Una sedicenne dominicana vince l'International Children’s Peace Prize. Ecco la storia di Francia Simon premiata dall'organizzazione olandese KidsRights.
PeaceReporter - E' dominicana, vive con la madre e due fratelli nel Batey Cuchilla. Si chiama Francia Simon, ha sedici anni e il 29 novembre, a L'Aja, è stata proclamata vincitrice dell'International Children's Peace Prize, creato dall'organizzazione olandese KidsRights e lanciato da Michail Gorbačëv al summit dei premi Nobel per la pace del 2005. E' un riconoscimento che parla anche italiano, grazie al lavoro in Repubblica Dominicana di Domenico Abbate, della Ong Icei (Istituto di Cooperazione Economica Internazionale), che in collaborazione con Mariel Beasley, dei Peace Corps Usa, ha trovato un cavillo legale per regolarizzare molti residenti di origine haitiana, lì considerati irregolari. Il cooperante italiano ci spiega l'intera vicenda.
Qual è il contesto sociale e politico del premio a Francia Simon?
Nel sud della Repubblica Domenicana, al confine con Haiti, si trovano le piantagioni di canna da zucchero e l'impianto di lavorazione "Ingenio" di Barahona, la città più importante della zona.
I bateyes sono comunità che stanno o all'interno o nelle vicinanze delle piantagioni, e che vivono della canna da zucchero. Gli abitanti sono di discendenza haitiana.
Nonostante siano a tutti gli effetti dominicani, perché secondo la vecchia costituzione sono tali tutti coloro che nascono nel Paese, in realtà sono considerati immigrati irregolari haitiani.
Ci sono ragioni storiche ed economiche che rendono la situazione esplosiva e creano una discriminazione. Sono chiamati dominicohaitiani. In genere sono più scuri di carnagione e per questo vengono identificati immediatamente.
Quando noi cerchiamo di iscriverli al registro di stato civile incontriamo molti problemi.
La condizione per essere "dichiarati" è che i tuoi genitori abbiano già la carta d'identità. In pratica tutto ciò è in contraddizione con la costituzione.
Ci siamo quindi accorti della cosiddetta Declaración Tardía, che è uno strumento giuridico che permette di registrarsi, appunto, tardivamente. Ho cominciato a studiarlo.
L'iter burocratico è allucinante e in qualsiasi momento può essere interrotto proprio perché in genere mancano i documenti.
La situazione è estremamente delicata: in passato, dei preti sono anche stati espulsi dalla Repubblica Dominicana perché se ne erano occupati. Alcuni casi sono stati portati alla Corte Interamericana dei Diritti Umani che ha definito la condizione di chi vive nei bateyes "di irregolarità permanente".
Molti di costoro vengono espulsi a Haiti dove cercano immediatamente di tornare indietro, perché non parlano neanche il francese.
Però la Declaración Tardía funzionava. Poi cosa è successo?
A gennaio è uscita una nuova costituzione che ha sancito la discriminazione. Stabilisce che è dominicano chi nasce nel Paese a eccezione di diplomatici, persone in transito e - questa è l'aggiunta - gli "immigrati irregolari". Quindi, se i tuoi genitori non hanno lo status di regolare, automaticamente anche tu non lo sei. Ora questo vale anche dal punto di vista costituzionale.
Mentre prima si riusciva a trovare una scappatoia con la Declaración Tardía, adesso non si può fare più nulla.
Perché la Repubblica Dominicana insiste con questa discriminazione?
Ci sono ragioni storiche e culturali. Nell'Ottocento Haiti fece la prima rivoluzione nera del continente americano e subito dopo invase l'altra metà di Hispaniola, la Repubblica Dominicana appunto. Questa vicenda è incisa nella memoria, i dominicani sospettano sempre che Haiti voglia dominarli. Secondo Juan Bosch - l'unico presidente dominicano di ispirazione socialista e che infatti fu deposto dagli Usa con un colpo di stato dopo soli sette mesi in carica - l'odio anti haitiano dipende soprattutto dalla dittatura di Trujillo, che lo fomentò in un clima di terrore assoluto. Lui era haitiano d'origine e si metteva il trucco bianco in faccia per non sembrare tale.
Poi ci sono le solite ragioni: la manodopera senza diritti non può neanche chiedere un minimo salariale e può essere sfruttata meglio. Questa non è una caratteristica specifica della Repubblica Dominicana, succede anche in Italia.
