Non solo un’accusa di omicidio (per la moglie), ma anche di spionaggio interno (per lui). Secondo indiscrezioni riportate dal New York Times, Bo Xilai, il leader decaduto di Chongqing, avrebbe fatto piazzare “cimici” per ascoltare le conversazioni riservate dei più alti dirigenti del Paese, presidente Hu Jintao compreso. Un vero e proprio costituendo potere parallelo, quello del disgraziato “piccolo Mao”, che giustificherebbe l’ennesima gravissima imputazione nei suoi confronti.
E-ilmensile - Secondo “una dozzina di persone collegate al Partito” – dice il quotidiano Usa senza specificare meglio le fonti – i “servizi deviati” di Bo avrebbero preso le mosse dall’esigenza di sgominare il crimine organizzato di Chongqing: un’operazione inizialmente sponsorizzata da Pechino e che avrebbe lanciato il segretario-meteora verso nuove galassie politiche, se non si fosse bruciato le ali per avere voluto salire troppo in alto.
In realtà, lotta contro il crimine organizzato a parte, “Bo voleva conoscere con estrema chiarezza l’atteggiamento degli altri leader nei suoi confronti”, riferisce un anonimo analista. Bo e Wang Lijun – il “superpoliziotto” suo braccio destro, poi fuggito nel consolato Usa di Chengdu – non sarebbero però stati al corrente che, già dall’inizio di quest’anno, la commissione centrale di Ispezione e Disciplina del Partito aveva piazzato a Chongqing almeno quattro squadre sotto copertura – secondo fonti della stessa commissione – che avrebbero smascherato il sistema di spionaggio parallelo. Tra le altre cose, due “operatori” sarebbero stati sorpresi mentre intercettavano una conversazione tra nientepopodimeno che Hu Jintao e Liu Guanglei, ex capo della polizia di Chongqing, sostituito da Bo proprio con Wang. Liu ha un rapporto privilegiato con il presidente cinese, perché era stato al suo servizio negli anni Ottanta, nella provincia di Guizhou.
La vicenda non sarebbe finora emersa perché getterebbe nuova luce sulle divisioni interne all’establishment cinese, ufficialmente coeso ma in realtà diviso in fazioni che si contrappongono non solo sul piano della visione politica (neoliberisti contro populisti), ma anche dal punto di vista della consorteria d’appartenenza (“principini” contro burocrati usciti dalla Lega della gioventù comunista). I leader sono però tutti concordi su un punto: è necessario mantenere la stabilità politica necessaria a non danneggiare la “crescita pacifica” della Cina, quindi la centralità del Partito, quindi (anche) il proprio feudo personale. La misteriosa morte del cittadino britannico Neil Heywood – per la quale è accusata Gu Kailai, moglie di Bo – capita perciò a fagiolo per attaccare il “principino” di Chongqing, ormai indifendibile anche per gli adepti della propria fazione, senza tirare troppi scheletri fuori dall’armadio.
E-ilmensile - Secondo “una dozzina di persone collegate al Partito” – dice il quotidiano Usa senza specificare meglio le fonti – i “servizi deviati” di Bo avrebbero preso le mosse dall’esigenza di sgominare il crimine organizzato di Chongqing: un’operazione inizialmente sponsorizzata da Pechino e che avrebbe lanciato il segretario-meteora verso nuove galassie politiche, se non si fosse bruciato le ali per avere voluto salire troppo in alto.
In realtà, lotta contro il crimine organizzato a parte, “Bo voleva conoscere con estrema chiarezza l’atteggiamento degli altri leader nei suoi confronti”, riferisce un anonimo analista. Bo e Wang Lijun – il “superpoliziotto” suo braccio destro, poi fuggito nel consolato Usa di Chengdu – non sarebbero però stati al corrente che, già dall’inizio di quest’anno, la commissione centrale di Ispezione e Disciplina del Partito aveva piazzato a Chongqing almeno quattro squadre sotto copertura – secondo fonti della stessa commissione – che avrebbero smascherato il sistema di spionaggio parallelo. Tra le altre cose, due “operatori” sarebbero stati sorpresi mentre intercettavano una conversazione tra nientepopodimeno che Hu Jintao e Liu Guanglei, ex capo della polizia di Chongqing, sostituito da Bo proprio con Wang. Liu ha un rapporto privilegiato con il presidente cinese, perché era stato al suo servizio negli anni Ottanta, nella provincia di Guizhou.
La vicenda non sarebbe finora emersa perché getterebbe nuova luce sulle divisioni interne all’establishment cinese, ufficialmente coeso ma in realtà diviso in fazioni che si contrappongono non solo sul piano della visione politica (neoliberisti contro populisti), ma anche dal punto di vista della consorteria d’appartenenza (“principini” contro burocrati usciti dalla Lega della gioventù comunista). I leader sono però tutti concordi su un punto: è necessario mantenere la stabilità politica necessaria a non danneggiare la “crescita pacifica” della Cina, quindi la centralità del Partito, quindi (anche) il proprio feudo personale. La misteriosa morte del cittadino britannico Neil Heywood – per la quale è accusata Gu Kailai, moglie di Bo – capita perciò a fagiolo per attaccare il “principino” di Chongqing, ormai indifendibile anche per gli adepti della propria fazione, senza tirare troppi scheletri fuori dall’armadio.
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