mercoledì, novembre 28, 2012
Criminalità organizzata italiana strumentalizzata da una società di imprenditori spagnoli per dare notorietà alla loro catena di ristoranti diffusi in tutta la penisola iberica

di Paola Bisconti

“La mafia se sienta a la mesa” è il brand di una nota catena di ristoranti fondata in Spagna nel 2000 da un gruppo di imprenditori che ha sfruttato i riferimenti alla storia e ai personaggi della criminalità organizzata italiana per ottenere successo e notorietà. In tutta la penisola iberica sono sparsi 31 locali e altri sono prossimi all’apertura, tutti riconoscibili da una grande rosa rossa che campeggia accanto al marchio “La mafia si siede a tavola”. L’interno delle sale è arredato con poster che ritraggono scene famose tratte da pellicole cinematografiche, come il baciamano fatto ai padrini e le violente immagini di omicidi, che hanno presentato i boss come degli eroi. Non è la prima volta che qualcuno specula sul mondo mafioso: oltre ai molti registi che, come detto, hanno creato dei capolavori divenuti dei cult nella storia del cinema, molte aziende hanno prodotto gadget, giochi e videogiochi con espliciti riferimenti alla mafia. Così anche l’investimento degli imprenditori spagnoli si è rivelata un’ottima trovata, dato che fattura ben 140 miliardi di euro l’anno… peccato però che sia di pessimo gusto!

Alcune testate giornalistiche hanno definito questo business una sorta di “favoreggiamento culturale alla mafia”, perché aiuta a creare intorno alla criminalità organizzata un alone di leggendario fascino, dimenticando che si tratta di uomini che hanno mistificato valori sacri come l’onore e la famiglia seminando violenza, morte e corruzione, non solo in Italia ma in tutto il mondo. L’attività di ristorazione spagnola è un’offesa alle forze dell’ordine, ai magistrati, alla gente comune che nella quotidianità denuncia i reati mafiosi ed è un oltraggio alle vittime della mafia, a coloro che hanno speso la propria vita nella battaglia contro questo cancro della società.

In segno di protesta contro la catena di ristoranti, la food blogger Teresa De Masi ha aperto una pagina Facebook dove esprime il proprio sdegno per questa speculazione. Sarebbe più opportuno che i giovani imprenditori si prodigassero a diffondere una cultura della legalità, favorendo magari il commercio e la distribuzione di quei prodotti coltivati nelle terre confiscate alla mafia. Fortunatamente esistono buoni esempi che ci fanno continuare a sperare in un cambiamento, per esempio a Parigi, sul canale Saint Martin, esiste “Ethicando”, il primo negozio-bar-ristorante, che promuove il “made in social italiano”. È indispensabile prediligere attività commerciali virtuose in grado di donare valore e dignità a chi combatte la mafia anziché esaltarla come un fenomeno folkloristico.

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