sabato, giugno 18, 2011
Su Radio Nederland Wereldomroep Africa (Radio Olanda Internazionale'Africa), Maike Winters prende spunto dal risultato del referendum italiano e dalla decisione di Germania e Svizzera di uscire dal nucleare per spiegare che «I militanti ambientalisti non sono i soli ad avere il vento in poppa (...)

Greenreport - Il settore dell'energia rinnovabile vede aumentare le sue chance. Come l'enorme progetto Desertec, nel quale l'energia prodotta nel Sahara dovrebbe fornire corrente alle famiglie europee. A meno che le primavere arabe non mischino le carte...».
In nord Africa diversi Paesi hanno già degli impianti solari, Desertec dovrebbe fare in modo che questi progetti si sviluppino e che in futuro vengano collegati tra loro. Dopo, gran parte dell'energia prodotta potrebbe essere inviata alle reti ad alta tensione in Europa. In Marocco Desertec sta costruendo, in collaborazione con il governo di Rabat ed istituzioni locali, un grande progetto da 500 MW. «Per fare un paragone - scrive la Winters - questo impianto fornirà più elettricità della sola centrale nucleare esistente in Olanda».

La tragedia di Fukushima, il referendum italiano e la sempre più diffusa contrarietà al nucleare degli europei, insieme all'aumento dei prezzi Ue al picco del petrolio e del gas, potrebbero rilanciare il grande progetto solare dei Paesi arabi «Le cifre e le ambizioni non mancano - dice Radio Nederland Wereldomroep - 400 miliardi di euro sono necessari per finanziare la costruzione dei pannelli solari, degli specchi solari e dell'eolico nel Sahara. Desertec, un'iniziativa di origine tedesca e, vedrà crescere il suo interesse, certamente dopo le decisioni politiche che sono state prese riguardo all'energia nucleare».

Il responsabile olandese di Desertec, Paul van Son, conferma: «Queste decisioni sono naturalmente un vantaggio per noi, perché esiste un gran bisogno di energia rinnovabile. Sul lungo termine, non potremo ricevere altro che energia rinnovabile. L'energia nucleare sarà abbandonata e i combustibili fossili saranno esauriti. Tutto indica molto chiaramente che stiamo andando in direzione dell'energia rinnovabile».

La Winters intervista anche Wim Turkenburg, uno specialista di energia dell'università di Utrecht, che si dice d'accordo con Van Son: «Trovo questa un'idea interessante, è un progetto gigantesco. Tecnicamente parlando, è certamente possibile. Ma prima di andare così lontano, rimane del lavoro da fare. E' un investimento enorme. Oltre all'investimento nel deserto, devono essere installate delle specifiche reti ad alta tensione. Il prezzo dell'energia che potrà essere fornita è ancora elevato».

A questo si deve aggiungere un'altra difficoltà: le trattative per realizzare Desertec si erano svolte con i regimi arabi pre-rivoluzioni dei gelsomini ed oggi la situazione nei Paesi arabi, la cui collaborazione è essenziale per realizzare questo gigantesco progetto energetico, non è certamente stabile.

La cosa preoccupa anche Van Son: «in effetti non possiamo fare affari con la Libia, perché il Paese attualmente non funziona correttamente. Quando tutto ciò sarà terminato, pensiamo che saremo i primi davanti alla porta. Non siamo particolarmente preoccupati per Paesi come il Marocco e la Tunisia. Il ministro dell'energia della Tunisia è sempre la stessa persona, quindi non rimarchiamo dei grandi cambiamenti».

Per Turkenburg la situazione è meno semplice: «Esiste un rischio intrinseco per progetti che implicano questi Paesi. La loro politica non è stabile. Un tema sensibile come l'approvvigionamento energetico può certamente essere utilizzato contro di noi. Se la Nato, per esempio, facesse irruzione un Paese, i governanti potrebbero facilmente chiudere il rubinetto dell'elettricità».

Per questo, secondo Van Son, anche i governi arabi devono intervenire: «I primi anni gli impianti solari sono relativamente cari. Devono allora essere finanziati e per questo bisogna negoziare con le autorità. E per questo abbiamo bisogno di aiuto». Il problema è che le nuove deboli democrazie arabe sembrano molto meno disposte a subire l'approccio neo-coloniale che gli europei avevano con I loro vecchi dittatori cleptomani.

Secondo Turkenburg, per diminuire la dipendenza di Desertec dalle turbolenze politiche dei Paesi del Sahara, bisogna ripartire i rischi: «La cosa migliore da fare sarebbe una combinazione di diversi progetti. Prendiamo per esempio in considerazione lo sfruttamento dell'energia proveniente dal Mare del Nord, per non essere dipendenti unicamente dall'Africa del nord. Meglio ancora, avviamo un progetto nel quale tutti i Paesi collaborino. E' questa la musica del futuro».

Sono presenti 0 commenti

Inserisci un commento

Gentile lettore, i commenti contententi un linguaggio scorretto e offensivo verranno rimossi.



___________________________________________________________________________________________
Testata giornalistica iscritta al n. 5/11 del Registro della Stampa del Tribunale di Pisa
Proprietario ed Editore: Fabio Gioffrè
Sede della Direzione: via Socci 15, Pisa