francia, chiamando in causa perfino il regime di Ben Ali. Ma la protesta è anche lo specchio della frattura tra i moderati e i radicali che attraversa il partito di Ennahda. Il premier Jebali, rappresentante di un’ala moderata, ha minacciato di dimettersi se la sua proposta di formare un governo tecnocratico non sarà approvata dal Parlamento. A dar sostegno a Jebali, ieri si sono dimessi tre ministri entrati nel partito laico Congresso per la Repubblica. Già la settima scorsa, i ministri avevano minacciato di uscire dalla coalizione governativa se il governo non avesse sostituito i capi del Ministero degli esteri e della giustizia ritenuti incapaci di fare il proprio lavoro. Ma la piazza, fomentata nelle moschee, grida: “Ennahda è l’unico partito ad avere timore di Allah, mentre agli altri dovrebbero andare a morte!”

La rivolta contro gli islamisti, quindi, cresce nel Paese. Thomas Chabolle ne ha parlato con padre Jawad Alamat, direttore nazionale delle Pontificie Opere Missionarie: ascolta

R. – Cet un tournant encore plus important de ce qui a précédé,il y à deux ans … Questa è una svolta ancora più importante di quella di due anni fa, e lo dico perché qui non ci si sta rivoltando contro un regime o contro un gruppo o un clan che stiano sfruttando il Paese; qui si sta cercando di far crollare coloro che hanno voluto uccidere le parole “verità” e “libertà”: quello che i tunisini hanno sognato e voluto fin dalla loro prima rivoluzione.

D. – I tunisini temono di aver perso quella libertà per la quale si sono battuti?

R. – Les tunisiens ont vécu – et nous aussi avec eux, comme Eglise proche, … I tunisini hanno vissuto una luna di miele dopo la rivoluzione: e noi con loro, come Chiesa, perché la Chiesa è solidale ed è vicina al popolo tunisino. E poi a questa luna di miele è subentrata una depressione popolare, perché hanno avuto l’impressione che la rivoluzione per la quale sono scesi in piazza ed i valori che volevano difendere, siano stati loro rubati, e che sia qualcun altro che si sta appropriando della loro rivoluzione, del loro Paese. E improvvisamente, questa depressione è diventata generale e allo stesso tempo ho l’impressione che con l’assassinio di Belaid ci sia stato un risveglio della coscienza popolare: c’è di nuovo l’audacia, il coraggio che si risvegliano per dire: “No, questo non possiamo accettarlo. Dobbiamo nuovamente scendere in piazza per difendere, in maniera ancora più determinata, ciò per cui ci siamo battuti”.

D. – La società tunisina è più estremista oggi?

R. – J’éviterais "la société tunisienne" comme ça, en général, parce que … Vorrei evitare di definire la società tunisina in questo modo, in generale, perché i tunisini sono un grande popolo, con uno spirito aperto, come dice la sua storia. C’è però una minoranza, una parte della società tunisina, che è stata resa più integralista, e in effetti è questo all’origine di quello che è successo: e l’omicidio di Belaid è veramente la più forte dichiarazione di guerra di questa minoranza contro uno spirito di apertura molto più maggioritario.

D. – La grave crisi economica del Paese alimenta l’estremismo?

R. – Ils ont fait la révolution tunisienne au moment ou l’Europe entrait en crise … Hanno fatto la rivoluzione tunisina nel momento in cui l’Europa è entrata in crisi, considerando che l’Europa è l’unico partner economico della Tunisia. E il fattore economico ha avuto un ruolo grandissimo nella manipolazione operata da una minoranza con l’obiettivo di fomentare l’estremismo nel popolo tunisino.


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