Qual è la storia di Francia Simon?
Con Mariel abbiamo cominciato a lavorare nei Bateyes insieme a World Vision, una Ong statunitense che poi segnalato Francia.
Formavamo un'equipe locale e tra queste persone c'era lei, "Francia la fuerte", chiamata così perché nonostante abbia solo 16 anni è una ragazza particolarmente energica. Si è distinta per la passione con cui ha fatto il lavoro: il censimento delle persone non dichiarate e poi la raccolta dei documenti, dei requisiti necessari per la Declaración. Lei era il tramite tra noi e le famiglie, chiedeva loro i documenti mancanti, spiegava e correggeva gli errori, gli diceva dove recarsi per fare delle pratiche e così via.
Lei gioca anche a calcio e baseball in un Paese iper machista come la Repubblica Dominicana.
Un giorno mi ha annunciato che aveva vinto il premio Nobel per la pace e io ovviamente non le ho creduto. In effetti però la Ong statunitense aveva fatto il suo nome alla fondazione olandese che promuove il premio dei ragazzi e i membri di quest'ultima sono rimasti molto colpiti dalla storia di Francia. Hanno anche pensato che attraverso il premio si potesse portare l'attenzione sul problema dei dominicohaitiani.
E allo stato attuale che prospettive ci sono?
Attualmente non si possono più fare dichiarazioni per via del cambiamento costituzionale. La scappatoia per fare fronte alla mancanza di documenti non funziona più. Quello che temiamo è che adesso qualcuno si faccia dichiarare da persone estranee con tutto quello che comporta dal punto di vista del caos anagrafico. Si parla anche di un mercato delle dichiarazioni.
Il problema è che il processo di registrazione è così complicato che non esistono alternative alla Declaración.
Forse il premio a Francia può richiamare l'attenzione sul problema.
E' una valutazione che ho fatto anche io. Più che dare il premio a una persona encomiabile, forse, il premio potrebbe avere un valore politico. Quello di mettere sotto i riflettori il fatto che c'è gente in questa condizione: non ha un nome né una nazionalità.
Purtroppo in Repubblica Dominicana la notizia è stata data senza specificare perché Francia ha vinto il premio.
PeaceReporter - E' dominicana, vive con la madre e due fratelli nel Batey Cuchilla. Si chiama Francia Simon, ha sedici anni e il 29 novembre, a L'Aja, è stata proclamata vincitrice dell'International Children's Peace Prize, creato dall'organizzazione olandese KidsRights e lanciato da Michail Gorbačëv al summit dei premi Nobel per la pace del 2005. E' un riconoscimento che parla anche italiano, grazie al lavoro in Repubblica Dominicana di Domenico Abbate, della Ong Icei (Istituto di Cooperazione Economica Internazionale), che in collaborazione con Mariel Beasley, dei Peace Corps Usa, ha trovato un cavillo legale per regolarizzare molti residenti di origine haitiana, lì considerati irregolari. Il cooperante italiano ci spiega l'intera vicenda.
Qual è il contesto sociale e politico del premio a Francia Simon?
Nel sud della Repubblica Domenicana, al confine con Haiti, si trovano le piantagioni di canna da zucchero e l'impianto di lavorazione "Ingenio" di Barahona, la città più importante della zona.
I bateyes sono comunità che stanno o all'interno o nelle vicinanze delle piantagioni, e che vivono della canna da zucchero. Gli abitanti sono di discendenza haitiana.
Nonostante siano a tutti gli effetti dominicani, perché secondo la vecchia costituzione sono tali tutti coloro che nascono nel Paese, in realtà sono considerati immigrati irregolari haitiani.
Ci sono ragioni storiche ed economiche che rendono la situazione esplosiva e creano una discriminazione. Sono chiamati dominicohaitiani. In genere sono più scuri di carnagione e per questo vengono identificati immediatamente.
Quando noi cerchiamo di iscriverli al registro di stato civile incontriamo molti problemi.
La condizione per essere "dichiarati" è che i tuoi genitori abbiano già la carta d'identità. In pratica tutto ciò è in contraddizione con la costituzione.
Ci siamo quindi accorti della cosiddetta Declaración Tardía, che è uno strumento giuridico che permette di registrarsi, appunto, tardivamente. Ho cominciato a studiarlo.
