Il magistrato avrebbe dovuto sostenere la pubblica accusa nel maxi processo contro Cosa nostra
Liberainformazione - "Il giudice è quindi solo, solo con le menzogne cui ha creduto, le verità che gli sono sfuggite, sono con la fede cui si è spesso aggrappato come un naufrago, solo con il pianto di un innocente e con la perfidia e la protervia dei malvagi. Ma il buon giudice, nella sua solitudine, deve essere libero, onesto e coraggioso". In queste parole di Antonino Scopelliti è racchiuso il significato etico e umano della professione e degli ideali per i quali egli è vissuto ed è morto, ucciso il 9 agosto 1991 in località Campo Piale a Campo Calabro (a pochi chilometri da Villa san Giovanni), suo paese originario dove ogni anno egli trascorreva le proprie vacanze estive. L’omicidio è avvenuto proprio mentre il giudice, di ritorno dal mare a bordo della propria auto e privo di scorta, stava percorrendo la strada che lo avrebbe condotto a Campo Calabro: fu freddato da alcuni colpi di fucile calibro 12.
A distanza di venti anni, l’omicidio rimane insoluto: secondo i pentiti Giacomo Lauro e Filippo Barreca i vertici di Cosa nostra sarebbero stati i mandanti dell’assassinio, eseguito materialmente dalla ‘ndrangheta. Di fatto, nel 2001 la Corte d’Assise d’Appello di Reggio Calabria ha assolto Bernardo Provenzano, Giuseppe e Filippo Graviano, Raffaele Ganci, Giuseppe Farinella, Antonino Giuffré e Benedetto Santapaola, non ritenendoli i mandanti dell’omicidio. Antonino Scopelliti era nato nel 1935 e a soli 24 anni era entrato in magistratura, compiendo una carriera folgorante: Pubblico Ministero presso le Procure della Repubblica di Roma prima e Milano poi; Procuratore Generale presso la Corte d’Appello e Sostituto Procuratore Generale presso la Suprema Corte di Cassazione. Ha rappresentato la pubblica accusa in importanti quanto delicati processi, come quello per l’omicidio di Aldo Moro o quelli istruiti per le stragi di Piazza Fontana e del Rapido 904 (conosciuta anche come Strage di Natale), avvenuta il 23 dicembre 1984 ai danni appunto del treno n.904 proveniente da Napoli e diretto a Milano.
L’esplosione causò la morte di 17 persone e centinaia di feriti. Il processo per questa pagina nera della cronaca italiana si concluse pochi mesi prima – marzo 1991 - dell’omicidio di Antonino Scopelliti, che per quella Strage aveva chiesto la conferma degli ergastoli inflitti a Pippo Calò e Guido Cercola; la richiesta fu rigettata dalla Prima sezione penale della Cassazione presieduta da Corrado Carnevale, che dispose invece l’assoluzione di Calò e il rinvio a giudizio degli altri imputati. Oggi, martedì 9 agosto, per commemorare il ventennale della morte di Antonino Scopelliti, don Luigi Ciotti celebrerà una Santa Messa alle 19 presso il Duomo di Reggio Calabria.
Liberainformazione - "Il giudice è quindi solo, solo con le menzogne cui ha creduto, le verità che gli sono sfuggite, sono con la fede cui si è spesso aggrappato come un naufrago, solo con il pianto di un innocente e con la perfidia e la protervia dei malvagi. Ma il buon giudice, nella sua solitudine, deve essere libero, onesto e coraggioso". In queste parole di Antonino Scopelliti è racchiuso il significato etico e umano della professione e degli ideali per i quali egli è vissuto ed è morto, ucciso il 9 agosto 1991 in località Campo Piale a Campo Calabro (a pochi chilometri da Villa san Giovanni), suo paese originario dove ogni anno egli trascorreva le proprie vacanze estive. L’omicidio è avvenuto proprio mentre il giudice, di ritorno dal mare a bordo della propria auto e privo di scorta, stava percorrendo la strada che lo avrebbe condotto a Campo Calabro: fu freddato da alcuni colpi di fucile calibro 12.
A distanza di venti anni, l’omicidio rimane insoluto: secondo i pentiti Giacomo Lauro e Filippo Barreca i vertici di Cosa nostra sarebbero stati i mandanti dell’assassinio, eseguito materialmente dalla ‘ndrangheta. Di fatto, nel 2001 la Corte d’Assise d’Appello di Reggio Calabria ha assolto Bernardo Provenzano, Giuseppe e Filippo Graviano, Raffaele Ganci, Giuseppe Farinella, Antonino Giuffré e Benedetto Santapaola, non ritenendoli i mandanti dell’omicidio. Antonino Scopelliti era nato nel 1935 e a soli 24 anni era entrato in magistratura, compiendo una carriera folgorante: Pubblico Ministero presso le Procure della Repubblica di Roma prima e Milano poi; Procuratore Generale presso la Corte d’Appello e Sostituto Procuratore Generale presso la Suprema Corte di Cassazione. Ha rappresentato la pubblica accusa in importanti quanto delicati processi, come quello per l’omicidio di Aldo Moro o quelli istruiti per le stragi di Piazza Fontana e del Rapido 904 (conosciuta anche come Strage di Natale), avvenuta il 23 dicembre 1984 ai danni appunto del treno n.904 proveniente da Napoli e diretto a Milano.
L’esplosione causò la morte di 17 persone e centinaia di feriti. Il processo per questa pagina nera della cronaca italiana si concluse pochi mesi prima – marzo 1991 - dell’omicidio di Antonino Scopelliti, che per quella Strage aveva chiesto la conferma degli ergastoli inflitti a Pippo Calò e Guido Cercola; la richiesta fu rigettata dalla Prima sezione penale della Cassazione presieduta da Corrado Carnevale, che dispose invece l’assoluzione di Calò e il rinvio a giudizio degli altri imputati. Oggi, martedì 9 agosto, per commemorare il ventennale della morte di Antonino Scopelliti, don Luigi Ciotti celebrerà una Santa Messa alle 19 presso il Duomo di Reggio Calabria.
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