domenica, maggio 01, 2011
La nostra Monica Cardarelli chiude il ciclo di speciali de La Perfetta Letizia per la beatificazione di Giovanni Paolo II

Alla vigilia della beatificazione di Giovanni Paolo II, la nostra memoria ripercorre gli innumerevoli momenti dei suoi 25 anni di pontificato. Per molti giovani è stato ‘il’ Papa, l’unico con cui sono cresciuti umanamente e nella fede. Per altri come me, che abbiamo veduto succedersi più di un pontefice, è stato comunque il ‘nostro’ papa. Un papa che è riuscito nel suo lungo pontificato ad avvicinarsi e avvicinare la Chiesa ai fedeli, agli uomini di buona volontà. Tantissime le immagini che sono rimaste impresse nella nostra memoria a cominciare dallo storico incontro di Assisi del 27 ottobre 1986 con i capi delle diverse religioni alle sue ‘fughe’ in montagna, dai colloqui con i giornalisti ai suoi viaggi apostolici in tutto il mondo, fino alle numerose Giornate Mondiali della Gioventù da lui fortemente volute. L’immagine però che mi colpisce maggiormente è quella di un Papa che, scendendo dall’aereo che lo conduceva nei vari Paesi visitati, si inginocchiava e baciava la terra.

Giovanni Paolo II ha sempre dimostrato una grande attenzione alla terra, intesa sia come creato e dono di Dio all’uomo che come fonte di vita e elemento da cui proviene l’umanità. È curioso notare come il termine umiltà (dal latino humiltate) abbia la stessa radice della parola ‘humus’ e cioè, terra. Con l’imposizione delle ceneri, ad esempio, si ricorda all’uomo la sua provenienza dalla terra; con il fango e una costola di Adamo, Dio creò la donna…

Non è questo uno svilimento della persona umana, creata a immagine e somiglianza di Dio, corpo e anima, quanto piuttosto un modo per sottolinearne la ricchezza e unicità. La terra, fonte di vita dell’uomo e per l’uomo, ci ricorda sempre la nostra provenienza e semplicità.

In questo senso l’attenzione di Giovanni Paolo II alla terra si irradia fino all’uomo e alla sua dignità. Il bacio alla terra di questo Papa ha significato il suo amore e la sua grande cura allo sviluppo integrale della persona umana, soprattutto nelle situazioni in cui questa è maggiormente compromessa, quando donne, bambini, anziani e sofferenti, malati ed emarginati, perseguitati e oppressi, sono lasciati ai margini della società, dimenticati da tutti.
Negli anni del suo Pontificato, Giovanni Paolo II ha dedicato grande attenzione alla Dottrina Sociale della Chiesa, e non solo con documenti quali la “Laborem exercens” del 1981, scritta a novant’anni dalla “Rerum Novarum” di Leone XIII, o la “Sollicitudo Rei Socialis” del 1987, scritta in occasione del ventesimo anniversario della “Populorum Progressio” di Paolo VI, o ancora con la “Centesimus Annus” del 1 maggio 1991; ma anche con tutte le parole e gli sguardi, gli atteggiamenti e le carezze che ha voluto riservare a tutti gli uomini che ha incontrato, perché il cuore della Dottrina sociale è e resta sempre la centralità della persona umana.

Nella “Laborem exercens” ad esempio, dopo aver ricordato l’origine del lavoro dal libro della Genesi e dopo aver sottolineato l’importanza di questo come chiave della questione sociale, Giovanni Paolo II si sofferma sui vari aspetti del lavoro nella società tenendo sempre presente che l’uomo deve esserne soggetto con i propri diritti e la propria dignità. Dedica la sua attenzione anche al lavoro delle donne, degli immigrati, dei portatori di handicap, non come casi particolari a cui dare rilievo ma come persone cui riconoscere pari dignità nei vari contesti sociali, compreso quello lavorativo.