L'iter burocratico è allucinante e in qualsiasi momento può essere interrotto proprio perché in genere mancano i documenti.
La situazione è estremamente delicata: in passato, dei preti sono anche stati espulsi dalla Repubblica Dominicana perché se ne erano occupati. Alcuni casi sono stati portati alla Corte Interamericana dei Diritti Umani che ha definito la condizione di chi vive nei bateyes "di irregolarità permanente".
Molti di costoro vengono espulsi a Haiti dove cercano immediatamente di tornare indietro, perché non parlano neanche il francese.
Però la Declaración Tardía funzionava. Poi cosa è successo?
A gennaio è uscita una nuova costituzione che ha sancito la discriminazione. Stabilisce che è dominicano chi nasce nel Paese a eccezione di diplomatici, persone in transito e - questa è l'aggiunta - gli "immigrati irregolari". Quindi, se i tuoi genitori non hanno lo status di regolare, automaticamente anche tu non lo sei. Ora questo vale anche dal punto di vista costituzionale.
Mentre prima si riusciva a trovare una scappatoia con la Declaración Tardía, adesso non si può fare più nulla.
Perché la Repubblica Dominicana insiste con questa discriminazione?
Ci sono ragioni storiche e culturali. Nell'Ottocento Haiti fece la prima rivoluzione nera del continente americano e subito dopo invase l'altra metà di Hispaniola, la Repubblica Dominicana appunto. Questa vicenda è incisa nella memoria, i dominicani sospettano sempre che Haiti voglia dominarli. Secondo Juan Bosch - l'unico presidente dominicano di ispirazione socialista e che infatti fu deposto dagli Usa con un colpo di stato dopo soli sette mesi in carica - l'odio anti haitiano dipende soprattutto dalla dittatura di Trujillo, che lo fomentò in un clima di terrore assoluto. Lui era haitiano d'origine e si metteva il trucco bianco in faccia per non sembrare tale.
Poi ci sono le solite ragioni: la manodopera senza diritti non può neanche chiedere un minimo salariale e può essere sfruttata meglio. Questa non è una caratteristica specifica della Repubblica Dominicana, succede anche in Italia.
Qual è la storia di Francia Simon?
Con Mariel abbiamo cominciato a lavorare nei Bateyes insieme a World Vision, una Ong statunitense che poi segnalato Francia.
Formavamo un'equipe locale e tra queste persone c'era lei, "Francia la fuerte", chiamata così perché nonostante abbia solo 16 anni è una ragazza particolarmente energica. Si è distinta per la passione con cui ha fatto il lavoro: il censimento delle persone non dichiarate e poi la raccolta dei documenti, dei requisiti necessari per la Declaración. Lei era il tramite tra noi e le famiglie, chiedeva loro i documenti mancanti, spiegava e correggeva gli errori, gli diceva dove recarsi per fare delle pratiche e così via.
Lei gioca anche a calcio e baseball in un Paese iper machista come la Repubblica Dominicana.
Un giorno mi ha annunciato che aveva vinto il premio Nobel per la pace e io ovviamente non le ho creduto. In effetti però la Ong statunitense aveva fatto il suo nome alla fondazione olandese che promuove il premio dei ragazzi e i membri di quest'ultima sono rimasti molto colpiti dalla storia di Francia. Hanno anche pensato che attraverso il premio si potesse portare l'attenzione sul problema dei dominicohaitiani.
E allo stato attuale che prospettive ci sono?
Attualmente non si possono più fare dichiarazioni per via del cambiamento costituzionale. La scappatoia per fare fronte alla mancanza di documenti non funziona più. Quello che temiamo è che adesso qualcuno si faccia dichiarare da persone estranee con tutto quello che comporta dal punto di vista del caos anagrafico. Si parla anche di un mercato delle dichiarazioni.
Il problema è che il processo di registrazione è così complicato che non esistono alternative alla Declaración.
Forse il premio a Francia può richiamare l'attenzione sul problema.
E' una valutazione che ho fatto anche io. Più che dare il premio a una persona encomiabile, forse, il premio potrebbe avere un valore politico. Quello di mettere sotto i riflettori il fatto che c'è gente in questa condizione: non ha un nome né una nazionalità.
Purtroppo in Repubblica Dominicana la notizia è stata data senza specificare perché Francia ha vinto il premio.
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