Sono 10 i professionisti dell'informazione ammazzati. L'intento è zittire chi denuncia i crimini di Stato.
PeaceReporter - Henry Suazo era un giornalista di radio Hrn, una delle emittenti più popolari della capitale, Tegucigalpa. È stato ucciso martedì 28 dicembre nella comunità de La Masica, sulla costa caraibica. Con questa morte sale a dieci il numero dei professionisti dell'informazione assassinati nel 2010 in Honduras, paese piegato da un golpe nel giugno 2009 di cui l'attuale governo ne è diretta espressione.
Suazo aveva 39 anni. Mentre usciva di casa è stato aggredito da alcuni sconosciuti che gli hanno scaricato addosso un caricatore. Plurima la condanna di questo crimine e molte le dita puntate contro lo Stato, che, a quanto ha affermato il Centro por la Justicia y el Derecho Internacional (Cejil), non sta rispettando l'obbligo che avrebbe di garantire la libertà di espressione. Un sollecito urgente è arrivato anche dal Colegio de Periodistas de Honduras (Cph) che ha chiesto che il presidente della Repubblica Porfirio Lobo si impegni a chiarire la matrice dell'omicidio e chi siano i mandanti. Un appello alle autorità competenti è arrivato anche dal Comité de Familiares de Detenidos y Desaparecidos de Honduras che ha preteso indagini serie e costruttive. Dopo il Messico, l'Honduras con i suoi dieci morti fra i giornalisti, è il paese dell'emisfero occidentale più pericoloso per la libertà di stampa.
SI tratta di professionisti che lavoravano nei più differenti mass media e in regioni le più disparate, ma che avevano un punto in comune che ha segnato la loro condanna a morte: l'essere voci indipendenti e coraggiose in un paese governato da filo-golpisti. E ogni singolo omicidio è rimasto impunito.
Dal colpo di Stato che ha detronizzato il presidente leggittimo Manuel Zelaya per far posto a Roberto Micheletti che ha poi passato il testimone a Porfirio Lobo, infatti, la stampa è stato uno dei settori che ha sofferto più aggressioni: dagli abusi, alle intimidazioni, alla censura, per arrivare alla chiusura definitiva di alcuni mezzi di comunicazione e finire con gli omicidi.
Le varie organizzazioni della società civile riunitesi nel Fronte nazionale contro il golpe sono convinte che nonostante il movente e gli autori intellettuali di questi omicidi restino ufficialmente ignoti, l'obiettivo è sempre uno e uno soltanto: azzittire coloro che osano dar voce a chi denuncia la miriade di violazioni di diritti umani che si perpetrano quotidianamente in Honduras. Il tutto condito da un aumento vertiginoso di casi di corruzioni e di giri di affari legati al narcotraffico, business troppo redditizio e caro a coloro che da sempre si spartiscono il potere nel paese centramericano, tornato a essere l'orticello del giardino dello Zio Sam nonostante la ristrutturazione Obama.
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Suazo aveva 39 anni. Mentre usciva di casa è stato aggredito da alcuni sconosciuti che gli hanno scaricato addosso un caricatore. Plurima la condanna di questo crimine e molte le dita puntate contro lo Stato, che, a quanto ha affermato il Centro por la Justicia y el Derecho Internacional (Cejil), non sta rispettando l'obbligo che avrebbe di garantire la libertà di espressione. Un sollecito urgente è arrivato anche dal Colegio de Periodistas de Honduras (Cph) che ha chiesto che il presidente della Repubblica Porfirio Lobo si impegni a chiarire la matrice dell'omicidio e chi siano i mandanti. Un appello alle autorità competenti è arrivato anche dal Comité de Familiares de Detenidos y Desaparecidos de Honduras che ha preteso indagini serie e costruttive. Dopo il Messico, l'Honduras con i suoi dieci morti fra i giornalisti, è il paese dell'emisfero occidentale più pericoloso per la libertà di stampa.
SI tratta di professionisti che lavoravano nei più differenti mass media e in regioni le più disparate, ma che avevano un punto in comune che ha segnato la loro condanna a morte: l'essere voci indipendenti e coraggiose in un paese governato da filo-golpisti. E ogni singolo omicidio è rimasto impunito.
Dal colpo di Stato che ha detronizzato il presidente leggittimo Manuel Zelaya per far posto a Roberto Micheletti che ha poi passato il testimone a Porfirio Lobo, infatti, la stampa è stato uno dei settori che ha sofferto più aggressioni: dagli abusi, alle intimidazioni, alla censura, per arrivare alla chiusura definitiva di alcuni mezzi di comunicazione e finire con gli omicidi.
Le varie organizzazioni della società civile riunitesi nel Fronte nazionale contro il golpe sono convinte che nonostante il movente e gli autori intellettuali di questi omicidi restino ufficialmente ignoti, l'obiettivo è sempre uno e uno soltanto: azzittire coloro che osano dar voce a chi denuncia la miriade di violazioni di diritti umani che si perpetrano quotidianamente in Honduras. Il tutto condito da un aumento vertiginoso di casi di corruzioni e di giri di affari legati al narcotraffico, business troppo redditizio e caro a coloro che da sempre si spartiscono il potere nel paese centramericano, tornato a essere l'orticello del giardino dello Zio Sam nonostante la ristrutturazione Obama.
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