giovedì, aprile 28, 2011
Inizia oggi sulle pagine de La Perfetta Letizia un ciclo di articoli sui tanti aspetti della figura di Giovanni Paolo II. Nel box sulla destra inserito per l'occasione troverete tutti gli speciali della nostra redazione. Iniziamo con Stefano Buso che ci parla delle origini di Karol Wojtyla, che ha sperimentato di persona il buio dei totalitarismi...

Alla fine degli anni ‘70 – decennio saturo di tensioni e ideologie – in pochi immaginavano che alla prematura scomparsa di Papa Luciani sarebbe giunto in Vaticano un Papa polacco. All’epoca l’Europa Orientale appariva come un ectoplasma lontano anni luce dall’Occidente: Est e Ovest erano due realtà geografiche divise da uno spartiacque politico, militare e ideologico. I paesi del Patto di Varsavia erano sigillati da una cortina impenetrabile, avvolti nelle loro stesse paure e inquietudini.

Il giogo ideato dall’autocrate Breznev con la complicità dei governi fedeli a Mosca era davvero inappuntabile, a tal punto che persino le relazioni più ovvie tra Est e Ovest erano disagevoli. Il crollo del muro di Berlino – agevolato dal riformismo Gorbacëviano – era ancora lontano nel tempo. Ciò che avveniva nel cuore della democratica Europa andava in onda anche nel resto del globo, a causa degli assurdi criteri della guerra fredda. Tale era il momento storico al crepuscolo di quei febbrili “seventies”, mentre i popoli, sedotti da frottole e storielle del potere, campavano aspettando tempi migliori.

In questa eterna attesa che paralizzava l’umanità, l’arrivo del Papa polacco scatenò un energico sussulto. Secondo più di qualcuno fu un segnale significativo che fece ricordare a tutti una parola dimentica: la speranza. Quasi nessuno pensò allora che il pontificato di Wojtyla, iniziato in quel grigio ottobre del 1978, sarebbe durato per quasi trent’anni, fino al 2005.

Karol Wojtyla arrivò sul soglio di San Pietro con deferenza, ma non privo d’intenti e motivazioni. Era un uomo tenace, abituato a dialogare con le difficoltà della vita in modo pragmatico usando la fede e l’intelligenza. Non era persona avvezza all’agio salottiero, né incline al comune savoir faire diplomatico, che poco si conciliava con la sua schietta personalità. Inoltre, non era uomo da attenersi – capo chino – a regole rigide e protocolli, pur essendo un religioso con una robusta formazione teologica e culturale.

Sin dall’inizio del suo pontificato, Giovanni Paolo II intraprese una ferma opposizione verso il comunismo (non solo nei confronti dell’URSS) e verso ogni sorta di totalitarismo. Regimi draconiani che egli conosceva bene, proprio perché ne aveva assaporato umori e aberranti finalità. Giovanni Paolo II poi, a differenza di altri suoi predecessori, possedeva una visione fortemente ispirata al sociale, e per questa ragione si contrappose anche al capitalismo sfrenato e non mancò di schierarsi contro chi perseguitava i più vulnerabili.

Nato nel 1920 a Wadowice (nel sud della Polonia) perse la madre in tenera età. Purtroppo la sua famiglia fu attraversata da altre amare sofferenze che giocoforza segnarono il giovane Karol. Infatti anche il fratello maggiore morì dopo repentina malattia. Questi eventi sciagurati non demotivarono Karol Wojtyla, né fecero vacillare la sua vocazione e il desiderio di darsi all’umanità. Anzi, rafforzarono il suo proposito di ascoltare la chiamata di Dio, quindi di diventare sacerdote. Grazie al suo credo affrontò molte circostanze dolorose che ottenebrarono la sua terra, in primis la seconda guerra mondiale. Non va dimenticato cosa patì la Polonia (e il suo popolo) a causa dell’agghiacciante occupazione nazista. In seguito ci fu l’usurpazione dei sovietici che tolse linfa vitale non solo alla Polonia, ma anche agli altri paesi limitrofi. Ugualmente, senza cedimenti, il sereno cammino di Wojtyla fu caratterizzato da fermezza e convinzione.


Fu soprattutto ambasciatore di pace in un momento incerto per il mondo. Un’epoca in cui cadevano regimi e teorie estreme, lasciando talvolta il posto all’incertezza economica e politica. Il suo non fu però un ruolo di mero governante, né interferì negli affari interni di alcuno stato. Fu tuttavia sempre presente con il suo esempio, offrendo concordia a coloro che lo ascoltavano.

Quello di Wojtyla fu un lungo pontificato, durante il quale egli si adoperò con tutte le sue risorse per infondere il coraggio di continuare nonostante tribolazioni e sofferenze. Come non ricordarlo negli ultimi anni di vita, malato e debilitato, ma non certo rinunciatario! Erano numerosi gli impegni che lo portavano da una parte all’altra del mondo, e che fronteggiava con una forza invidiabile. Indubbiamente dinamismo dato dalla sua non comune fede, la stessa che aiuta a duellare contro il tempo, i dubbi e le asperità. Ed è per questo motivo che Papa Giovanni Paolo II è ricordato da laici, uomini di pensiero ed esponenti di altre religioni. Si aprì senza incertezze a governanti, politici, regnanti e dottrine in antitesi con quella cristiana, dimostrando lungimiranza e alacrità mentale. Scrisse pagine eloquenti del nostro tempo e della storia.

Quella di Wojtyla è un’immagine ancora nitida e la sua beatificazione altro non è che una tappa nodale per celebrare un uomo che visse tra la gente senza mai rinunciare ad essere apostolo di Cristo. Questo è il leitmotiv del suoi insegnamenti e della sua proverbiale fermezza. Considerato i tempi bui in cui viviamo, la condotta di Giovanni Paolo II è meritevole d’essere presa ad esempio: i suoi propositi ed il suo percorso esistenziale sono destinati a diventare un atemporale paradigma per credenti e non.

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