Karol Wojtyla, che da giovane prima di entrare in seminario lavorò nelle miniere, conosceva bene la fatica e l’importanza del lavoro perché “l’uomo, creato a immagine di Dio, mediante il suo lavoro partecipa all’opera del Creatore, ed a misura delle proprie possibilità, in un certo senso, continua a svilupparla e la completa, avanzando sempre più nella scoperta delle risorse e dei valori racchiusi in tutto quanto il creato”, come afferma, al punto 25, la “Laborem exercens”. In quest’enciclica Giovanni Paolo II dedica il capitolo 21 alla “Dignità del lavoro agricolo” ricordando che “il lavoro dei campi conosce non lievi difficoltà, quali lo sforzo fisico continuo e talvolta estenuante, lo scarso apprezzamento con cui è socialmente considerato, al punto da creare presso gli uomini dell’agricoltura il sentimento di essere socialmente degli emarginati, e da accelerare in essi il fenomeno della fuga in massa dalla campagna verso le città e purtroppo verso condizioni di vita ancor più disumanizzanti. (…) Il diritto al lavoro può essere leso quando si nega al contadino la facoltà di partecipare alle scelte decisionali concernenti le sue prestazioni lavorative, o quando viene negato il diritto alla libera associazione in vista della giusta promozione sociale, culturale ed economica del lavoratore agricolo”. Per concludere con queste parole: “Perciò occorre proclamare e promuovere la dignità del lavoro, di ogni lavoro, e specialmente del lavoro agricolo, nel quale l’uomo in modo tanto eloquente ‘soggioga’ la terra ricevuta in dono da Dio ed afferma il suo ‘dominio’ nel mondo visibile”.

L’attenzione all’uomo di Giovanni Paolo II va oltre e prende in considerazione temi quali la pace, la giustizia. “L’incontro del 27 ottobre dell’anno passato (1986 N.d.R.) ad Assisi, la città di san Francesco, per pregare ed impegnarci per la pace – ognuno in fedeltà alla propria professione religiosa – ha rivelato a tutti fino a che punto la pace e, quale sua necessaria condizione, lo sviluppo di ‘tutto l’uomo e di tutti gli uomini’ siano una questione anche religiosa, e come la piena attuazione dell’una e dell’altro dipenda dalla fedeltà alla nostra vocazione di uomini e di donne credenti. Perché dipende, innanzitutto, da Dio” scriverà nella pagine conclusive della Sollicitudo Rei Socialis.

Nella Centesimus Annus Giovanni Paolo II, dopo aver trattato i temi della Dottrina Sociale della Chiesa quali la proprietà privata e l’universale destinazione dei beni, conclude con un capitolo intitolato “L’uomo è la via della Chiesa”. “La dottrina sociale oggi specialmente mira all’uomo, in quanto inserito nella complessa rete di relazioni delle società moderne. (…) Per la Chiesa il messaggio sociale del Vangelo non deve essere considerato una teoria, ma prima di tutto un fondamento e una motivazione per l’azione. (…) Oggi più che mai la Chiesa è cosciente che il suo messaggio sociale troverà credibilità nella testimonianza delle opere, prima che nella sua coerenza e logica interna. Anche da questa consapevolezza deriva la sua opzione preferenziale per i poveri, la quale non è mai esclusiva né discriminante verso altri gruppi. (…) L’amore per l’uomo e, in primo luogo, per il povero, nel quale la Chiesa vede Cristo, si fa concreto nella promozione della giustizia. (…) Non si tratta, infatti, solo di dare il superfluo, ma di aiutare interi popoli, che ne sono esclusi o emarginati, ad entrare nel circolo dello sviluppo economico ed umano. Ciò sarà possibile non solo attingendo al superfluo, che il nostro mondo produce in abbondanza, ma soprattutto cambiando stili di vita, i modelli di produzione e di consumo, le strutture consolidate di potere che oggi reggono le società”.

Riportando un’infinitesima parte del pensiero di Giovanni Paolo II abbiamo voluto mantenere viva l’immagine del Papa che con il suo bacio alla terra rendeva lode a Dio e amava l’uomo; prendeva in braccio i bambini e scherzava con i giovani; benediceva le folle ma aveva uno sguardo e una parola per ogni persona che entrasse in contatto con lui. Con umiltà, l’umiltà della terra.

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