venerdì, novembre 09, 2012
Alcuni civili turchi sono rimasti feriti da pallottole vaganti e schegge di obice a margine di scontri al posto di confine siriano di Ras al-Ain.

Misna - Lo ha riferito l’agenzia di stampa ufficiale ‘Anatolia’, aggiungendo che le autorità locali hanno chiesto alla popolazione di rimanere chiusa in casa e che l’esercito di Ankara ha rafforzato i suoi dispositivi di sicurezza alla frontiera. Violenze sono state segnalate anche nella località di Harem, nella confinante provincia siriana di Hatay. Per cautela le scuole sono state provvisoriamente chiuse nella cittadina turca di Ceylanpinar, memore di quanto accaduto il mese scorso a Akçakale, colpita da un ordigno che aveva provocato cinque morti, facendo salire alle stelle la tensione tra i due paesi. E’ in questo contesto sempre più volatile che si fa strada l’eventuale dispiegamento di batterie di missili Patriot lungo il confine, sotto l’ombrello della Nato, e la creazione di una zona di esclusione aerea di circa 60 km in territorio siriano lungo la frontiera. Al piano stanno lavorando i governi di Ankara e Washington, ma le discussioni erano state sospese in attesa delle elezioni presidenziali americane.

Sul versante siriano l’Osservatorio per i diritti umani (Osdh) ha invece riferito di una decina di ribelli e 16 soldati uccisi nei combattimenti che ieri hanno avuto come epicentro Ras al-Ain, città a maggioranza curda e punto di passaggio verso la Turchia. La televisione di Stato siriana ha annunciato il dispiegamento di rinforzi nella zona e confermato la morte di “decine di terroristi mentre altri sono riusciti a scappare”. Nelle prossime ore si teme un’escalation di violenza proprio a Ras al-Ain: i carri dell’esercito siriano si trovano a soli 25 chilometri dal centro dove, secondo testimoni locali, l’Esercito libero siriano (Esl) ha rafforzato le sue posizioni e ha invitato la gente a lasciare la città. Il ministero degli Esteri di Ankara ha annunciato che nella notte almeno 8000 persone in fuga da Ras al-Ain hanno varcato il confine, portando a più di 120.000 il numero di rifugiati siriani in Turchia.

Nel frattempo, in un altro paese confinante, il Libano, è arrivato l’emissario del Papa, il cardinale guineano Robert Sarah. Ieri il presidente del Pontificio consiglio Cor Unum si è recato in visita a Baalbek, nel nord-est del Libano, che ha dovuto far fronte all’arrivo di centinaia di rifugiati siriani. Sono previsti incontri con i responsabili di una ventina di agenzie cattoliche attive in Libano, Siria, Giordania, Turchia e Iraq per coordinare la loro assistenza alla popolazione siriana. La Sante Sede ha sbloccato un contributo finanziario di un milione di dollari destinato a far fronte alla difficile situazione umanitaria.

Intanto a Doha prosegue l’incontro dei partiti di opposizione, riuniti da domenica nella capitale del Qatar sotto gli auspici degli Stati Uniti e delle monarchie del Golfo. Forte del sostegno di Stati Uniti e altri paese occidentali, l’ex deputato siriano Riad Seif si è detto “ottimista” sulla possibilità di raggiungere “in tempi brevi” un accordo sulla formazione di un governo in esilio, riconosciuto dalla comunità internazionale. Seif è il promotore della creazione di un ‘Comitato di iniziativa nazionale siriana’, un’assemblea di circa 50 membri, tutti civili, esterna al Consiglio nazionale siriano (Cns), fino a poche settimane fa il gruppo dell’opposizione maggiormente accreditato dal fronte internazionale anti-Assad.

Dopo le parole forti pronunciate ieri – “Sono siriano, vivrò e morirò in questo paese” – è tornato a parlare il presidente Bashar al Assad. In un’intervista all’emittente russa ‘Russia Today’, ha dichiarato che “solo le urne potranno decidere del mio futuro”. Alla corrispondente dell’emittente a Damasco, il capo dello Stato ha ribadito che in Siria “non si tratta di una guerra civile ma di terrorismo sostenuto da fuori per destabilizzare il paese (…) per noi sarà una guerra difficile e a lungo termine”.


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