lunedì, maggio 07, 2012
«La coltivazione e il disboscamento devono cessare immediatamente» è la condanna della Conferenza episcopale boliviana alle piantagioni di coca e alla dilagante deforestazione nel Paese sudamericano.

Nei giorni scorsi una delegazione internazionale di Aiuto alla Chiesa che Soffre in visita in Bolivia ha incontrato l’arcivescovo coadiutore di Santa Cruz de la Sierra, monsignor Sergio Alfredo Gualberti. Nelle nazioni andine la coltivazione della coca è soggetta a restrizioni. Ma da alcuni anni il presidente boliviano Evo Morales – in passato uno dei maggiori coltivatori della pianta da cui si ricava la cocaina – caldeggia l’espansione delle piantagioni. Rieletto nel dicembre del 2009, l’ex “cocalero” legato a Hugo Chavez ha portato avanti i suoi piani, incurante delle accuse provenienti sia dalla comunità internazionale che dal mondo cattolico. Le critiche non hanno di certo favorito la distensione dei rapporti tra l’episcopato ed il governo boliviano, incrinatisi già nel 2009 con la promulgazione di una nuova Costituzione che ha privato il cattolicesimo dello status di religione ufficiale e fissato confini più netti tra Stato e Chiesa.
Il presule nato a Clusone ha riferito ad ACS che Morales è in procinto di approvare nuovi disboscamenti per costruire un’autostrada nel cuore di una riserva naturale. «La strada arriverebbe fino in Brasile, distruggendo gran parte dell’Isiboro Secure National Park: una regione riconosciuta ufficialmente territorio indigeno». L’inevitabile costruzione di strutture lungo il tracciato autostradale, ha spiegato monsignor Gualberti, favorirebbe poi ulteriori deforestazioni e distruzioni ambientali. «Ecco perché noi vescovi boliviani abbiamo voluto scrivere una lettera pastorale in difesa dell’ambiente, della giustizia e dello sviluppo».
Il testo, intitolato «L’universo, un dono di Dio per la vita», denuncia inoltre la grave «perdita di valori spirituali e umani e di quei principi etici e morali che sono stati e sono parte integrante della nostra identità». Nonostante oltre i tre quarti dei dieci milioni di boliviani siano cattolici, nel Paese la pratica della fede va affievolendosi. L’impegno della Chiesa è quindi volto a rafforzare l’opera di evangelizzazione. «Intensificare la pastorale e promuovere la formazione di nuovi catechisti e seminaristi sono oggi le nostre priorità».
Priorità sostenute da Aiuto alla Chiesa che Soffre che nel 2010 ha donato alla Chiesa in Bolivia oltre 350mila euro. Tra i progetti finanziati: il XXIX Incontro nazionale e internazionale della Gioventù boliviana, la formazione di diversi seminaristi e novizie, la costruzione di alcuni locali per la parrocchia di Nostra Signora della Mercede nella diocesi di Potosi ed il restauro del convento delle suore carmelitane di Cochabamba.

“Aiuto alla Chiesa che Soffre” (ACS), Fondazione di diritto pontificio fondata nel 1947 da padre Werenfried van Straaten, si contraddistingue come l’unica organizzazione che realizza progetti per sostenere la pastorale della Chiesa laddove essa è perseguitata o priva di mezzi per adempiere la sua missione. Nel 2010 ha raccolto oltre 65 milioni di dollari nei 17 Paesi dove è presente con Sedi Nazionali e ha realizzato oltre 5.500 progetti in 153 nazioni.

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