Rehmat Masih era stato arrestato il 19 giugno 2010. Egli aveva difeso gli interessi dei cristiani in una lite con un leader musulmano su alcuni terreni. Il 28 novembre scorso il tribunale lo ha rilasciato per insufficienza di prove.
AsiaNews (Faisalabad) - “I cristiani dev
ono continuare a pregare perché ci sono molte altre persone in carcere per la loro fede”. E’ quanto afferma ad AsiaNews, Rehmat Masih, 74 anni di Jhumra (Faisalabad, Punjab), arrestato per blasfemia nel giugno 2010 e rilasciato lo scorso 28 novembre per insufficienza di prove, dopo 18 mesi di carcere. Il caso era scoppiato il 19 maggio 2010, dopo una lite con Tahir Hameed, musulmano, che voleva appropriarsi di alcuni terreni di proprietà della comunità cristiana locale.
Il 19 giugno, Sajid Hameed, fratello del leader musulmano non presente alla disputa, ha denunciato Masih di blasfemia, avvalendosi di alcune testimonianze di musulmani che avevano visto l’uomo insultare il profeta Maometto. Dopo mesi di indagini, il 28 novembre il tribunale di Faisalabad ha considerato invalide le deposizioni dei testimoni. Secondo la Corte le dichiarazioni sono state presentate in ritardo e sono in contraddizione. Inoltre dopo la denuncia, nessun ufficiale di polizia si è recato sul luogo per raccogliere prove utili ad incriminare Masih.
P. Nisar Barkat, direttore diocesano di Giustizia e Pace (National Commission of Justice and Peace, Ncjp), afferma: “Apprezziamo il verdetto del tribunale che ha giudicato l’uomo innocente”. Il sacerdote sottolinea però che la legge sulla blasfemia è troppo spesso utilizzata dai musulmani per attaccare le minoranze in questioni che non riguardano la religione.
Introdotte nel 1986, durante la dittatura del generale pakistano Zia ul-Haq, le leggi sulla blasfemia hanno determinato una crescita esponenziale nelle denunce per “profanazione del Corano” o “diffamazione del profeta Maometto”. Tra il 1927 e il 1986, anno in cui è stata approvata la “legge nera”, si sono registrati solo sette casi accertati di blasfemia. Dal 1986 ad oggi le vittime sono salite a oltre 4mila e il dato è in continuo aumento. Dal 1988 al 2005, le autorità pakistane hanno incriminato 647 persone per reati connessi alla blasfemia. Negli ultimi anni sono migliaia i casi di cristiani, musulmani, ahmadi e fedeli di altre religioni accusati sulla parola, senza il minimo indizio di colpevolezza. Fra questi vi è Asia Bibi, condannata a morte e in attesa del processo di appello.
AsiaNews (Faisalabad) - “I cristiani dev
Il 19 giugno, Sajid Hameed, fratello del leader musulmano non presente alla disputa, ha denunciato Masih di blasfemia, avvalendosi di alcune testimonianze di musulmani che avevano visto l’uomo insultare il profeta Maometto. Dopo mesi di indagini, il 28 novembre il tribunale di Faisalabad ha considerato invalide le deposizioni dei testimoni. Secondo la Corte le dichiarazioni sono state presentate in ritardo e sono in contraddizione. Inoltre dopo la denuncia, nessun ufficiale di polizia si è recato sul luogo per raccogliere prove utili ad incriminare Masih.
P. Nisar Barkat, direttore diocesano di Giustizia e Pace (National Commission of Justice and Peace, Ncjp), afferma: “Apprezziamo il verdetto del tribunale che ha giudicato l’uomo innocente”. Il sacerdote sottolinea però che la legge sulla blasfemia è troppo spesso utilizzata dai musulmani per attaccare le minoranze in questioni che non riguardano la religione.
Introdotte nel 1986, durante la dittatura del generale pakistano Zia ul-Haq, le leggi sulla blasfemia hanno determinato una crescita esponenziale nelle denunce per “profanazione del Corano” o “diffamazione del profeta Maometto”. Tra il 1927 e il 1986, anno in cui è stata approvata la “legge nera”, si sono registrati solo sette casi accertati di blasfemia. Dal 1986 ad oggi le vittime sono salite a oltre 4mila e il dato è in continuo aumento. Dal 1988 al 2005, le autorità pakistane hanno incriminato 647 persone per reati connessi alla blasfemia. Negli ultimi anni sono migliaia i casi di cristiani, musulmani, ahmadi e fedeli di altre religioni accusati sulla parola, senza il minimo indizio di colpevolezza. Fra questi vi è Asia Bibi, condannata a morte e in attesa del processo di appello.
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