Sacerdote cattolico esprime riconoscenza alla comunità musulmana, che ha svolto "indagini approfondite" prima di emettere la condanna. E auspica che "la cultura della pace e dell'armonia religiosa" possa sempre prevalere. Protagonista della vicenda una donna cristiana, incriminata in base alla legge nera nel corso di una controversia legale.
Fais
alabad (AsiaNews) - I cristiani ringraziano "riconoscenti" la comunità musulmana, perché ha svolto "indagini approfondite" prima di condannare una persona per blasfemia - reato punito con la morte o l'ergastolo in Pakistan - e ha impedito il ripetersi di "scontri su una questione molto delicata". P. Naveed Arif, sacerdote della chiesa del Santo Rosario a Faisalabad, non nasconde ad AsiaNews la propria soddisfazione per l'esito della vicenda, che definisce "un esempio di armonia interconfessionale" con l'islam.
Nelle scorse settimane, infatti, una donna cristiana è stata prosciolta dall'accusa di aver diffamato il nome del profeta Maometto ed è uscita di galera dietro pagamento di una cauzione. "Auspico che la cultura della pace e dell'armonia religiosa - aggiunge il sacerdote - possa prevalere in ogni controversia che si verifica in qualsiasi zona del Pakistan, perché il cristianesimo ci insegna pace e concordia, non intolleranza e violenza".
La vicenda ha per protagonista Agnes Bibi, 50 anni, originaria di Abin-e-Mariam Colony, a Faisalabad. Coinvolta in una disputa su di una proprietà contesa - pare fra cristiani e musulmani - la donna per delegittimare una parte ha finito con l'essere accusata di blasfemia. Il 16 febbraio 2011 la viene aperto un fascicolo di inchiesta a suo carico e il 19 febbraio finisce in prigione, al termine di un interrogatorio davanti al magistrato.
Il 5 marzo parte una indagine più approfondita sul caso, che dopo mesi di ricerche e interrogazioni di testimoni si conclude con una modifica dell'ipotesi di reato: da blasfemia a "istigazione all'odio interconfessionale", in base all'articolo 153-A del Codice penale pakistano.
Fais
alabad (AsiaNews) - I cristiani ringraziano "riconoscenti" la comunità musulmana, perché ha svolto "indagini approfondite" prima di condannare una persona per blasfemia - reato punito con la morte o l'ergastolo in Pakistan - e ha impedito il ripetersi di "scontri su una questione molto delicata". P. Naveed Arif, sacerdote della chiesa del Santo Rosario a Faisalabad, non nasconde ad AsiaNews la propria soddisfazione per l'esito della vicenda, che definisce "un esempio di armonia interconfessionale" con l'islam.Nelle scorse settimane, infatti, una donna cristiana è stata prosciolta dall'accusa di aver diffamato il nome del profeta Maometto ed è uscita di galera dietro pagamento di una cauzione. "Auspico che la cultura della pace e dell'armonia religiosa - aggiunge il sacerdote - possa prevalere in ogni controversia che si verifica in qualsiasi zona del Pakistan, perché il cristianesimo ci insegna pace e concordia, non intolleranza e violenza".
La vicenda ha per protagonista Agnes Bibi, 50 anni, originaria di Abin-e-Mariam Colony, a Faisalabad. Coinvolta in una disputa su di una proprietà contesa - pare fra cristiani e musulmani - la donna per delegittimare una parte ha finito con l'essere accusata di blasfemia. Il 16 febbraio 2011 la viene aperto un fascicolo di inchiesta a suo carico e il 19 febbraio finisce in prigione, al termine di un interrogatorio davanti al magistrato.
Il 5 marzo parte una indagine più approfondita sul caso, che dopo mesi di ricerche e interrogazioni di testimoni si conclude con una modifica dell'ipotesi di reato: da blasfemia a "istigazione all'odio interconfessionale", in base all'articolo 153-A del Codice penale pakistano.
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