“Siamo intervenuti a protezione dei civili”. Così il segretario generale dell’Onu, Ban Ki Moon, che ieri ha dato il via ai raid militari in Costa d’Avorio.
Radio Vaticana - Obiettivo dichiarato: neutralizzare le armi pesanti utilizzate contro la popolazione dai fedelissimi di Laurent Gbagbo, il presidente uscente che si rifiuta di lasciare il potere. Ed anche stamattina a Abijan, capitale economica del Paese, si sono udite esplosioni causate da armi pesanti. Intanto dagli Stati Uniti, il presidente Obama ha invitato Gbagbo a lasciare il potere al presidente eletto Alassane Ouattara, le cui truppe nelgli ultimi giorni hanno occupato le principali città del Paese. Il servizio di Giulio Albanese: ascolta
E, intanto, crescono le polemiche sulla presenza francese in Costa d’Avorio. La missione di Parigi, parallela a quella dell’Onu, – secondo il portavoce del presidente Gbagbo – "si comporta come un esercito di occupazione". Salvatore Sabatino ne ha parlato con Massimo Nava, editorialista per il Corriere della Sera e profondo conoscitore della politica estera di Parigi: ascolta
R. - Va assolutamente sottolineato che la Francia agisce sotto mandato Onu, quindi non è assolutamente una forza di occupazione: ha messo a diposizione i suoi soldati da un lato per proteggere i moltissimi civili francesi che operano da anni in Costa d’Avorio, che è uno dei principali partner commerciali della Francia, ma dall’altra, soprattutto, per dare legittimità ed esecuzione al processo democratico avvenuto con le elezioni del novembre scorso e la vittoria internazionalmente riconosciuta, sotto osservatori internazionali, di Ouattara, che a questo punto non possiamo più chiamare presidente. Ho letto da alcune dichiarazioni che i seguaci di Gbagbo accusano addirittura la Francia di essere all’origine di un possibile nuovo Rwanda: mi pare, francamente, che sia proprio il contrario.
D. – Alcuni osservatori dicono anche che l’Africa è l’argomento, l’area su cui si gioca la rielezione di Sarkozy…
R. – Da un lato, come sempre avviene in queste cose, credo che l’elemento elettorale e l’elemento di opinione pubblica, rispetto alle ambizioni di un leader, siano nella logica delle cose. Da questo a pensare, però, che ci sia un intervento militare in Libia o un coinvolgimento diretto in Costa d’Avorio a soli fini elettorali, mi sembra francamente un po’ troppo. E’ chiaro che la Francia, con Sarkozy, ha rivisto da tempo, non da oggi, la propria politica estera nei confronti del continente africano, anche, ovviamente, con strategie e interessi di ordine economico e commerciale, ma anche incoraggiando processi di democratizzazione e processi di ricambio delle classi dirigenti. (bf)
Radio Vaticana - Obiettivo dichiarato: neutralizzare le armi pesanti utilizzate contro la popolazione dai fedelissimi di Laurent Gbagbo, il presidente uscente che si rifiuta di lasciare il potere. Ed anche stamattina a Abijan, capitale economica del Paese, si sono udite esplosioni causate da armi pesanti. Intanto dagli Stati Uniti, il presidente Obama ha invitato Gbagbo a lasciare il potere al presidente eletto Alassane Ouattara, le cui truppe nelgli ultimi giorni hanno occupato le principali città del Paese. Il servizio di Giulio Albanese: ascoltaE, intanto, crescono le polemiche sulla presenza francese in Costa d’Avorio. La missione di Parigi, parallela a quella dell’Onu, – secondo il portavoce del presidente Gbagbo – "si comporta come un esercito di occupazione". Salvatore Sabatino ne ha parlato con Massimo Nava, editorialista per il Corriere della Sera e profondo conoscitore della politica estera di Parigi: ascolta
R. - Va assolutamente sottolineato che la Francia agisce sotto mandato Onu, quindi non è assolutamente una forza di occupazione: ha messo a diposizione i suoi soldati da un lato per proteggere i moltissimi civili francesi che operano da anni in Costa d’Avorio, che è uno dei principali partner commerciali della Francia, ma dall’altra, soprattutto, per dare legittimità ed esecuzione al processo democratico avvenuto con le elezioni del novembre scorso e la vittoria internazionalmente riconosciuta, sotto osservatori internazionali, di Ouattara, che a questo punto non possiamo più chiamare presidente. Ho letto da alcune dichiarazioni che i seguaci di Gbagbo accusano addirittura la Francia di essere all’origine di un possibile nuovo Rwanda: mi pare, francamente, che sia proprio il contrario.
D. – Alcuni osservatori dicono anche che l’Africa è l’argomento, l’area su cui si gioca la rielezione di Sarkozy…
R. – Da un lato, come sempre avviene in queste cose, credo che l’elemento elettorale e l’elemento di opinione pubblica, rispetto alle ambizioni di un leader, siano nella logica delle cose. Da questo a pensare, però, che ci sia un intervento militare in Libia o un coinvolgimento diretto in Costa d’Avorio a soli fini elettorali, mi sembra francamente un po’ troppo. E’ chiaro che la Francia, con Sarkozy, ha rivisto da tempo, non da oggi, la propria politica estera nei confronti del continente africano, anche, ovviamente, con strategie e interessi di ordine economico e commerciale, ma anche incoraggiando processi di democratizzazione e processi di ricambio delle classi dirigenti. (bf)
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