Le mutate condizioni meteo, con l’arrivo delle prime piogge nel dicembre scorso, e la distribuzione degli aiuti umanitari stranieri non allentano l’emergenza umanitaria in Somalia e in particolare il dramma della malnutrizione nei campi profughi.
Radio Vaticana - Nel Paese del Corno d’Africa restano 4 milioni di persone che necessitano di aiuti e 1 milione e mezzo di rifugiati interni, 250mila dei quali definiti a “grave rischio”. Le Nazioni Unite parlano di crisi umanitaria più grave del mondo e a luglio hanno dichiarato lo stato di carestia in 3 zone del Paese controllate dal gruppo islamico Al Shabaab, che non vi lascia accedere le agenzie umanitarie occidentali. Secondo alcuni dati diffusi dall’agenzia Fides, da settembre la carestia si è diffusa in altre 3 aree della Somalia, decine di migliaia di persone sono morte e altre 750 mila soffrono la fame. Per questo motivo molti operatori umanitari hanno espresso disappunto per le affermazioni del primo ministro somalo, Abdiweli Mohamed Ali, secondo il quale la popolazione di Mogadiscio non sta morendo di fame. Le Ong hanno, in effetti, rilevato una lieve attenuazione dell’emergenza ma continuano denunciare nuovi casi di malnutrizione acuta. Nel centro gestito dal Somali Relief Rehabilitation and Development Organisation sacchi di generi alimentari sono stati distribuiti dal Programma Alimentare Mondiale (Pam) ed è stata allestita una cucina all'aperto che ogni giorno offre pasti a 6 mila persone. Ma al momento nella capitale somala ci sono oltre 300 campi che ospitano 185 mila sfollati, altre 18 mila persone vivono in rifugi di cartone nel villaggio di Maajo, dove il governo non è mai intervenuto. (A cura di Marco Guerra) RealAudio
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