Resta alta la tensione nei paesi del nord africa. Le proteste sono sfociate in vere e proprie rivolte che hanno provocato numerose vittime. Il popolo, provato dopo anni di soprusi e ingiustizie, ha trovato la forza di reagire. Giorni di sangue e di lotta cavalcando la speranza di momenti migliori…
Nelle ultime settimane abbiamo assistito a un’escalation di rivolte e tumulti partiti prima dalla Tunisia, e successivamente, come un virus, diffusisi anche in altri paesi del Maghreb e del Nord Africa. Una scintilla che ha innescato una fila di barili di polvere da sparo latenti da anni. L’esplosione è stata così dirompente che il sonnecchiante Occidente si è svegliato di soprassalto, incredulo e preoccupato.
In effetti, tutta la vicenda sorprende per la velocità con cui è scoppiata. Ci sono molti aspetti univoci e problematiche che avvicinano i Paesi coinvolti negli scontri: prima di tutto la religione – aspetto affatto secondario – quindi le condizioni di vita, sociali ed economiche. Questa assonanza comune rende possibile intavolare alcune valutazioni su come potrebbe essere “il domani” per questi Paesi.
In effetti, tutta la vicenda sorprende per la velocità con cui è scoppiata. Ci sono molti aspetti univoci e problematiche che avvicinano i Paesi coinvolti negli scontri: prima di tutto la religione – aspetto affatto secondario – quindi le condizioni di vita, sociali ed economiche. Questa assonanza comune rende possibile intavolare alcune valutazioni su come potrebbe essere “il domani” per questi Paesi.
La prima osservazione da fare è sull’origine della rivolta. Abbiamo visto che in Tunisia, in Egitto e in altri Paesi nord-africani il malcontento che è degenerato in tumulto è salito dal basso verso l’alto. Le precarie condizioni di vita, i salari insufficienti e il costo esorbitante dei generi alimentari fondamentali (pane e latte) hanno spinto il popolo esasperato a scendere in piazza e urlare a squarciagola la parola ‘fine’!
Le rivolte, seppur bagnate da un numero elevato di morti, hanno avuto successo e visibilità mediatica grazie alla rete e all’uso dei social network, che si sono rivelati fondamentali per esprimere dissenso e denunciare al mondo gli abusi perpetratati dai governi locali. I protagonisti degli scontri ancora una volta sono stati i giovani. Coraggiosi, audaci e sprezzanti delle pallottole, hanno portato in piazza il desidero di cambiamento, ricordando a tutti che nessuno al mondo ha il diritto di schiacciare sotto i tacchi la libertà di azione e di pensiero.
Non bastano catene e galere per reprimere il desidero ancestrale di autonomia che è insito in ogni uomo. Affianco ai giovani e ai lavoratori i principali partiti di opposizione, che hanno saputo cogliere quest’enorme opportunità di trasformazione. Le colpe dei governi sono evidenti: scarsa sensibilità nei confronti dei connazionali, disponibilità e ossequio esagerato nei confronti di alcune nazioni occidentali, tirannia e zero riforme indispensabili a migliorare le condizioni di vita delle masse.
Va detto che l’Occidente mantiene da decenni buoni rapporti con questi Paesi e i loro governi, perché svolgono un’azione di filtro e contenimento verso i Paesi arabi più integralisti. Ma questa sorta di politica-cuscinetto lascia il tempo che trova, tant’è che nessun leader occidentale (Usa compresi) ha preso le difese dei governi di Tunisia, Algeria ed Egitto.
La popolazione in rivolta ha dimostrato coraggio emozionando l’opinione pubblica internazionale. A tutti coloro che sono caduti mentre reclamavano i loro sacrosanti diritti va tutta la nostra solidarietà. E anche un briciolo di gratitudine per averci ricordato che nessuna sfida è impossibile se sostenuta dal desiderio di riscatto e diritto. Per quanto concerne le prospettive politiche, l’auspicio è quello di libere e democratiche elezioni, affinché il popolo sovrano, per la tanto attesa stabilità politica e sociale, possa eleggere i propri rappresentanti. Leader forti, autonomi e soprattutto con il cuore vicino al popolo.
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