sabato, novembre 26, 2011
I venti di protesta dalla Puglia giungono a Roma

di Paola Bisconti

L’incontro avvenuto a Roma tra il Ministro dell’Ambiente, Corrado Clini, e il Presidente di Legambiente Puglia, Francesco Tarantini, lascia intravedere spiragli di speranza per coloro che chiedono di bloccare la ricerca di petrolio nell’Adriatico. La rappresentanza dell’associazione del cigno verde ha ribadito il NO alla piattaforma petrolifera, dichiarandola una grave minaccia per l’ambiente e per i cittadini. La protesta unanime di associazioni, comuni, province, regione è stata rivolta al nuovo ministro, che sembra stia operando su una linea più collaborativa rispetto alla precedente. La soluzione concreta al problema sarebbe la sospensione delle autorizzazioni rilasciate dall’ex ministro Stefania Prestigiacomo alla società irlandese Petroceltic Elsa Srl che, attraverso un programma dei lavori della durata di cinque anni, effettuerà lo studio geologico dell’area procedendo alla registrazione delle linee sismiche dove avverrà la perforazione dei pozzi esplorativi. L’area off shore presa in considerazione è distante dalle coste pugliesi circa 5 km, dove la profondità del mare va da un minimo di 25 m ad un massimo di 100 m.

Le norme ad trivellam consentono alle aziende operanti di impiegare un sistema di ricerca di notevole impatto negativo per l’habitat marino. Si tratta degli air-gun, ossia spari che avvengono ogni 10 secondi con una velocità di 5 nodi: le potenti onde sonore generate dallo sparo d’aria compressa permettono l’acquisizione dei dati sulla formazione geologica sotterranea grazie ai segnali riflessi. L’enorme pressione genera effetti di destabilizzazione sul delicato equilibrio marino provocando lo spiaggiamento di delfini e balene. Nonostante i ricorsi amministrativi di Legambiente, Csn, Lipu, Fai presso il Tar del Lazio in relazione ai danni che potrebbero generare le trivellazioni nell’Adriatico (e che si sono già verificate in altri mari), la Petroceltic Elsa Srl minimizza il problema, non riconoscendo alcuna interferenza geomorfolofica, ecosistematica, territoriale. Con il sapore amaro di una beffa l’azienda sostiene che l’unico disturbo sia quello visivo causato dalla sagoma della piattaforma, ossia il male minore della questione.

A contrastare le dichiarazioni di coloro che stanno avviando una lottizzazione senza scrupoli c’è l’operato di esperti di ecologia e volontari che hanno stilato un dossier intitolato “Un mare di trivelle”. Il documento riporta dettagliatamente i dati relativi alla corsa all’oro nero in Italia. Ne viene fuori un vero e proprio assedio del mare nostrum: il rilascio infatti di 25 permessi di ricerca ha consentito l’occupazione di 12 mila kmq di mare. La tutela dell’ambiente marino è un’urgenza che vede il coinvolgimento di un Paese intero, pronto a schierarsi su una posizione univoca: il rilancio di un settore energetico basato su innovazione e fonti rinnovabili, la bocciatura di metodi arcaici e nocivi come gli idrocarburi, la valorizzazione del turismo inteso come unico motore che non genera inquinamento.

È presente 1 commento

Anonimo ha detto...

Confidiamo nella intelligenza, disponibilità e buon senso del nuovo ministro che, senza spot con cagnolini in bracccio,(vedi Brambilla) ha preso a cuore la situazione discutendo.

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